La società è in continua fibrillazione e quasto induce ad alcune riflessioni sulla nuova generazione di piccole donne che si sta affacciando alla vita, ma che sta ancora percorrendo la pre-adoloscenza. Il riferimento è soprattutto per i “figli degli anni 2000” che tra luci ed ombre sono i più esposti dalle scelte delle generazioni precedenti.
La condizione privilegiata di mamma in questo mi agevola nell’analisi del fenomeno. A parte le turbolenze ormonali a cui noi genitori siamo sottoposti, come gli sbalzi d’umore o pianti improvvisi dopo un semplice rimprovero, si può restare stupiti della capacità di sopravvivenza delle giovanissime.
La tendenza dei media di presentare la donna in generale è sempre quella da almeno 30 anni: la bellezza è sempre magra, truccata, succinta, insomma sempre al top. Mi sono accorta che questo modello si è radicato in tante donne e questo sta creando altrettante piccole sosia con lo stesso stampo. L’attuale momento storico non è favorevole perché oggi le famiglie non hanno la capacità economica di dieci anni fa e l’insofferenza del “non poter avere” sta producendo il fenomeno del bullismo e del teppismo al femminile. L’adulto non è preparato per frenare la bramosia che lo attanaglia da sempre: lo status simbol. Gestire il no perché non si può è difficile, ancor di più se non si è mai vissuto un momento di difficoltà economica nella propria vita.
Ma lo status deve essere mantenuto, a costo di calpestare valori. A costo di indossare la maglietta aderente, si salta il pranzo alla mensa della scuola. A costo di avere qualcosa che la mamma non comprerebbe, meglio farlo “scivolare” nella borsetta. A costo di avere la ricarica, quasi quasi prometto di inviare una foto particolare… ma si scivola in un altro argomento.
Nella provincia dove si lavorava a testa bassa poi a casa e la domenica la messa, gli adulti sono fagocitati da problemi che sono diventati più grandi di loro stessi mentre l’attenzione per l’educazione dei giovanissimi ha perso il valore che ricopriva (tutte le famiglie hanno problemi.)
Quando sentiamo casi di bullismo al femminile inorridiamo sì, ma ci consoliamo perché capita nelle grandi città e quasi sempre ad opera di bande di ragazze immigrate (i media offrono una panoramica a senso unico del fenomeno). Invece sono fuori dalle nostre case, anche quelle di provincia. I discorsi di appartenenza si sprecano di fronte alle “amiche per sempre” che durano una settimana o alla felpa della marca di grido, pur di far parte di quel determinato gruppo.
Si fa presto a essere il bersaglio ideale per lo sfogo di desideri repressi. Alcune si possono ritrovare ad avere paura di uscire da sole per la paura di ritrovare il gruppetto dietro l’angolo pronta ad additare e sbeffeggiare la vittima. La tecnologia, se da una parte alleggerisce la comunicazione, dall’altra è lo strumento più rapido per denigrare e offendere. Un esempio? WhatsApp, che viene utilizzato anche per inviare messaggi vocali farciti di improperi indicibili. Facebook contribuisce e dà voce a giovani internaute in provetta convinte che la piazza virtuale dia quella visibilità che altrimenti non avrebbero. Eppure prima dei 13 anni non ci si può iscrivere. La verità sta sempre nel mezzo.
Le politiche per la famiglia ahimè non supportano affatto il carico educativo. La scuola, pur con mezzi dimezzati, cerca di fare del suo meglio, ma non è mai abbastanza. I centri di aggregazione danno solo riparo laddove c’è una casa vuota. Le attività sportive disciplinano per un arco di tempo limitato alla propria offerta. Insomma, di tutto ciò che circonda una giovane donna, nulla sembra offrire abbastanza per crescere in armonia nella società. Una società equilibrata avvia i propri membri ad un ruolo specifico, utile e concatenato con gli altri. Nessuno si deve sentire meno di qualcun altro.
Mi viene in mente l’esempio di Malala: con pochi strumenti ma con tanta determinazione è possibile alimentare la cultura e i valori di fondo che rendono libere le donne -giovanissime e non- di decidere consapevolmente di fare la casalinga e non di meno di chi preferirà puntare a fare l’A.D. di un grande gruppo internazionale. La cultura rende liberi tutti, sempre.
Commenta per primo