Il governo utilizza la leva fiscale per attrarre i pensionati al Sud e contrastare spopolamento e fuga all’estero

Se l’Italia è considerata da sempre uno dei paesi più belli al mondo, resta meno appetibile, al contrario, in fatto di opportunità di lavoro, tassazione e costo della vita. Negli ultimi 10 anni sono più di un milione gli italiani (giovani e pensionati) che hanno scelto di vivere all’estero, mentre, soprattutto il sud del paese, si spopola e si impoverisce.

Ma ecco spuntare un provvedimento, previsto dalla nuova manovra finanziaria, che vuole invertire, almeno in parte, questa tendenza. Una norma che riguarda proprio il sud Italia e in particolare i pensionati. Per loro è stata prevista un’imposta sostitutiva del 7% in caso di trasferimento della propria residenza fiscale in uno dei comuni del Mezzogiorno con massimo 20 mila abitanti. Le regioni interessate sono Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia.

“Flat tax” per riempire il Sud

Ma non è “tutto oro quello che luccica“, perché il provvedimento contiene una serie di clausole e limitazioni. La ‘flat tax’ si rivolge, nello specifico, a pensionati sia italiani che stranieri (residenti fuori dal nostro Paese) ma per redditi prodotti all’estero o percepiti da fonte estera. Quindi sarà preso in considerazione solo la porzione di reddito estero. Non potranno accedere alla speciale tassazione (in caso di rientro in Italia) i pensionati italiani trasferitisi all’estero e che hanno già ottenuto uno sconto sulle tasse per la loro pensione. I pensionati che volessero trasferirsi al sud per beneficiare dello sconto d’imposta devono anche assicurarsi che il loro attuale paese di residenza abbia un accordo di cooperazione amministrativa con l’Italia. Ugualmente, la flat tax non può essere assegnata a quei pensionati all’estero che abbiano avuto la residenza in Italia negli ultimi cinque periodi di imposta.

La norma prevede, infine, che una parte delle risorse incassate dallo Stato vadano a finanziare le università delle regioni del sud (previste dal provvedimento) dotate di un dipartimento in discipline tecnico-scientifiche e sociologiche. I fondi saranno assegnati tramite apposito decreto ministeriale.

Le mete all’estero preferite dai pensionati

Quanti coglieranno l’opportunità? Difficile dirlo. Quello che è certo, invece, è che i numeri di coloro che lasciano l’Italia per andare all’estero (in particolare pensionati) sono in crescita. I dati dell’Inps riferiti al 2018 parlano di circa 400mila pensionati italiani all’estero per un costo di più di un miliardo di euro. La maggior parte dei pensionati è in Canada (54 mila), seguono Germania, Svizzera, Australia e Francia (fonte Il Sole 24 ore). Un esodo cominciato nei primi anni duemila e che aumenta di anno in anno. Il boom, in particolare, si è avuto nel 2008, anno in cui è scoppiata la grande crisi internazionale. Da allora più di un milione di italiani è emigrato verso paesi come Marocco e Thailandia, Malta, Tunisia, Caraibi, Tenerife e Portogallo. Tra loro moltissimi pensionati.

Le criticità da affrontare

Ma se vogliamo che l’Italia diventi un paese attraente, anche verso quei pensionati che dall’estero decidano di trasferirsi qui da noi, la questione delle imposte è solo uno dei tanti problemi da risolvere. Bisogna aumentare l’offerta di servizi come sanità, trasporti, assistenza, offerte culturali, sicurezza sociale e, perché no, ridurre anche il digital divide che ci separa da molti paesi europei molto più avanti in tema di infrastrutture tecnologiche. Perché il web, ormai, non è appannaggio solo dei più giovani e ci sono ancora intere comunità del sud dove ancira non arriva l’internet veloce, per non parlare della fibra.

Lo spopolamento è la morte del Sud

Il sud Italia è un territorio meraviglioso, con centinaia di piccoli borghi che rischiano la definitiva scomparsa a causa dello spopolamento. Rendere questi territori attrattivi anche per i pensionati che vivono all’estero, significa poter offrire una possibilità di futuro ai piccoli centri e alle comunità altrimenti destinate a scomparire. Per non parlare delle nuove opportunità di lavoro nel settore del welfare che potrebbero nascere, magari gestite dai giovani del posto. Si tratterebbe di un vero e proprio circuito virtuoso.

L’Italia è un paese che conta 13 milioni e mezzo di persone sopra i 65 anni con circa 10 mila cooperative sociali che già operano su tutto il territorio nazionale sul fronte dei servizi e dell’assistenza ai più anziani. E le previsioni Istat per il Mezzogiorno sono drammatiche: tra il 2016 e il 2065 è prevista una perdita di più di cinque milioni di abitanti e negli ultimi anni un milione e 700 mila abitanti ha lasciato il sud per cercare migliori opportunità altrove. Sono soprattutto giovani tra i 15 e i 34 anni (il 72,4%). Per non parlare dei laureati: quasi 200 mila quelli che dal 2000 hanno abbandonato il Mezzogiorno dopo aver concluso gli studi, con una perdita in termini economici per il territorio di circa 30 miliardi di euro. Occorre invertire questo trend e farlo anche in fretta. Se il sud decresce è l’Italia intera a pagarne le conseguenze.

Giuseppe Lanese
Informazioni su Giuseppe Lanese 12 Articoli
Giornalista professionista, comunicatore e formatore. Collabora con Tiscali News ed è Responsabile Cultura dell'agenzia di stampa Primapress. Responsabile comunicazione dell'Ufficio Scolastico del Molise. Fa parte della rete dei Referenti del MIUR per le attività del Piano Nazionale Scuola Digitale ed è Componente del Cantiere nazionale Scuola Digitale di ForumPA. Collabora, come Cultore della materia, con l’Università Telematica Pegaso per il corso di “Comunicazione digitale e social media” ed è Cultore della materia per il corso di "Educazione degli Adulti" presso l'Università LUMSA di Roma. Dal 2016 è Consigliere del direttivo nazionale di AICA con delega ai rapporti con i media. E' autore di “Non è mai troppo tardi – Abc della scuola buona che comunica” (Magi Edizioni) 2016.

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