L’agonia dei cinema, travolti dalla pandemia e dallo streaming non si sono mai ripresi

Nel weekend prima degli Oscar i cinema italiani censiti da Cinetel (circa il 95 per cento del totale) hanno incassato in totale 2,87 milioni di euro: il 62,8 per cento in meno rispetto a un analogo fine settimana del 2019, quando non c’era la pandemia. Lo stesso weekend gli incassi sono stati il 21 per cento in meno rispetto al precedente, quando a loro volta erano stati del 22 per cento inferiori rispetto al precedente, in netto calo rispetto a quello prima ancora. E anche quando tra gennaio e febbraio c’erano stati giorni, weekend e fine settimana migliori sono comunque e sempre stati piuttosto deludenti in termini assoluti.

In Italia, negli ultimi mesi, i cinema stanno continuando ad avere grandi problemi nell’attirare spettatori e generare incassi. I risultati sono quasi sempre molto lontani dall’irraggiungibile 2019, che era stato un anno di notevole crescita rispetto al precedente. Ma, cosa ancora più preoccupante, sono numeri in calo e deludenti anche rispetto ai nuovi e più bassi standard della pandemia. Nonostante nelle ultime settimane la situazione dei contagi sia molto meno critica rispetto al passato, nonostante la primavera e nonostante nei cinema ci siano un bel po’ di film, tra cui alcuni candidati all’Oscar e altri da cui ci aspettava risultati importanti.

Fatta eccezione per qualche sala che riesce a cavarsela meglio di altre, e fatta eccezione per quei pochi film come Batman o Spider-Man: No Way Home che in poco tempo – e per poco tempo – migliorano non di poco i risultati generali, la situazione è critica. È un problema, e non sembra essere destinato a risolversi a breve.

In Italia, gli incassi di marzo sono stati circa il 45 per cento inferiori rispetto a quelli del marzo 2019 (nel marzo del 2020 e del 2021, invece, i cinema erano rimasti chiusi). Fin qui, nel 2022, i cinema italiani hanno incassato 66,7 milioni di euro: meno della metà rispetto al 2020 (quando prima di chiudere i cinema avevano lavorato alcune settimane a pieno regime, peraltro con ottimi risultati) e il 60 per cento in meno rispetto al 2019. Ragionando per spettatori e non per incassi, nei primi tre mesi del 2022 sono stati venduti meno di 10 milioni di biglietti, il 57% in meno rispetto al 2020 e il 62% in meno rispetto al 2019.

È difficile fare confronti fra il 2020 e il 2021, due anni segnati dalla pandemia e da mesi di chiusura totale, ma in termini assoluti il 2021 era stato un anno peggiore rispetto al 2020, con una diminuzione degli incassi di circa il 7 per cento e una diminuzione delle presenze di poco meno del 12 per cento. Rispetto al 2019, nel 2021 gli incassi annuali totali erano diminuiti del 73 per cento.

Nel 2021, i cinema erano rimasti chiusi fino al 25 aprile, avevano riaperto a fatica tra coprifuochi e restrizioni varie, per gran parte dell’anno con la necessità di rispettare determinate regole per il distanziamento e la capienza limitata. Per alcuni mesi non avevano avuto grandi film da poter proiettare, e quando li avevano avuti spesso gli spettatori sapevano che di lì a poco sarebbero arrivati in streaming. Peraltro, i cinema nemmeno avevano riaperto tutti e subito: secondo i dati Cinetel, il 31 maggio 2021 gli schermi attivi in Italia erano poco più di duemila, il 39 per cento in meno rispetto allo stesso giorno del 2019.

Ora la maggior parte dei cinema italiani ha riaperto (gli schermi attivi sono più di tremila), eppure restano altri problemi, in Italia molto più che altrove. Secondo dati comunicati poche settimane fa dall’UNIC – l’ente che riunisce le associazioni dei cinema di tutta Europa e di cui fanno parte anche paesi come Israele e Turchia – nel 2021, negli oltre 30 paesi di cui raccoglie i dati, gli spettatori sono aumentati del 38 per cento rispetto al 2020 e gli incassi sono saliti del 42 per cento.

Sempre secondo UNIC, sono risultati «positivi», che «mostrano ampiamente la resilienza del settore e la voglia degli spettatori europei di tornare al grande schermo». Com’è ovvio, visto che la pandemia c’era dappertutto e qualche tipo di restrizione c’è stato quasi ovunque, anche a livello europeo sono risultati in netto calo rispetto al 2019 – il 57 per cento in meno a livello di incassi – ma almeno in netto miglioramento rispetto al 2021.

Tra i paesi i cui dati sono stati analizzati da UNIC, invece, l’Italia è uno dei pochi in cui tra 2020 e 2021 sono diminuiti incassi e biglietti venduti: solo in Estonia, Lettonia, Lituania e Slovacchia gli incassi sono scesi di più, in percentuale, rispetto a quello italiano. In Germania sono cresciuti del 25,8 per cento, in Spagna del 46,4 per cento e in Francia del 47,1 per cento.

È difficile comparare settimana per settimana, o anche mese per mese, incassi e spettatori in paesi diversi, perché molto dipende dal contesto di un paese (anche solo la presenza o meno di una determinata festività), dalla situazione della pandemia e dalla presenza di eventuali restrizioni, dall’arrivo o meno di un determinato grande film internazionale o dal fatto che in un paese ci sia un film nazionale che fa incassi fuori scala: per esempio quel che succede in Italia con i film di Checco Zalone. Si può però dire che nel 2021 pochi mercati cinematografici sono andati male come quello italiano, e che anche nella prima parte di questo 2022 le cose non sono cambiate.

Già a inizio marzo, alcune possibili ragioni di questo problema le aveva proposte il documentarista, regista e sceneggiatore Alessandro Rossi sulla rivista Il Mulino, in un articolo intitolato “L’ultimo spettacolo”. Anzitutto, Rossi ha parlato di un «sistema obsoleto», specie per quanto riguarda il modo in cui i film vengono distribuiti ai cinema, promossi e anche scelti e organizzati dai cinema stessi: «esce un film, lo chiedo all’agente di zona (spesso imploro che mi venga dato il film “di cassetta”), attacco due manifesti e aspetto il pubblico», ha scritto Rossi, che ha aggiunto: «non serviva la pandemia per rendere manifesta la fragilità anti storica di questo sistema».

Tra gli altri, Rossi ha poi parlato del problema delle cosiddette “finestre”, cioè i tempi minimi richiesti tra l’uscita di un film nei cinema e il suo arrivo in streaming o in tv. La pandemia, per evidenti ragioni, ha portato molti film pensati per il cinema a uscire solo online, oppure – da quando è stato possibile – online e allo stesso tempo nei cinema, oppure nei cinema e dopo poche settimane online. È ovviamente un problema per i cinema, che in breve vorrebbero vedere garantito il fatto che i film siano al cinema e poi, solo dopo mesi, altrove. Su questa faccenda, Rossi ha scritto:

Ora si chiede una legge che imponga finestre obbligatorie di esclusiva proiezione dei film in sala vedendo in questo una tutela dell’esercizio cinematografico e dei pochi schermi rimasti […]. Per legge si vuole costringere il cinema a stare dentro una scatola scomoda e vecchia. La Disney nemmeno li fa più uscire in sala i suoi film, Netflix usa la sala solo come vetrina per film pensati già per la sua piattaforma.

«Come si può pensare che una norma modifichi la trasformazione del sistema?», si è chiesto Rossi: «il cinema (quello con le poltroncine, il buio e il raggio di luce che fa zittire il pubblico) è uscito dalla testa degli italiani, vedremo cosa prenderà il suo posto».

È ovviamente questione di opinioni, perché c’è anche chi ritiene che la «scatola vecchia e scomoda» sia necessaria, oltre che giusta ed efficace: perché, di nuovo, è quel che ha permesso a un film come Spider-Man: No Way Home, uscito nel dicembre 2021, di incassare quasi due miliardi di dollari nel mondo, e quasi 25 milioni di euro in Italia. Ma è comunque evidente che la pandemia ha cambiato le regole del gioco, e che ha poco senso comportarsi come se non fosse così.

Sembra invece, almeno a livello di numeri assoluti, che il problema non stia troppo nella quantità e nella qualità di film usciti. Per quanto riguarda la qualità, c’era addirittura chi temeva che, proprio in questi ultimi mesi, ci sarebbe stato un cosiddetto “imbottigliamento” dovuto all’uscita, in poco tempo, di tanti importanti film rimasti bloccati a causa della pandemia. Un imbottigliamento che in realtà non c’è stato, tra le altre cose perché ancora devono uscire film che sarebbero dovuti uscire nel 2020 e che stanno aspettando il momento buono per farlo, minimizzando i rischi.

Inoltre, per tornare a guardare i dati Cinetel, tra il 2021 e gli anni prima della pandemia sono rimaste simili le quote di incassi dovute a produzioni italiane (circa il 20 per cento, comprese le coproduzioni) e statunitensi (il 57,9 per cento nel 2021 e il 64,8 per cento nel triennio tra il 2017 e il 2019). Anche il totale di film distribuiti in un anno in Italia è sceso, ma non in modo drastico: sono stati 353 nel 2021 ed erano stati 495 nel 2019. Anche se questi numeri totali dicono qualcosa del sistema in generale, alla fine sono pochi film importanti a determinare i risultati complessivi di un anno.

Nel 2019, il decimo film per incassi in Italia fu Dumbo, che incassò 11,2 milioni di euro. Nel 2021, il decimo film per incassi è stato invece Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, che si è fermato a 3,8 milioni di euro di incassi. Nel 2019, i film a superare la soglia del milione di spettatori erano stati 25. Nel 2021 solo quattro: No Way Home, Eternals, No Time To Die e Dune.

Qualcuno si chiede se, visti i nuovi numeri, le sale cinematografiche rimaste – nonostante le chiusure – non siano comunque troppe, e se a poter sperare di sopravvivere non siano solo quelle in certe zone, di certe dimensioni, grandi e collegate a tutta una serie di altre attività, o magari quelle capaci di distinguersi con un’offerta originale e un approccio creativo alla promozione. Secondo Rossi, «inevitabilmente il modello delle sale multi-schermo, da tempo affermato in Europa, ormai anche da noi è apparentemente l’unico modello possibile».

Un’altra questione, citata da Rossi e da altri che si pongono le stesse domande, riguarda il fatto che, forse, «al cinema ci andavano soprattutto gli anziani e quindi ora quel pubblico è perso forse per sempre». È però vero che a vedere No Way Home, Eternals, No Time To Die e Dune ci sono andati soprattutto i giovani.

Senza dubbio, ancora oggi, i cinema italiani sono stati penalizzati – così come altri settori, forse persino di più – dalle restrizioni. Qualche giorno fa ne ha parlato un comunicato di Mario Lorini, presidente di ANEC, l’associazione nazionale esercenti cinema:

A pochi giorni dall’annuncio del ritorno al consumo di cibo e bevande nelle sale cinematografiche, con la nuova road map degli allentamenti che seguirà la fine dello stato di emergenza il prossimo 31 marzo, il nostro settore sembra l’unico a non veder conclusa questa difficile fase. A fronte di un percorso di ripartenza molto faticoso, penalizzato in questi due anni da chiusure repentine e da misure sempre molto stringenti e penalizzanti, e malgrado aver costantemente dimostrato come i cinema siano luoghi sicuri nel completo rispetto delle regole in vigore, con un mercato che stenta ancora a riprendere il suo corso, con molti schermi a rischio chiusura, le misure approvate in CDM non prevedono per le sale nessun alleggerimento fino al 30 aprile.

Fino a questa data, infatti, per andare al cinema rimarrà l’obbligo sia di indossare la mascherina FFP2 che del green pass rafforzato. In tutti gli altri settori, invece, viene richiesta in alternativa la mascherina chirurgica (vedi ad esempio le discoteche, negozi, ristoranti, centri commerciali) o il green pass base (aerei, treni, bus).

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