Raccontare l’innovazione o morire. La grande sfida per le imprese del futuro

L’innovazione è uno dei termini più abusato in questi tempi, tutto è innovativo, rivoluzionario, nuovo, futuristico, tanto che la parola si è completamente svuotata di significato. Risulta molto difficile per le imprese, raccontare l’innovazione senza un’adeguata strategia di comunicazione anticipativa.

Viviamo in un periodo di enormi cambiamenti, in cui l’innovazione tecnologica è pervasiva e ha un impatto in ogni ambito (economico, politico, sociale, ambientale).  Non riusciamo a comprendere il nostro tempo, perché ci troviamo nel mezzo di un’era di transizione, in cui non ci soddisfa più il vecchio, ma in cui non riusciamo ad intravvedere il nuovo. Ci troviamo nella metà di un fiume, lontani dalla riva, che non riusciamo a vedere; non sappiamo se andare avanti oppure tornare indietro e non siamo nemmeno adeguatamente attrezzati per la traversata verso una nuova sponda.

Zygmunt Bauman ha definito  “retropia”, “uno stato mentale in cui prende piede l’individualismo che cancella il senso di comunità, il passato si trasforma in una condizione rassicurante e nell’unica prospettiva accettabile.” In questa fase storica, i nostri strumenti di navigazione sono obsoleti, ma non disponiamo di nuovi. Siamo troppo presi a risolvere i problemi e le contraddizioni del presente per poter pensare ad un futuro migliore.

In questo contesto di forti incertezze, facciamo molta fatica a recepire le diverse proposte innovative che ci arrivano dal mercato e che vengono raccontate dai media. Dobbiamo leggere, studiare, comprendere nuovi concetti, apprendere nuovi linguaggi e non sempre abbiamo il tempo, la motivazione e le capacità per farlo.

La comunicazione dell’innovazione è parte integrante dell’innovazione stessa. E’ un fattore critico decisivo, poiché ogni innovazione, qualunque essa sia,  chiede alle persone di cambiare e per sua natura è disarmante.

Non ha quasi mai vinto sul mercato la tecnologia migliore, la proposta di valore più innovativa, ma le soluzioni che si sono diffuse più velocemente e la cui narrazione è risultata la più convincente in quel determinato momento storico.

Raccontare l’innovazione diventa oggi, più che mai, un fattore critico di successo per le imprese e per le organizzazioni. Non si tratta solo di comunicare gli elementi di valore di una nuova proposta, ma di considerare la narrazione dell’innovazione come un elemento inserito in una strategia più ampia.

La narrazione dell’innovazione, consente, tra le altre cose, di ispirare le persone all’interno dell’organizzazione, di condividere una visione del mondo, di tracciare una direzione, di creare nuovi mercati e di trasformare quelli esistenti, di attirare gli investitori, di creare un nuovo posizionamento strategico.

Molte imprese innovative falliscono nel processo di narrazione dell’innovazione. Sbagliano le parole, il tono o il loro racconto non risulta incisivo, rilevante, adeguato al pubblico a cui si rivolgono o è troppo in anticipo sui tempi. Questo accade tanto alle startup quanto alle aziende più strutturate.

Vorrei evidenziare gli errori di comunicazione più comuni in un elenco non esaustivo.

1. Il racconto è autoreferenziale. E’ totalmente incentrato sull’impresa, sui suoi processi, sugli aspetti più funzionali dell’innovazione stessa. La narrazione è astratta, distante dalla vita reale delle persone. Pensiamo per esempio al modo in cui oggi si parla di trasformazione digitale in modo generico, freddo e non contestualizzato.

2. Le parole utilizzate nella narrazione sono vecchie o troppo nuove. Nel primo caso non riescono a descrivere gli elementi di novità e di utilità dell’innovazione, nel secondo caso non sono comprensibili perché non sono familiari. Che cosa è la tecnologia blockchain, quali sono i suoi utilizzi, in quali ambiti? Sono domande che ci poniamo tutti i giorni. Come distinguiamo un trend che cambierà il mercato da una bolla?

3. Il tono è trionfale e eccessivamente solenne, quasi arrogante. Fa apparire il pubblico come retrogrado, antiquato e poco avvezzo al cambiamento. Se non cambi rimarrai indietro, la tua azienda scomparirà, perderai il lavoro e occasioni di reddito. Noi siamo i primi,  quelli con maggiore competenza, ma questo lo dicono tutti.

4. Il racconto è ansiogeno. Invita al cambiamento, ma non lo incoraggia. Non fornisce adeguati ragioni per modificare abitudini , comportamenti o credenze, non indica una strada, non alfabetizza, tiene lontani.

5. La storia non è credibile. Racconta di vantaggi futuri che non è in grado di supportare con i fatti, perché non ci sono esperienze pregresse, ma non riesce nemmeno a fornire nuove chiavi di lettura. Il pubblico la giudica con gli occhi del passato. La storia è troppo bella, non sembra reale, le promesse appaiono esagerate. Il racconto non risulta onesto.

6. La narrazione è pressante, opprimente. E’ concepita come uno spot pubblicitario volto a persuadere. I toni sono autocelebrativi, spaventano, non motivano, allontano, non creano affinità. Perché dare un senso di urgenza alla propria comunicazione, quando la proposta innovativa si trova nella sua fase di introduzione? Che fretta c’è di adottarla, quando potrebbe rivelarsi una scelta più oculata aspettare?

7. Il racconto è didascalico, si limita a descrivere, a spiegare, senza motivare. Il pubblico si sente distante, non si identifica. La proposta innovativa potrebbe anche interessare, ma non convince.

8. La storia è troppo complessa. Non è riassumibile in una frase breve, in poche parole, non risulta pertanto comprensibile. Richiede uno sforzo di comprensione troppo elevato rispetto ai vantaggi promessi la cui comprensione non viene facilitata.

9. La storia è fredda. Non tiene conto delle reali problematiche delle persone a cui è rivolta, non considera l’identità delle persone, le loro preoccupazioni, le loro paure, le loro resistenze, i loro valori. Non riesce a creare un ponte emozionale.

10. Il racconto è episodico ed isolato. Non crea o alimenta un dibattito, non viene ripreso, commentato, divulgato. Non entra in un movimento narrativo più ampio. La narrazione è monocorde, non differenziata per pubblici e contesti. La proposta innovativa potrebbe anche essere presa in considerazione, può anche generare attenzione e curiosità, ma si perde in un oceano di altre proposte considerate similari e si perde nel grande flusso delle informazioni, diventando rumore di fondo.

La narrazione dell’innovazione deve inserirsi in una strategia più ampia di comunicazione anticipativa, che prenda in considerazione e ponga rimedio agli aspetti  più ansiogeni dell’innovazione.

Il primo obiettivo della narrazione dell’innovazione è la creazione di familiarità, approvazione e motivazione al cambiamento,  ma questo richiede una comprensione profonda delle tensioni del presente, per verificare come inserirsi sul mercato con una proposta nuova.

Maurizio Goetz
Informazioni su Maurizio Goetz 12 Articoli
Laureato in Economia Aziendale (Università Bocconi), Maurizio Goetz, si è sempre occupato di processi di innovazione degli elementi intangibili nella comunicazione digitale, nel marketing e nella promozione. È coautore della metodologia Tourist Experience Design per la progettazione delle esperienze turistiche delle destinazioni e svolge attività di ricerca sui temi dell’immaginazione progettuale strategica. Collabora con varie istituzioni aziende e diverse istituzioni formative, per diffondere l’approccio di Imagination Design Coaching, un insieme di metodologie originali create per addestrare le capacità immaginative prospettiche dei professionisti e delle organizzazioni.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*