Il Coronavirus sta lavorando (a sua insaputa) per i giganti digitali e per la Cina

I virus sono come le guerre, spostano enormi ricchezze. Così come il secondo conflitto mondiale sancì la definitiva supremazia economica degli Stati Uniti sulla vecchia Europa, così questo nuovo virus sta amplificando il potere economico dei giganti digitali (gli “Over The Top“) e, sorprendentemente, l’influenza geopolitica della Cina.

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Partiamo dalla Cina. Doveva essere l’untore del mondo e, invece, grazie ad una capacità di monitoraggio della popolazione che definire efficiente sarebbe riduttivo è riuscita a sconfiggere il virus in tempi record diventando un modello da seguire.

Il governo cinese ha fatto largo uso di tecnologia (droni, big data, caschi hi-tech per rilevare la presenza del virus) confermando la sua supremazia in questo campo e della forza, tipico dei regimi non propriamente democratici. Sconfitto il virus, sta aiutando gli altri paesi ad affrontare l’emergenza, in primis l’Italia.

Tutti i dati raccolti dal governo cinese sulla popolazione colpita dal virus, in barba alle più elementari regole della privacy, sono un patrimonio unico al mondo che la Cina utilizzerà per incrementare il suo potere geopolitico.

Al confronto gli USA sono sembrati timidi. Trump ha prima minimizzato e poi è corso ai ripari, facendo tutti gli errori che si fanno quando hai sottovalutato un problema e lo devi affrontare quando ti è già scappato di mano.

La Russia di Putin si è mossa come sempre, nascondendo il problema. L’Unione Europea si è attivata nell’unico modo che conosce: ogni paese fa per sè, dimostrando che di Unione c’è veramente poco.

Insomma, la Cina, pur con tutte le limitazioni intellettuali da applicare ad un paese che non si può certo considerare una democrazia, ha dimostrato capacità, velocità ed efficienza.

La leadership cinese esce rafforzata da questa emergenza e questo avrà un peso nei futuri rapporti con gli altri paesi, soprattutto con gli Stati Uniti.

I giganti digitali

L’epidemia di Coronavirus comincia ad avvantaggiare alcune imprese e svantaggiarne altre. La scorsa settimana Wall Street ha chiuso con uno dei risultati peggiori degli ultimi nove anni a causa del timore che il virus possa essere un nuovo “cigno nero” e provocare una recessione globale, mentre in Italia, secondo lo studioImpact of the Coronavirus on the Italian non-financial corporates” di Cerved Rating Agency, un’azienda su dieci è a rischio fallimento nel caso in cui l’emergenza non si arresti entro l’anno. A farne maggiormente le spese sono tre settori chiave: il manifatturiero tessile, i trasporti e il turismo.

Non tutti però sono coinvolti. Un settore in particolare non è stato intaccato dall’epidemia in corso e, anzi, ha tratto dei benefici dalla paura delle persone, che passano molto più tempo a casa: i servizi in streaming.

Nell’ultima settimana, Netflix ha registrato una crescita dello 0,8 per cento delle proprie azioni, da febbraio a inizio marzo, invece, il titolo è salito di quasi il 6 per cento, con un picco del +12,5 per cento al 18 febbraio. Sulla stessa scia, come spiega il report di Axios The emerging coronavirus economy”, ci sono anche realtà di cui i consumatori avranno bisogno man mano che l’epidemia registrerà un’eventuale espansione.

La Borsa, su questo punto, è stata fin troppo chiara: sono 7 su 500 le società quotate negli Stati Uniti che hanno guadagnato valore la scorsa settimana, tra cui Clorox, produttore di disinfettanti, e Gilead Sciences e Regeneron, che stanno lavorando ai trattamenti contro il coronavirus. Protagoniste quasi scontate, a cui si aggiungono però anche le società tecnologiche specializzate nella comunicazione da remoto, nella videoconferenza e nel file hosting, come Zoom, Teledoc e Dropbox.

L’analista Dan Salmon ha spiegato come la bolla finanziaria dei servizi digital è dovuta «al fatto che i consumatori restano a casa a causa delle preoccupazioni sul coronavirus, e questo si riflette in una notevole performance dei prezzi delle azioni». Storia analoga anche per il versante dell’e-commerce, grazie a un numero sempre maggiore di individui che sceglie di comprare online piuttosto che al negozio fisico.

E così, mentre le principali compagnie di crociera, le grandi compagnie aeree e le catene alberghiere subiscono una flessione tanto rapida questo netta dei ricavi, i prodotti di largo consumo venduti online sono aumentati dell’81 per cento, circa 30 punti percentuali in più rispetto alla settimana precedente. L’analisi firmata Nielsen, inoltre, notifica in ascesa anche le vendite della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) che, nella settimana compresa tra lunedì 24 febbraio e domenica 1 marzo, hanno fatto registrare un’impennata del 12,2 per cento.

Nel carnet dei beneficiari compaiono anche i produttori dei cosiddetti cibi da dispensa, le aziende di salviette e disinfettante e ovviamente quelli di mascherine mediche. Per questi player più vicini al settore farmaceutico e biotech, però, la crescita di ricavi non sarà infinita: i prodotti da “psicosi”, come gel e mascherine, verranno infatti sostituiti da misure di prevenzione, come del resto sta già accadendo.

Misure che prevedono, per l’appunto, anche rimanere chiusi in casa ed evitare luoghi affollati. Il tutto implicitamente collegato alla durata e all’espansione che svilupperà il virus che farà da volano per i servizi via internet come Netlifix, Amazon o Disneyplus. La Walt Disney, dopo le pesanti conseguenze legate alla chiusura temporanea di molti parchi a tema, potrebbe puntare sul lancio della sua piattaforma di contenuti in streaming, in programma in Italia per il 24 marzo, al quale si potrebbe sovrapporre la chiusura delle scuole con relativo incremento della platea dei giovanissimi. Il che, tutto sommato, è un risultato niente male, visti i tempi.

I virus sono come le guerre, spostano enormi ricchezze.

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Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.