Sedotta e abbandonata, la chimica italiana dalla Montecatini a Raul Gardini

Ci sono storie a lieto fine e storie amare, quella della chimica italiana, invece, è la storia di un sogno infranto.

Gli storici sono stati forse poco attenti alle implicazioni economiche e sociali che la chimica può avere nell’innovazione tecnologica e nel progresso scientifico. Inoltre, l’idea che prima della Grande Guerra non esistesse in Italia una industria chimica vera e propria ha contribuito a rendere ancora più oscura la crescita di questo settore nell’Italia dell’Ottocento.

Ricerca e produzione avevano avuto un notevole incremento per le necessità della guerra mondiale. Di particolare rilievo fu l’apporto di tecnici e scienziati come Fauser, Luigi Casali, Giulio Natta; le maggiori società si dotarono di laboratori di ricerca, dalla Montecatini alla Snia Viscosa, dalla BPD all’Anic. Un settore in rapida espansione fu quello dei coloranti, strettamente intrecciato agli esplosivi, ma anche ricerche come quelle sulla gomma sintetica (Ferrara), daranno frutti importanti nel secondo dopoguerra.

Negli anni Trenta la Montecatini e la Snia Viscosa dominano la ricerca ed il mercato della chimica: la prima per le piriti, gli anticrittogamici, l’acido solforico e cloridrico, ecc., la seconda per la cellulosa da piante nazionali, la gomma sintetica e le fibre artificiali e per quelle derivate da prodotti naturali, come il lanital, ricavato dalla caseina ad opera del tecnico bresciano Antonio Ferretti.

La vittoria degli Alleati e il passaggio dalla chimica del carbone a quella del petrolio segnano un punto cruciale nella storia della chimica italiana.

Nel 1966 Mediobanca favorisce la fusione tra Montecatini ed Edison: nasce così il gruppo privato Montedison. Nel 1968 Eugenio Cefis decide di scalare la Montedison per conto dell’Eni di cui è presidente. Con l’aiuto dell’IRI Eni acquista il 15% delle azioni della Montedison Spa.

Quella di Montedison è una storia molto complicata e affascinante dove, ancora una volta, i suoi destini sono segnati, come una forza ineluttabile, dalla sindrome del colpo di mano». Il finanziere Francesco Micheli è stato negli anni Settanta uno degli assistenti dell’allora presidente di Montedison Eugenio Cefis e successivamente, quindici anni fa, al centro dell’avventura finanziaria che nel luglio del 1985 consentì a Mario Schimberni di impossessarsi di Foro Buonaparte. La storia è nota: Micheli, all’epoca quarantottenne e a capo della Finarte, organizzò il rastrellamento delle azioni Bi-Invest di Carlo Bonomi che tramite Gemina deteneva oltre il 17% di Montedison e le offrì su un piatto d’argento a Schimberni. Fu un colpo di mano, uno dei tanti.

Varasi cedette a Gardini dalla sera alla mattina il suo 10% facendo arrabbiare non solo Schimberni ma anche Mediobanca perché in quel periodo l’erede di Ferruzzi stava diventando il peggior nemico di via Filodrammatici. Gardini da lì cominciò la scalata a Foro Buonaparte.

La Montedison naviga in cattive acque. Nonostante diversi tentativi di risanamento la situazione Montedison resta alquanto debole. Tra il 1986 e il 1987 il gruppo agroalimentare Ferruzzi acquista il 40% delle azioni Montedison.

Già l’anno successivo l’operazione si rileva però troppo dispendiosa per le finanze del gruppo Ferruzzi. Si progetta di effettuare perciò una fusione al 50% con la Eni creando nel 1989 la Enimont, società che avrebbe dovuto unire le attività chimiche dei due gruppi. Anche questa unione non ha esito positivo e nel 1990 Eni decide di acquistare tutte le azioni di Montedison in Enimont: l’anno successivo nasce Enichem.

Con l’inizio degli anni Novanta si registra un ridimensionamento del gruppo Ferruzzi Montedison, che nel 1993 rischia il fallimento. Tangentopoli e il siucidio di Raul Gardini danno il colpo finale alla società.

Il controllo di ciò che resta della Montedison (dopo cessioni e tagli al personale) passa ad una nuova società, la Italenergia, composta da Fiat, Finanziaria Tassara e varie banche. La Montedison cessa così di esistere ma, nell’ambito del gruppo Fiat, torna ad essere un’azienda che, come in origine, si occupa di energia elettrica: la Edison.

Con la fine della Montedison si spegne per sempre il sogno di una chimica italiana. Raul Gardini (“il contadino” o “il corsaro di Ravenna” come lo chiamavano i suoi detrattori) aveva osato troppo, si era convinto di poter far convivere politica e business. Gardini amava dire: “La chimica sono io“, ma adesso dovremmo dire ”La chimica non c’è più“.

Informazioni su Marco Blaset 150 Articoli
Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.

2 Commenti

  1. Solo oggi mi trovo di fronte a “Outsider news” e all’articolo, datato, “Sedotta e abbandonata, la chimica italiana dalla Montecatini a Raul Gardini”. Non posso fare a meno di un rapido commento e al lancio di un guanto: sfida datata di una storia che non è stata felice, nonostante l’entusiasmo profuso da finanzieri, mercanti, scienziati, ingegneri e CHIMICI, che in poco più di un secolo hanno dato e rimosso dal paese, riportandolo ad un ruolo che la “non scienza” ha rapidamente pervaso… Sono nato nel 1932, ho scelto di iscrivermi a Chimica dopo la maturità classica e il fallimento al concorso alla Scuola Normale Superiore di PIsa. La materia consentiva l’accesso ad un solo posto: la settimana vissuta a Pisa nell’autunno del 51, rimane “un ricco ricordo” di vita e di carriera. La borsa di studio venne assegnata ad Antonio Marsili! Antonio si laurea nel 1956 con 110 e lode in Scienze chimiche. Inizia la sua carriera scientifica. Ci siamo persi dopo qualche anno dalla sua laurea. Penso che sia passato al CNR dopo qualche anno, con una chimica organica di ricerca. Io, dopo gli abissi in cui era stato affossato il progetto strategico di sintesi e metallurgia per il Titanio, sono stato felice di abbassare le temperature di transizione per iniziare la carriera di ricerca su polimeri innovativi stereo-modulati dai nuovissimi catalizzatori a base metallorganica che consentì la prima polimerizzazione del propilene, sottoprodotto del cracking pirolitico di virgin nafta! Ne consegui il premio Nobel al professore Giulio Natta di e Capo del nucleo di ricerca Montecatini presso il Politecnico di Milano che come quello al Centro di ricerca Donegani di Novara era punta di diamante della chimica nazionale. Se Outsidernews gradisse, potrei impegnarmi a coprire il triste declino dal 1980 ad oggi della Chimica Industriale Italiana, non Farmaceutica.

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