L’offerta di Netflix è stata la più alta (82,7 miliardi di dollari) e ha sbaragliato la concorrenza di Paramount SkyDance e Comcast. Tra pochi mesi la Warner Bros. Discovery potrebbe finire sotto il controllo del leader mondiale dello streaming, fatto salvo il parere delle autorità antitrust.

Cosa ha comprato Netflix
Warner Bros. Discovery è uno dei primi gruppi mondiali del comparto media e intrattenimento, possiede i leggendari studios cinematografici Warner Bros, con un catalogo quasi infinito di film, il canale televisivo HBO, la piattaforma di streaming HBO Max. Restano esclusi dall’acquisizione tutti i canali documentaristici di Discovery.
Sull’operazione il Ceo di Warner Bros. Discovery David Zaslav ha dichiarato: “L’annuncio di oggi combina due delle più grandi aziende di storytelling al mondo per portare ancora più intrattenimento alle persone che lo amano. Da più di un secolo Warner Bros. ha elettrizzato il pubblico, catturato l’attenzione del mondo e modellato la nostra cultura. Combinandoci con Netflix, assicureremo che il pubblico di ogni logo continuerà a godere delle storie che risuoneranno anche nelle prossime generazioni”.
Cosa cambia adesso per il mercato dell’intrattenimento
Netflix è oggi il leader globale dello streaming per abbonati e capitalizzazione di mercato, «la più grande e influente compagnia a Hollywood», davanti persino a Disney. La fusione tra il suo catalogo e quello Warner–HBO concentrerebbe su un solo player una quantità senza precedenti di franchise e library, con un potere negoziale enorme sulle finestre di sfruttamento e sui compensi lungo tutta la filiera dell’audiovisivo.
Il nervo più scoperto, però, è quello delle sale. Negli ultimi anni Netflix ha ribadito con chiarezza la propria posizione: nel 2023 Ted Sarandos spiegava che «Portare la gente a teatro non è il nostro mestiere». Lo streamer ha finora puntato su uscite limitate e finestre molto corte, spesso di poche settimane, scontrandosi con le grandi catene come AMC che chiedono almeno 45 giorni di esclusiva. Non è un dettaglio, se si considera che sul tavolo di Netflix ci sono anche blockbuster potenziali come i futuri film DC o nuovi capitoli delle saghe più amate targate Warner Bros.
Non stupisce quindi che l’industria abbia reagito con forza. Il Directors Guild of America ha diffuso una nota dai toni inequivocabili: «La notizia che Netflix abbia ottenuto diritti esclusivi per negoziare per WBD solleva significative preoccupazioni per la DGA. Crediamo che un’industria vivace, competitiva — una che favorisca la creatività e incoraggi una reale concorrenza per i talenti — sia essenziale per salvaguardare le carriere e i diritti creativi dei registi e delle loro squadre. Incontreremo Netflix per illustrare le nostre preoccupazioni e comprendere meglio la loro visione per il futuro dell’azienda. Mentre portiamo avanti questa due diligence, non commenteremo ulteriormente».
In parallelo, un gruppo di grandi produttori ha scelto la strada della pressione politica, inviando al Congresso una lettera aperta rimasta anonima per paura di ritorsioni e firmata come «produttori preoccupati per il futuro», spiegando di averla lasciata senza nomi «non per codardia». Nella missiva si paventa il rischio che Netflix arrivi a «distruggere» il mercato dei film per il cinema accorciando drasticamente o eliminando del tutto la finestra theatrical per i titoli Warner Bros., magari ridotta a due sole settimane prima dell’approdo su un’unica maxi-piattaforma Netflix–HBO Max.
Secondo gli autori, la nuova entità «terrebbe di fatto un cappio intorno al mercato cinematografico», con la forza per spingere sempre più contenuti verso lo streaming e comprimere i compensi nelle finestre successive. Per questo i membri di Camera e Senato vengono sollecitati a prendere pubblicamente posizione contro l’acquisizione e a garantire «il massimo livello di scrutinio antitrust», ricordando che in gioco non ci sono solo i bilanci delle major, ma milioni di posti di lavoro e il futuro di una forma d’arte.
Per ora la palla è nelle mani delle autorità antitrust, chiamate a valutare se un colosso dello streaming possa diventare anche il custode di alcune delle saghe cinematografiche più importanti della storia. Se l’accordo dovesse andare in porto, la domanda chiave per chi ama il grande schermo sarà una sola: in un mondo in cui Stranger Things e Harry Potter vivono davvero sotto lo stesso tetto, quanto spazio resterà alle sale per raccontare queste storie prima che finiscano dentro un’unica app?

Commenta per primo