Partito come strillone, ha posseduto la MGM e i casinò di Las Vegas. La vita spericolata di Kirk Kerkorian (KKK)

È stato un pugile dilettante, un pilota di aerei militari, un incallito giocatore d’azzardo. È stato un imprenditore di successo, più volte sull’orlo della bancarotta. È stato un uomo, amato e odiato, Kirk Kerkorian. Di origine armena, è noto al pubblico soprattutto per i suoi casinò a Las Vegas e aver comprato e rivenduto (per 3 volte) la casa di produzione cinematografica MGM, Metro Goldwyn Mayer.

Quando è morto, nel giugno 2015, Kerkorian aveva 98 anni ed era per ricchezza accumulata il secondo ottuagenario multimiliardario al mondo. Secondo Forbes, la sua fortuna ammontava a 15 miliardi di dollari, superata solo da quella dell’italiana Maria Franca Fissolo (patrimonio al 2017: 30,1 miliardi di dollari), la vedova di Michele Ferrero, fondatore dell’impero che ha lanciato prodotti storici come Nutella, Kinder e Rocher.

Conosciuto per il suo carattere schivo e taciturno, pare che Kerkorian saltasse buona parte dei meeting con gli azionisti delle aziende di sua proprietà. E anche quando ci andava, sembra dicesse molto poco. Non gli piaceva, però, essere dipinto come un eremita: aveva amici del calibro di Cary Grant e Frank Sinatra, con cui si intratteneva regolarmente. E a chi gli chiedeva conto del suo carattere introverso – in una delle rarissime interviste concesse – rispondeva:

«Ho amicizie che durano da 30, 40 anni: preferisco loro all’incontro con persone nuove. Solo perché non partecipo a tanti eventi e non sono sempre in pubblico non vuol dire che sia un asociale».

Nato povero e con un’istruzione di basso livello, Kerkorian riesce a trovare la propria strada verso il successo, malgrado il rapporto controverso con la ricchezza:

«Cosa c’è di buono nell’essere ricchi? Non posso fare ciò che voglio. Non mi piace vestirmi bene per incontrare banchieri. Odio questo genere di cose», ha detto a Dial Torgerson, giornalista e suo biografo, autore di “Kerkorian: An American Success Story”.

Ripercorriamo gli eventi principali della storia di successo del magnate americano.

Imprenditore con la “terza media”

Kerkorian nasce a Fresno, in California, da una famiglia di immigrati armeni nel giugno 1917. I genitori gli danno il nome Kerkor, che lui americanizzerà più avanti in Kirk. La madre Lily è casalinga, il padre Ahron vende frutta. Non se la passano bene.

«Ci siamo trasferiti almeno 20 volte quando ero un ragazzo. Spesso non potevamo pagare l’affitto e venivamo buttati fuori», ha raccontato a Fortune.

In famiglia non parlano nemmeno l’inglese. Lingua che Kirk impara “per strada”. Comincia a lavorare giovanissimo, prima come strillone, poi facendo un numero incalcolabile di lavori saltuari:

«Un self-made man comincia molto presto la propria strada al successo. Nel mio caso è stato a 9 anni: è allora che ho cominciato a portare un reddito in famiglia. Ho ottenuto in questo modo una motivazione che è un po’ diversa, forse un po’ più forte, di coloro che ereditano un patrimonio».

La costante ricerca di lavoro, lo portano ad abbandonare la scuola in 8th grade, la nostra terza media. Il suo fratello più grande, Nish, pugile professionista, nel frattempo, gli insegna a tirare pugni. Kirk se la cava: nel campo dilettantistico dei pesi leggeri vince 29 incontri su 33. Diventa campione di categoria per il campionato del Pacifico. Rinuncia alla carriera da boxer quando incontra Ted O’Flaherty, che installa forni a domicilio. Kirk si unisce a lui nel 1939 per 45 centesimi l’ora.

O’Flaherty è anche pilota di Piper Cub, velivoli leggeri a basso costo con cui si esercita all’aeroporto Alhambra. Kirk prima snobba la passione dell’amico. Ma una volta salito a bordo, non ne vuole scendere più. O’Flaherty ricorda di averlo portato in volo, mostrandogli il panorama del sud della California. Kirk ne resta incantato: il giorno dopo torna all’aeroporto per la sua prima lezione di volo.

Kirk è anche spinto da una necessità impellente: nuvole di guerra si addensano in Europa. Il ragazzo vuole evitare a tutti i costi di finire in fanteria e spera così di ottenere la licenza da pilota. Ma non ha un soldo. Per riuscirci, nel 1940 va all’Happy Bottom, un ranch di proprietà della pilota Florence “Pancho” Barnes. In cambio delle lezioni, munge le mucche e spala letame. Sei mesi dopo è un pilota, nonché istruttore di volo.

Si stufa però dell’istruzione e cerca nuove opportunità.

La prima fortuna e il problema del gioco

Nel 1940 viene a sapere che a Montreal la Royal Air Force – la leggendaria RAF, l’aeronautica militare del Regno Unito, che si distinguerà in guerra contro la Germania nazista – vuole trasportare dei bombardieri Mosquito dal nord America in Scozia. E paga bene: mille dollari a viaggio. La missione è però un suicidio: i serbatoi sono poco capienti per la tratta e il rischio gelo è dietro l’angolo. L’unica possibilità di farcela è un volo diretto sull’Atlantico, facendosi aiutare da un forte vento chiamato Iceland Wave, che però può scemare in qualsiasi momento.

Kirk accetta la sfida. In due anni e mezzo porta a destinazione 33 aerei, viaggiando in 4 diversi continenti, mettendo da parte la paga. Alla fine della guerra può permettersi di comprare un Cessna monomotore da 5mila dollari, con cui riprende a insegnare volo. Si dà anche alla ristrutturazione di vecchi aerei militari da trasporto, rivendendoli in tutto il mondo. Nel 1947 compra la Los Angeles Air Service, una piccola linea di voli charter, che trasforma nella Trans International Airline, offrendo il primo servizio di jet con voli non di linea.

Tra i suoi clienti, Jerry Williams, commerciante nel settore dell’acciaio di Los Angeles, che si dedica ai dadi e al blackjack nel nascente business del gioco d’azzardo di Las Vegas. Durante una notte sfortunata, Kerkorian e Williams perdono quasi tutto. Alla fine dei giochi, in due hanno in totale 5 dollari. Williams suggerisce di usarli per la colazione, l’indomani. “Ma cosa ci fai con 5 dollari?”, gli chiede Kirk. Tornano ai tavoli e stavolta ne vincono 700. Negli anni ’40 e ’50 l’imprenditore diventa un giocatore incallito, arrivando a perdere fino a 80mila dollari in una sola notte. Smetterà alla fine degli anni Cinquanta. Malgrado ciò, ricorda ancora con piacere quelle serate:

«Ero sopraffatto dal livello di esaltazione provato in questa piccola città. I momenti migliori della mia vita sono a Las Vegas».

Las Vegas e gli anni ‘60

Nella città dei casinò, Kirk sposa la sua seconda moglie Jean Mary Hardy, da cui avrà due bambine. Ed è qui che consolida la sua fama imprenditoriale. Negli anni ’60 sono diverse le mosse di Kerkorian, che porta nel corso degli anni il suo core business dagli aeroplani (che non abbandonerà del tutto) al mondo dell’entertainment, concentrandosi su casinò e cinema.

È a partire da questo decennio che comincia per lui una girandola di investimenti, acquisizioni e cessioni anche rocambolesche.

Stringere accordi è ciò che lo mantiene in vita”, dirà di lui Lee Iacocca, suo socio in alcune avventure, nel 2005. Kerkorian prova per esempio a ottenere il controllo di Chrysler nel 1995, per 22,8 miliardi. L’accordo però non sarà concluso e il board limita la sua partecipazione in azienda al 13,8%. Tre anni dopo Daimler-Benz (produttore delle Mercedes) acquista Chrysler per 36 miliardi, aumentandone il valore. A quel punto Kerkorian vende la sua partecipazione, guadagnando il triplo di quanto investito nel 1990.

Ma sono tante le operazioni simili che Kerkorian prova a chiudere, talvolta andando incontro a sonori insuccessi. Opera un tentativo di acquisizione, fallito, anche sulla Trans World Airlines. Fa investimenti massicci in colossi come General Motors (di cui acquisirà il 9,9% nel 2005, a 88 anni, vendendolo l’anno dopo) e nella Ford Motor Company, di cui compra il 6,5%, rivenduto a distanza di pochi mesi, dopo il crollo verticale delle azioni in borsa.

Diventa proprietario di Western Airlines. Nel frattempo è molto attivo nell’industria cinematografica. Oltre a MGM, acquisisce United Artists e prova a ottenere il controllo della 20th Century Fox (1981) e della Columbia Pictures (di cui riesce a comprare “solo” il 25%, nel 1978). Anche se, spiega The Hollywood Reporter, “si dice che non gli interessino particolarmente i film”.

Ma torniamo ai suoi inizi. Il 1962 è un anno chiave per lui. La sua Trans International Airlines viene infatti acquisita da Studebaker Corporation, azienda produttrice di automobili dell’Indiana, che in quegli anni punta a diversificare la propria offerta. Grazie all’acquisizione – mantiene comunque il controllo operativo sull’attività – può incrementare la propria flotta di aeroplani, aumentando le destinazioni disponibili. Due anni dopo, esce di nuovo da Studebaker, ricomprando per intero la TIA. Dopo la quotazione in Borsa. La vende definitivamente nel 1969, guadagnandoci più di 100 milioni di dollari.

Più importante ancora, nel 1962 acquista un terreno di 80 acri a Las Vegas, per 960mila dollari. L’operazione sarà poi definita da Fortune come “una delle speculazioni terriere di maggior successo nella storia di Las Vegas”. Considerato di scarso valore – il terreno è fuori dalla più pregiata Strip e non ha sbocchi sul mare – diventa di lì a poco sede del Caesars Palace, progetto di Jay Sarno, uno degli hotel più famosi della città. Ci ricava 4 milioni di dollari in affitti, fino al 1968, anno in cui vende la gestione del Caesars per altri 5 milioni.

L’imprenditore continua a investire nell’immobiliare, comprando acri su acri nei terreni che circondano Las Vegas. Nel 1968 sfrutta questo patrimonio per buttarsi nel business del gioco: promette infatti di costruire il più grande Hotel-Casinò del mondo. Ci riesce 3 volte: l’International (oggi rinominato Westgate Las Vegas) nel 1969, l’MGM Grand (oggi Bally’s Las Vegas) nel ’73 e ancora l’MGM Grand Las Vegas nel 1993.

La crisi e il “balletto” con MGM

Il 1969 è un altro anno importante per Kerkorian. Un anno in chiaroscuro. Per la prima volta si trova infatti in estrema difficoltà. Tra il ’69 e il ’70 una recessione lo coglie impreparato.

La SEC gli impedisce di compiere un’offerta secondaria di azioni sulla sua International Leisure Corporation. Operazione che lo avrebbe aiutato a ripagare parte degli interessi sui prestiti ricevuti. L’organismo di controllo la blocca perché il Flamingo Hotel, di proprietà della International Leisure, è stato in passato posseduto da persone dedite al racket. Il valore della holding crolla nel giro di appena 12 mesi. Per ripagare i suoi debiti, è vende parte delle sue azioni per 16,5 milioni di dollari agli hotel Hilton. La stessa quota valeva, appena sei mesi prima, 180 milioni.

Per rimettersi in piedi, è costretto a mettere in vendita anche la sua casa di Las Vegas, l’aereo privato e lo yacht. Ma non demorde.

«A volte perdi, ma è nella natura stessa del gioco. C’è sempre un’altra partita e un’altra chance per vincere», dirà a Time Magazine nel 1970.

L’occasione per il riscatto si presenta subito. All’inizio del ’69, Kerkorian comincia a comprare azioni MGM, riuscendo ad accumulare il 40% dei titoli e quindi il controllo dell’azienda. Diversifica le attività dell’azienda, che finora si è occupata esclusivamente di cinema, e annuncia la costruzione di un nuovo Hotel-Casinò. Anche questa volta sarà il più grande al mondo, superando la sua vecchia proprietà, l’International. L’investimento è di 107 milioni di dollari: l’MGM Grand apre nel 1973 con duemila camere. La struttura va poi a fuoco nel novembre 1980. Un disastro: l’incendio provocato da un problema elettrico uccide 85 persone, ferendone centinaia. Il Grand è distrutto. Per volontà di Kerkorian, l’hotel riapre 8 mesi dopo il disastro. Sarà definitivamente venduto nel 1986 alla Bally Manufacturing Corporation.

Nel frattempo Kerkorian aveva diviso la MGM in due entità. MGM/UA Entertainment, che si occupava delle produzioni televisive e cinematografiche, e la MGM Grand Hotels, con il suo portfolio di alberghi, casinò e navi da crociera di lusso.

La prima branca sarà venduta, come accennato, per 3 volte. La prima nel 1986 a Ted Turner, il fondatore della CNN, per 1,5 miliardi di dollari. Dopo appena un anno, Turner, schiacciato dai debiti, è costretto a rivendere allo stesso Kerkorian per appena 300 milioni.

Nel 1990 la seconda cessione, stavolta all’italiano Giancarlo Parretti e alla sua holding Pathe Communications. Prezzo: 1,3 miliardi. Un anno dopo, la banca francese Crédit Lyonnais, principale creditore di Parretti, estromette il finanziere italiano dalla gestione aziendale. L’istituto denuncia poi Kerkorian, accusandolo di frode: avrebbe infatti inserito nell’operazione di compravendita anche degli asset privi di valore. Kerkorian accetta di patteggiare con un accordo extragiudiziale nel 1995. La somma versata dall’imprenditore alla banca non verrà mai rivelata.

Compra poi per l’ultima volta la MGM/UA nel 1996, per 1,3 miliardi. Tentando senza successo di ridare slancio all’azienda, è costretto a un’ultima cessione nel 2004, in favore di un consorzio di imprese guidato da Sony.

Una figura controversa

L’eredità di Kirk Kerkorian nella storia dell’imprenditoria americana è sicuramente controversa. Come moltibusinessman di successo è una “figura polarizzante, scrive Jonathan Kandell sul New York Times, in occasione della sua morte:

«Alcuni dicono che era un manipolatore senza scrupoli, uno che ignorava i diritti degli azionisti di minoranza. […] I suoi difensori insistono invece nel dire che tutti gli investitori che si sono legati a lui hanno ottenuto grandi ritorni».

Molto criticata anche la sua gestione di MGM/UA. Se gli Oscar gli hanno tributato un omaggio, durante l’edizione 2016, dopo la sua morte, in molti hanno osteggiato tale scelta. Il Los Angeles Times titolava: “Il miliardario Kirk Kerkorian ha distrutto la MGM. Perché è stato onorato agli Oscar?”.

Al tempo stesso, c’è chi ricorda il suo impegno in opere caritative. Patricia Glaser, suo avvocato, ha per esempio dichiarato che Kerkorian ha “donato quasi tutto il suo patrimonio in opere di carità”. Un miliardo, pare, sia passato attraverso la sua fondazione a enti e associazioni caritatevoli.

Al termine della sua esistenza, in ogni caso, aveva accumulato un patrimonio stimato da Forbes in 4,2 miliardi di dollari. Anche se, pare, nel 2008 valesse 4 volte tanto, a circa 16 miliardi. I suoi investimenti sono stati molto ridimensionati negli ultimi anni e una parte è andata a finire in cause umanitarie. Ma pare inoltre che parte dei suoi fondi sia finite scialacquata dagli eredi: uno dei suoi nipoti avrebbe infatti speso 450mila dollari solo per il suo Bar Mitzvah, nel 2014.

Di certo un inizio molto diverso da quelli di Kirk, che a 9 anni vendeva giornali per strada.

Redazione
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