Chernobyl: anatomia di un disastro che ha cambiato il mondo

La serie televisiva Chernobyl prodotta da HBO e trasmessa su Sky è un successo planetario anche e soprattutto per la ferocia di alcune scene. Nonostante la fiction riesca spesso a riprodurre la realtà, il disastro nucleare su cui la serie si basa fu talmente devastante che, per chi lo ha vissuto, le sequenze e i piani scena non riescono a rendere la portata della tragedia.

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L’esplosione generò un’onda enorme di emozione e una serie conseguenze (sanitarie, politiche, energetiche) la cui gittata non è ancora finita a 35 anni di distanza.

La sequenza dei fatti che hanno portato al disastro

Per capire cosa è successo, analizziamo la sequenza dei fatti. La notte del 26 aprile 1986 alle ore 1.23 il reattore n.4 della Centrale Nucleare V.I. Lenin in Ucraina esplose in seguito ad un test eseguito contro i protocolli di sicurezza. Il disastro fu classificato al 7° livello della scala INES, il più alto.

Il materiale radioattivo contaminò pesantemente una vasta zona dell’Ucraina del Nord e buona parte dell’intero territorio della Bielorussia.

L’area nel raggio di 30 Km dalla centrale venne evacuata e sottoposta a pesanti e drammatici interventi di bonifica. Tutt’oggi è una zona chiusa e sorvegliata dall’esercito: la Zona di Esclusione di Chernobyl.

L’impatto dell’incidente è stato devastante: la nube radioattiva ha raggiunto molti paesi europei (Italia inclusa), per arrivare fino alle coste del Nord America.

I primi a morire furono 3 tecnici che stavano lavorando nell’unità del reattore esploso. A seguire tra i 1057 soccorritori, pompieri, medici e poliziotti, 134 contrassero la Sindrome da Radiazione Acuta. Di questi 28 morirono nelle ore, giorni e mesi successivi e 19 negli anni a venire.

Alcuni di loro, soprattutto i primi pompieri intervenuti subito dopo l’incidente, furono trasferiti nell’Ospedale N.6 di Mosca. Il piano che ospitava il tenente Vladimir Pravik, comandante della squadra dei pompieri della Centrale di Chernobyl, venne isolato.

Furono chiusi anche i piani sopra e sotto le stanze delle persone contaminate. Il tenente Pravik, il sergente Vasily Ignatenko e tutti i ragazzi che erano in squadra con loro morirono uno dopo l’altro

Il racconto della moglie Lyudmila Ignatenko, nella preziosa intervista che il premio Nobel per la letteratura Svetlana Aleksievic riporta nel suo libro “Preghiera per Chernobyl“, è la migliore testimonianza di quanto straziante possa essere stata la sofferenza di quei ragazzi.

Dopo la morte i loro corpi in alta uniforme furono messi in diversi sacchi, chiusi in una bara di zinco e sepolti al Cimitero Mitinskoe di Mosca, in delle vasche di cemento spesso: di fatto erano considerati alla stregua di un rifiuto radioattivo, e quindi come tali furono trattati. Il piano dell’ospedale che li aveva ospitati fu ristrutturato da cima a fondo, furono cambiati i pavimenti, le vernici alle pareti, gli arredi.

Negli anni successivi la gente continuò a morire. Le malformazioni cominciarono a diffondersi come una piaga sia nei bambini che negli animali.

I rapporti ufficiali parlano di oltre 4.000 vittime direttamente imputabili ai fatti di Chernobyl, quello di Greenpeace del 2006 stima circa 6 milioni di morti per cause riconducibili al disastro. Le conseguenze sulla salute continueranno a manifestarsi ancora nell’arco dei prossimi 100 anni.

Come è successo l’incidente

L’esplosione del Reattore n. 4 fu causata da una serie di errori di progettazione insiti nell’impianto stesso, misti ad una serie di negligenze e di omissioni da parte del personale della sala di controllo.

Quella notte era in corso un esperimento sul reattore. Una centrale nucleare per produrre energia elettrica ha bisogno a sua volta di energia elettrica, soprattutto per mantenere in circolo l’acqua di raffreddamento.

Un reattore è come una grossa pentola a pressione, il rischio è che aumentandone troppo la temperatura interna la pressione del vapore diventi talmente alta da portare ad una esplosione.

Il test venne condotto disattivando tutti i controlli automatici di sicurezza, contro il regolamento ed il manuale d’uso. Inoltre il reattore venne portato ad uno stato di pericolosa instabilità.

Si voleva verificare se l’impianto fosse  stato in grado di rimanere autonomo anche in caso di interruzione dell’alimentazione elettrica, sfruttando l’inerzia del gruppo alternatore-turbina per generare corrente elettrica sufficiente a mantenere in funzione le pompe di circolo dell’acqua di raffreddamento. In questo modo si sarebbero ridotti i tempi morti in attesa dell’entrata in funzione dei generatori ausiliari, aumentando quindi la sicurezza dell’impianto.

Gli operatori Akimov e Toptunov estrassero infatti tutte le barre di controllo, lasciandone inserite solo 7 contro le 30 prescritte dai manuali come minimo assoluto per l’operatività di un reattore RBMK-1000.

Lo stesso Akimov cercò di opporsi all’esecuzione del test, contestando che le manovre ordinate erano contro le misure di sicurezza e contro quanto impartito nei training, ma Anatolij Stepanovič Djatlov, vicecapo della Centrale e supervisore del test, era intenzionato ad eseguire l’esperimento ad ogni costo e usò tutta la sua autorità per spingere affinché il test fosse eseguito e arrivò perfino a minacciare Akimov di licenziamento.

Secondo i rapporti gli ingegneri in servizio quella notte non avevano, tra l’altro, una sufficiente esperienza sui reattori con i quali stavano operando. La situazione andò in breve tempo fuori controllo, in un rapidissimo succedersi degli eventi la pressione nel reattore diventò altissima e le piastre di piombo della copertura saltarono.

Si verificarono quindi delle esplosioni di idrogeno che scoperchiarono completamente il reattore, lanciando in ogni direzione pezzi di combustibile nucleare e barre di controllo incandescenti.

Enormi quantità di vapori e polveri radioattive si liberarono nell’atmosfera, il rilascio di radiazioni fu stimato 400 volte superiore a quello avvenuto nelle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki.

Chi lavora a Chernobyl? Ci sono ancora operai?

Le attività lavorative intorno alla centrale non sono mai cessate. Gli operai hanno un contratto, indossano un dosimetro, e periodicamente viene fatta una revisione del loro stato di salute.

Se la dose di radiazione assorbita è più alta del dovuto è colpa tua che non hai rispettato le norme di sicurezza e quindi il tuo contratto non viene rinnovato. Se ti ammali il tuo contratto non viene rinnovato. Così capita spesso che le persone cerchino di nascondere perfino le malattie pur di non perdere il lavoro.

Oggi è stata creata una nuova città per gli operai di Chernobyl, si trova appena fuori dalla Zona e si chiama Slavutych. Un treno collega la centrale con Slavutych, passando senza fermare per una striscia di territorio bielorusso.

Quello del 1986 non fu l’unico incidente a Chernobyl

Dopo il disastro di Chernobyl vennero fuori diverse storie, per cui si scoprì che nella stessa centrale già il 9 settembre del 1982 si era verificato un incidente con rilascio di sostanze radioattive al Reattore n.1, in seguito riparato e rimesso in funzione.

La centrale continuò ad operare fino al 2000. I tre reattori non danneggiati tornarono presto operativi. Nonostante la forte contaminazione del luogo gli operai della centrale continuarono a lavorarci per molti anni.

Nel 1995 si verificò un altro incidente al Reattore n.1, un’avaria al sistema di raffreddamento causò un rilascio di sostanze radioattive classificato ad un livello 3 della scala INES (la scala di gravità degli incidenti nucleari, come detto in precedenza il massimo è 7 ed è stato raggiunto a Chernobyl nel 1986 e a Fukushima nel 2011). Gli operai addetti alla manutenzione rimasero contaminati.

Il Reattore n.1 fu spento il 30 novembre del 1996. L’11 ottobre 1991 divampò un incendio nell’unità del Reattore n.2 che ne uscì irreparabilmente danneggiato e per questo fu definitivamente arrestato. Il Reattore n.3 continuò ad operare fino al 15 dicembre 2000, quando cessò definitivamente la produzione. Il Reattore n.4 è storia.

Le conseguenze del disastro

A seguito dell’incidente molti paesi decisero di abbandonare l’energia nucleare. In Italia fu fu indetto un referendum che fu stravinto dai sostenitori della chiusura delle centrali.

Per anni si è discusso se l’esito di quel referendum, svolto sull’onda dell’emozione, non avesse privato l’Italia di una fonte di energia strategica e a basso costo.

Il disastro nucleare di Fukushima del 2011 ha scritto la parola “fine” sul dibattito in corso.

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