Il capitalismo italiano è in svendita perchè mancano i “poteri forti”, come quelli che sostengono Macron

Dal grande amore e ammirazione per Emmanuel Macron si è passati alla disistima e, mentre prima veniva considerato un esempio, uno da imitare, adesso su di lui si dice tutto il male possibile. E questo perché, a sorpresa, ha nazionalizzato i cantieri francesi Stx, impedendo alla Finmeccanica di assumerne il controllo, com’era stato concordato con il suo predecessore Hollande.

Molti ricordano ancora quando, nel giorno della sua vittoria, si era presentato alla folla, facendosi precedere dall’inno europeo e solo dopo da quello francese: ma oggi, dicono gli stessi che allora avevano applaudito, sta uccidendo l’Europa, rivelando un volto protezionista.

E’ vero tutto ciò? E’ presto per dirlo. Si può cercare di capire perché ha fatto la mossa che ha scandalizzato, e cioè perché ha deciso di nazionalizzare i cantieri Stx. La prima spiegazione sta nel fatto che, Europa o non Europa, è il presidente dei francesi e deve cercare di fare, prima di tutto, l’interesse dei suoi cittadini.

Ma questo sarebbe ancora il meno. I cantieri Stx sono grandissimi e sono specializzati tanto nelle navi da crociera quanto in quelle militari: sono quindi “strategici” per la Francia.

E Macron, evidentemente, non se l’è sentita di lasciare il controllo di questi importanti cantieri a un governo come quello italiano che nel giro di qualche mese potrebbe cadere nelle mani di Di Maio o di qualche altra categoria di populisti. Questa possibilità, e cioè che palazzo Chigi possa finire in mani strane, è un pericolo che si comincia a avvertire sui mercati e si tratta di qualcosa che tornerà a farsi sentire. Dal punto di vista politico oggi l’Italia è considerata un paese in bilico, e a questo stanno tutti molto attenti.

Ma non si tratta solo di questo. C’è molto di più, al di là della politica. Il capitalismo francese è molto più forte, e strutturato, di quello italiano. Nel senso che i francesi dispongono di forti gruppi industriali, ma soprattutto di una buona struttura finanziaria. Lo si è visto benissimo, per chi ha un po’ di memoria, nella scalata di De Benedetti alla belga Sgb: sembrava una partita facile, perché i belgi non sono molto forti. Ma immediatamente sono entrate in pista le grandi banche e le grandi finanziarie francesi, e la partita si è chiusa a nostro danno.

Poi è abbastanza evidente che considerano l’Italia un a sorta di paese in vendita, dove loro fanno shopping aggiudicandosi le cose migliori. L’elenco delle “cose” rilevate da loro è impressionante. Basterà dire che sono molto presenti, di fatto decisivi, nelle nostre due maggiori istituzioni finanziarie, e cioè Mediobanca e Generali. Poi posseggono un po’ di banche, partendo dalla Bnl, molte aziende dell’alimentare (di fatto tutte quelle che sono andate in vendita) e quasi tutte quelle della moda che hanno dovuto alzare bandiera bianca.

Come mai non siamo stati capaci di tenerci queste cose, questi nostri gioielli, come si usa dire? La spiegazione, purtroppo, non è complicata. Basta guardare il settore moda e si vedono subito le differenze. I francesi dispongono di almeno due grossi complessi, Lvmh e Kering, che in realtà sono finanziarie del lusso, che si dedicano a acquistare, nel mondo, tutto quello che è valido e interessante.

Noi non abbiamo nulla del genere. Abbiamo solo tante singole aziende straordinarie, in genere guidate dai fondatori, isolate. Quando si decide di passare la mano, nessuno in Italia compra: si deve per forza guardare all’estero, e i francesi sono i più svegli. Anni fa si cercò dimettere in piedi una sorta di finanziaria del lusso, con la Gemina, ma finì in un disastro orrendo, con la finanza che aveva scovato i conti falsi sotto il pavimento.

Il nostro capitalismo, e questa è la differenza, è costruito sulle singole aziende, a volte addirittura leader mondiali. Ma ognuno fa il proprio mestiere e basta. Anni fa, quando si trattò di cedere la Ducati, una gloria italiana e internazionale nel settore motociclette, servivano mille miliardi di lire. Un appassionato mi disse: “E’ impossibile che gli industriali italiani non riescano a mettere insieme mille miliardi per impedire che vada all’estero una cosa come la Ducati”. Non si trovarono nemmeno mille lire, non mille miliardi. E la spiegazione è quella detta prima: perché mai chi sta nel ramo alimentare o elettrodomestico deve impegnare risorse in un settore, le motociclette, di  cui nulla sa e con il quale non ha alcuna sinergia?

E così è per tutto il resto. All’estero, e particolarmente in Francia, ci sono fondi di investimento, o strutture come Lvmh e Kering, che hanno una visione più larga, finanziaria, appunto, che consentono loro di intervenire (Lvmh spazia dalle bevande alcoliche alla moda).

In sostanza, ma questa è una vecchia polemica, in Italia mancano i “poteri forti”. I poteri esistenti (banche e aziende) sono in realtà chiusi in difesa a casa loro. E se il vicino trema, non aprono la cassaforte per correre in suo aiuto perché non se lo possono permettere. E gli stranieri ci comprano.

Giuseppe Turani
Informazioni su Giuseppe Turani 56 Articoli
Giornalista economico e Direttore di "Uomini & Business". E' stato vice direttore de L'Espresso e di Affari e Finanza, supplemento economico de La Repubblica. Dal 1990 al 1992 è editorialista del Corriere della Sera, del mensile Capital e dei settimanali L'Europeo e Il Mondo. Ha scritto 32 libri.

1 Commento

  1. É verissimo tutto il tuo commento. Ma ritengo che alla base della debolezza italiana ci sia sopratutto una classe dirigente politica senza p…… da 39 anni.

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