Italia vs Francia, una rivalità lunga due secoli

Quello tra Italia e Francia è uno dei rapporti di odio-amore più lunghi della storia. Imboscate, tradimenti, ma anche ammiccamenti e sincera passione hanno sempre legato a doppio filo francesi e italiani.

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Gli imprenditori francesi (Bernard Arnault-LVMH, Vincent Bollorè-Vivendi) calano nella penisola, come Carlo VIII e Bonaparte, per impadronirsi dei nostri gioielli e tesori. La polizia francese rimanda in Italia gli immigrati che scappano dall’Africa.

Sono questi oggi i sentimenti di molti italiani. Non è la prima volta. Le baruffe italo-francesi degli scorsi anni sono soltanto l’ ultimo episodio di uno dei più lunghi feuilleton della storia europea. Abbiamo litigato per la Tunisia, quando la Francia ne fece un protettorato nel 1881 e cominciò a rosicchiare i diritti degli italiani (circa 22 mila) che erano allora la maggiore e più influente comunità straniera del Paese.

Abbiamo litigato negli anni seguenti, quando i caricaturisti francesi ritraevano Francesco Crispi nei panni del valletto che lucida gli stivali di Bismarck, e Crispi reagiva dichiarando alla Francia una guerra doganale. Abbiamo litigato per gli intrighi francesi a favore di Menelik negli anni della prima guerra d’ Africa. Abbiamo litigato per Nizza e per la Corsica che i nazionalisti italiani non cessavano di considerare terre irredente.

Quando l’ Italia fascista invase l’ Etiopia nell’ ottobre del 1935, Mussolini credette di poter contare sul tacito assenso della Francia, negoziato con Pierre Laval a Palazzo Farnese qualche mese prima; e considerò l’ ostilità di Parigi e le sanzioni un tradimento. Quando l’ Italia dichiarò guerra alla Francia il 10 giugno 1940, i francesi, non senza ragione, dissero di essere stati aggrediti con un «colpo di pugnale alla schiena». Ho accennato alle grandi crisi, ma l’ elenco delle baruffe minori non è meno impressionante. Quando l’ Italia degli anni Cinquanta del secolo scorso preferì, dopo lunghe esitazioni, il sistema televisivo tedesco (Pal) a quello francese (Secam), Parigi si arrabbiò.

Quando Gheddafi prese il potere nel 1969 e cacciò gli italiani, i primi aerei da combattimento per il nuovo regime furono quelli venduti dalla Francia. Quando la Fiat acquisì una parte importante di Citroën, alla fine degli anni Sessanta, il governo francese si dette da fare perché Agnelli lasciasse la presa. Quando Valéry Giscard d’Estaing, da poco eletto alla presidenza della Repubblica, propose la creazione di un grande direttorio economico mondiale, il progetto originale non comprendeva l’ Italia; e il G5 divenne G7 soltanto grazie ai buoni uffici degli Stati Uniti. Secondo un pittoresco modo di dire americano, per ballare il tango bisogna essere in due. Occorre in altre parole essere affiatati, coordinati, complementari. Fra Italia e Francia, invece, vi è stata spesso una evidente sfasatura politica e istituzionale.

L’unità della Penisola cominciò nel 1859 con la Francia e si concluse nel 1870 contro la Francia. Il Regno di Sardegna conquistò la Lombardia grazie a una vittoria francese (Solferino) e il regno d’ Italia conquistò Roma grazie a una sconfitta francese (Sedan). Per i cattolici del Secondo Impero e della Terza Repubblica l’ unità della Penisola fu al tempo stesso un errore, un rischio e una bestemmia.

Nei decenni seguenti i due Paesi sembrarono condannati a percorrere strade diverse. Mentre la Francia era democratica e repubblicana, l’ Italia era monarchica e conservatrice. Mentre la Francia ancora viveva nell’ amaro ricordo di una guerra perduta con la Prussia di Bismarck, l’ Italia era alleata della Germania. Mentre l’ Italia combatteva in Libia, nel 1912, i servizi italiani temevano che la Francia aiutasse i libici e fermavano nel Mediterraneo le navi francesi (una vicenda che finì di fronte al tribunale internazionale dell’ Aja).

Nel momento in cui il fascismo godeva del suo maggiore consenso, fra la conquista dell’ Etiopia e l’accordo quadripartito di Monaco, la Francia aveva governi socialisti e radicali. E mentre l’ Italia diveniva, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, una democrazia dei partiti, la Francia si affidava a un uomo, il generale de Gaulle, che li considerava un flagello nazionale ed era visto dalla maggioranza degli italiani come un pericoloso presidente in uniforme.

Mentre l’ Italia si avviava verso la creazione di uno Stato regionale, il successore di de Gaulle, Georges Pompidou, si serviva di ciò che era accaduto in Calabria per dimostrare ai suoi connazionali i meriti dello Stato centralizzato. Vi furono anche momenti di maggiore sintonia. Alcide De Gasperi e Robert Schuman si capivano perché parlavano la stessa lingua (il tedesco) e avevano per i loro Paesi una stessa speranza: l’ unità dell’ Europa. Bettino Craxi ammirava François Mitterrand e cercò di imitarne la strategia politica.

Passando a tempi più recenti, Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy avevano tratti comuni e andavano d’ accordo, ma né l’uno né l’altro amano condividere la scena con un comprimario. Renzi e Macron si piacevano e sarebbero diventati amici se l’italiano non avesse disperso il suo patrimonio di consensi, perdendo il governo del paese.

Non fanno eccezione neanche le scaramucce tra Meloni e Macron, che si inseriscono in una lunga tradizione di reciproca diffidenza ma in questo caso le conseguenze potrebbero essere più complesse perchè i due leader hanno portato a livello istituzionale una scontro epocale in corso tra populisti/sovranisti e elite/mondialisti.

Forse conviene ricordare, tuttavia, che vi sono sempre stati, nella storia dei rapporti italo-francesi, almeno due livelli. Sul primo livello, quello dei rapporti pubblici, ciascuno dei due rivela spesso il peggio di se stesso. La Francia è arrogante, spocchiosa, presuntuosa, vanitosa, condiscendente. L’ Italia è petulante, vittimista, molto più incline a ricordare gli sgarbi subiti che quelli di cui è personalmente responsabile.

Ma sul secondo livello i due Paesi si piacciono, si ammirano e si imitano con una sorta di reciproca gelosia. Oscar Wilde disse che gli inglesi e gli americani sono due popoli divisi dalla stessa lingua. Dell’Italia e della Francia si potrebbe dire che sono due Paesi divisi dai loro comuni difetti.

Informazioni su Marco Blaset 150 Articoli
Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.

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