Pac-Man compie quarant’anni. Come un videogioco diventa un’icona


Pac-Man ha compiuto quarant’anni il 22 marzo 2020, quando il mondo era nel pieno di una catastrofe, e così la ricorrenza è passata in sordina. Ma oggi a ricordare il videogame più amato di sempre c’è un poderoso libro, appena uscito in italiano da Panini: Pac-Man: la nascita di una icona.

Oltre 300 pagine con numerose immagini per raccontare l’enorme successo di Toru Iwatani, di cui c’è anche un’intervista esclusiva. Di lontane origini italiane (è una pizza senza uno spicchio), Pac-Man all’inizio non fu un successo, perché puntava su un pubblico diverso rispetto a quello delle sale giochi giapponesi: bambini e ragazze. Lo diventò quando arrivo negli Stati Uniti, passando in pochi anni da gioco a icona, influenzando il mondo dei videogiochi, del cibo, del cinema, della moda e molto altro. E lasciando un’eredità che dura ancora oggi, come spiega questo capitolo che riportiamo per intero.

Pac-Man giunse al suo apice in quella che oggi è considerata l’età dell’oro dei giochi arcade, quando l’aumento di interesse incontrò un gran numero di aziende che creavano giochi sia per le sale giochi che per il mercato casalingo. Ma questo rapido aumento alla fine portò a un eccesso di prodotti nelle case e nelle sale. I consumatori spendevano sempre più soldi nelle sale giochi, ma c’erano anche molti più titoli disponibili, riducendo il risultato finale per ognuno di questi, il che significava problemi per i membri del settore, sempre più numerosi. Un operatore arcade lo ha spiegato in questo modo: “Se ogni isolato spendeva 100 dollari per i giochi, ora c’erano 20 macchine in ogni isolato a dividersi quei soldi, invece di due”. Gli operatori avevano più difficoltà a rifarsi degli investimenti in nuovi giochi e alla fine venivano acquistati meno cabinati nuovi, il che influiva sui produttori. Per le console domestiche, i consumatori faticavano a distinguere i giochi di qualità in mezzo a così tante opzioni disponibili e i prezzi crollarono, mentre i rivenditori cercavano di ridurre le perdite.

Nell’ecosistema arcade, gli operatori lottavano per offrire giochi nuovi, inclusi alcuni cabinati all’avanguardia e costosi in un mercato in contrazione durante la recessione economica. La molto pubblicizzata sottoperformance di Atari mandò Wall Street nel panico e raffreddò la febbre per il mercato dei videogiochi. Le aziende che erano saltate nella mischia senza una solida esperienza di programmazione o elettronica furono le prime a soffrire, e altre che avevano esagerato nella competizione si ritrovarono compromesse.

Dopo aver superato sia l’industria americana del cinema (con 2,7 miliardi di dollari di entrate) che quella musicale (2,7 miliardi di dollari) nel 1981, il mercato dei videogiochi raggiunse il picco nel 1983. Le vendite totali di quell’anno furono comprese tra i 5 e i 6 miliardi di dollari. Alcuni credevano che i videogiochi arcade fossero una moda passeggera, perché gli adolescenti e tutti gli altri sarebbero tornati ai media popolari, come la musica o il crescente mercato dei videogiochi domestici. L’industria sembrò implodere, contraendosi quando scoppiò la bolla di mercato. L’economia dell’industria dei videogiochi era insostenibile al suo apice e il mercato cercò di correggersi.

Ma le cose andarono avanti e la popolarità originale di Pac-Man diminuì mentre i sequel di Midway scomparivano nello specchietto retrovisore. L’industria arcade stessa cambiò, dopo la contrazione del mercato. Alcuni proprietari e operatori delle sale giochi più piccole furono costretti ad abbandonare la tecnologia, mentre i giochi arcade più elaborati divennero le vere attrazioni imperdibili. Ciò portò a cabinati più costosi: giochi di laser-disc con unità interne complesse e simulatori che utilizzavano display sofisticati e dispositivi costosi. Lo scenario da ‘il vincitore prende tutto’ accelerò la morte delle sale giochi indipendenti, permettendo la sopravvivenza solo delle catene e delle realtà più stravaganti. Insieme all’ascesa delle console domestiche, tutti questi fattori quasi uccisero le sale giochi tradizionali. Il franchise di Pac-Man si sarebbe trasformato, trovando nuovo pubblico su quasi tutte le console domestiche rilasciate, quando Namco e altri partner continuarono ad adattare Pac-Man e i suoi sequel per l’ambiente mutevole dei videogiochi. La stessa Midway si sarebbe evoluta oltre Pac-Man, mantenendo la propria influenza e rinvigorendo i giochi arcade negli anni 90, con nuovi talenti e giochi popolari come Mortal Kombat, NBA Jam, Cruis’n USA.

Retaggio ed evoluzione
I proprietari e gli operatori di sale giochi dovettero affrontare una sfida nella seconda metà degli anni ’80. Man mano che i giochi diventavano più sofisticati e i giocatori chiedevano a gran voce nuove esperienze arcade, molti vecchi giochi venivano lasciati indietro. L’incredibile popolarità e diffusione dei giochi arcade di Pac-Man fece sì che molti dei cabinati un tempo popolari non facessero più abbastanza soldi per i loro proprietari. Quindi, gli operatori si rivolgevano a kit di conversione che trasformavano le macchine in titoli più nuovi e più redditizi, fornendo nuovi flussi di entrate per produttori come Midway stessa, o persino Nintendo.

Alcuni degli artefici del successo americano di Pac-Man passarono ad altri player dell’industria dei videogiochi. Stan Jarocki lasciò Midway nel luglio del 1985 e non molto tempo dopo contribuì all’inaugurazione di Grand Products, Inc., unendosi ai suoi ex collaboratori di Midway Dave Marofske e Hank Ross, che si erano entrambi dimessi da Midway quell’anno. Nonostante le difficoltà del settore, i tre credevano di potercela fare. Marofske ha detto: “Ci sono molte persone qui nel Midwest e a Chicago che sono fuori dal settore, ora, ma che ci hanno lasciato il cuore. Vorrei riportare indietro alcune di queste persone, cercando di rimettere il settore in piedi”. Jarocki ci lavorò finché non si ritirò in New Mexico nel 1991, anche se Grand Products avrebbe continuato per altri due decenni, con David Marofske Jr. e la seconda generazione al timone. Per non rimanere in disparte, Jarocki iniziò a cavalcare tori da rodeo all’età di 61 anni. Dopo quattro mesi di “pensione”, Jarocki riportò i suoi stivali da cowboy rossi di pelle nell’industria delle macchinette a gettoni, collaborando con una società di giochi chiamata American Laser Games ad Albuquerque, come vicepresidente marketing e delle vendite nel 1991.218 Alla fine si ritirò a fare il consulente nel 1995, quando suo figlio, Jim Jarocki, divenne vicepresidente delle vendite e del marketing presso ALG.

Anche Marofske si ritirò nel 2012, dopo oltre 25 anni in Grand Products. L’ex dipendente di Midway Patrice Paglia ricorda: “David era un leader straordinario e visionario, ma altrettanto umile. Ha fatto veramente di tutto per il benessere delle persone con cui ha lavorato a Midway. Ha guidato l’attività a nuovi livelli, ma non ha mai smesso di prendersi cura delle persone, dalla fabbrica all’ufficio fino ai partner globali”. Anche Jarocki ha ricordato con affetto il suo socio in affari, dopo aver trascorso così tanti anni insieme nei videogiochi, sia in Midway che in Grand Products. “Dave e io abbiamo sempre lavorato a stretto contatto. Eravamo quasi come fratelli” ha dichiarato.

Marofske si è preso un po’ di tempo per riflettere sull’ascesa di Pac-Man con il giornalista Chuck Klosterman nel 1999. “Avevamo la sensazione che fosse un ottimo gioco, ma non avevo idea che sarebbe stato il gioco che avrebbe cambiato tutto” spiega. “Gran parte del marketing è questione di tempismo, e Pac-Man aveva molti ingredienti che erano al passo con i giocatori nel 1980. La maggior parte dei videogiochi venivano programmati con una certa durata e, se eri bravo, guadagnavi un po’ di tempo in più. Ma Pac-Man era infinito. Finché avevi energia, potevi continuare a giocare per sempre.” Marofske si è spento nel 2014.

Namco subì dei cambiamenti e la società alla fine si fuse con il produttore di giocattoli Bandai, il che portò alla formazione di una nuova società nel 2006, BANDAI NAMCO Games Inc. (attualmente BANDAI NAMCO Entertainment Inc.).

Masaya Nakamura rimase presidente di Namco fino al 1990, quando si fece da parte e assunse il ruolo di presidente della società. Ma dopo che il suo successore, Tadashi Manabe, si dimise nel 1992, Nakamura tornò al precedente ruolo fino al 2002, assumendo infine una posizione solo formale nella gestione dell’azienda. Si ritirò a 80 anni, come uno degli uomini più ricchi del Giappone. Fu insignito del premio “Ordine del Sol Levante, Raggi d’Oro con Rosetta” dal governo giapponese nel 2007, in riconoscimento del suo contributo all’industria dell’intrattenimento giapponese. Fu anche inserito nella International Video Game Hall of Fame nel 2010. È scomparso nel 2017.

Toru Iwatani continuò a coltivare il suo amore per i videogiochi e il gioco come statista senior e produttore all’interno di Namco, sviluppando più di 50 giochi. Nel 2005 iniziò un periodo di insegnamento presso il Character Creative Arts Department della University of Arts di Osaka come professore ospite. Progettò il suo ultimo gioco, Pac-Man Championship Edition, nel 2007 per la console Xbox 360 di Microsoft, definendolo il suo sequel di Pac-Man preferito. Lasciò Namco per diventare un insegnante a tempo pieno presso la Tokyo Polytechnic University, condividendo la sua esperienza con la successiva generazione di progettisti di gioco. Da allora, è diventato il focus di tutto ciò che riguarda Pac-Man, dai documentari, agli eventi, alle interviste. Iwatani ha anche avuto un breve cameo sullo schermo come riparatore di cabinati arcade nel film del 2015 Pixels. Il film, ispirato ai videogiochi, presentava Pac-Man e il suo marketing come veri protagonisti del film. Paradossalmente, nel film compare anche un “Professor Iwatani” (interpretato dall’attore Denis Akiyama), un personaggio che ha creato Pac-Man e che ne combatte una versione malvagia.

Una semplicità irriducibile
“Un buon design è il più minimale possibile. Meno, ma meglio, perché si concentra sugli aspetti essenziali, e i prodotti non vengono gravati da ciò che non è fondamentale. Ritorno alla purezza, ritorno alla semplicità” così ha detto il designer industriale Dieter Rams, che si è fatto un nome realizzando mobili ed elettronica, oggetti dalle interazioni specifiche. Rams è stato determinante nell’aiutare progettisti e tecnici a comprendere il legame intrinseco tra forma e funzione. Meno design spesso significa più libertà, mentre maggiori vincoli nel processo di progettazione spesso portano alla massima creatività.

Lo sviluppo di Pac-Man spiega bene queste idee e la longevità del gioco sottolinea come la semplicità possa aiutare un progetto a trascendere il suo tempo e il suo contesto originali. Con i suoi sprite semplici e pixelati e l’ambientazione piatta, Pac-Man rimane fresco e giocabile oggi quasi quanto lo era nel 1980. Mentre molte tendenze di gioco, stili di rendering e tecnologie sono andate e venute in questi 40 anni, Pac-Man è sopravvissuto e ha preservato la propria rilevanza, rimanendo al di sopra di tutti gli altri strati di decorazioni e ornamenti vari. Iwatani ha spiegato come, nel lungo processo di gestazione per il Pac-Man originale, il team abbia evitato la trappola dell’addizione, ovvero l’aggiunta di funzionalità, complessità e dettagli di design che avrebbero impantanato il gioco. “Un buon design è il più minimale possibile.” Iwatani poteva non conoscere Rams, ma i loro obiettivi erano molto simili. I vincoli tecnologici ed estetici incontrati dal team di Namco li aveva portati a soluzioni visivamente semplici e, quindi, ancora più potenti.

Il design astratto segnala ai nostri occhi che c’è un’opportunità di connessione. Gli studi sulla “misteriosa valle” della computer grafica e del character design mostrano che le persone si connettono emotivamente a cose che sono essenzialmente umane, o che sono così astratte da rimanere avvicinabili, evitando la sgradevole somiglianza delle cose “non proprio umane”.

La semplicità di Pac-Man ha permesso al personaggio di fungere da tela bianca, consentendo al pubblico di proiettare sentimenti, emozioni ed energia su di esso, sia nel bel mezzo di una partita sia in riferimento all’atto universale del mangiare. I giocatori di videogiochi di tutto il mondo possono facilmente relazionarsi al masticamento funzionale e necessario che definisce l’esistenza bidimensionale di Pac-Man. È sia affabile che di buon carattere, ci ricorda i nostri momenti migliori. Il creatore Toru Iwatani l’ha detto bene: Pac-Man “è un personaggio innocente. Non è stato educato a distinguere tra il bene e il male. È indiscriminato perché è ingenuo”.

Nello specchietto retrovisore della storia, è difficile sopravvalutare l’influenza di Pac-Man sui media popolari, sui giochi elettronici e sulla tecnologia. Il gioco ha democratizzato i videogames, introdotto la potenza di calcolo nei salotti e contribuito a dare voce a quei giocatori che sarebbero cresciuti fino a diventare una generazione ponte, un incrocio tra il mondo analogico e quello digitale.

Pac-Man continua a vivere
Pac-Man è sopravvissuto per decenni grazie alla sua intrinseca giocabilità e al suo continuo appello a persone di tutte le età e culture. Il Pac-Man originale e il suo labirinto di 240 puntini sono stati trasferiti, adattati e remixati su dozzine di diverse console e piattaforme per videogiochi di generazione in generazione. Nonostante i progressi rapidi e l’evoluzione della tecnologia, Pac-Man è vivo ancora oggi, su console per videogiochi, palmari e persino smartphone e dispositivi mobili. Pac-Man ha incassato circa 10 miliardi di quarti di dollaro (2,5 miliardi di dollari) durante il ventesimo secolo. Pac-Man ricorda sia ai videogiocatori che agli operatori dell’industria dei videogiochi che la semplicità è trasmutabile e che un ottimo gameplay è universale. Pac-Man e la sua famiglia allargata di personaggi vivono in modi che Toru Iwatani non avrebbe mai potuto immaginare nel 1979. I suoi giochi sono stati utilizzati per migliorare gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, ottenendo record mondiali ed entrando nel Guinness World Records (per il maggior numero di macchinette a gettoni installate nel mondo: 293.822 228), diventando un’esperienza che è una pietra di paragone universale.

Fondamentalmente, il gameplay di base di Pac-Man è un ottimo equalizzatore. È senza tempo. In un settore che spende così tanta energia per abbracciare l’ultimo progresso tecnologico, Pac-Man ancora prevale. È quasi confortante sapere che Pac-Man supererà l’ultimo e il più grande prodotto, pronto per essere riproposto ancora, e ancora, trovandosi a casa propria in ogni nuova era e su ogni nuova piattaforma.

Redazione
Informazioni su Redazione 271 Articoli
Redazione Outsider News.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*