Consumo di suolo e rischio sismico, l’Italia al primo posto in Europa. Quali soluzioni?

Quando sono le case a inquinare, si deve agire sulle città puntando su un’urbanizzazione sostenibile, perché proprio gli ambienti urbani subiscono le ripercussioni dei cambiamenti climatici. Consumo di suolo, rischio sismico, consumo energetico sono i tre driver che rendono necessaria un’azione integrata per riqualificare il patrimonio immobiliare esistente.

L’Italia, infatti, è ai vertici europei per consumo di suolo con una percentuale di territorio coperta artificialmente che raggiunge il 7,6 percento del totale (con picchi di oltre il 12 percento in Veneto e Lombardia) a fronte di una media UE del 4,1 percento. Circa 500mila edifici in muratura portante o in calcestruzzo armato realizzati prima del 1980 non soddisfano gli attuali standard antisismici. Il 71,5 percento degli edifici localizzati in 648 comuni ad alto rischio sismico è considerato potenzialmente vulnerabile. Infine, il 28 percento del consumo energetico finale è dovuto agli edifici contro una media UE del 16,9 percento (The European House – Ambrosetti 2017).

Il consumo di suolo è uno dei problemi più attuali e urgenti. Ne parliamo con Pasquale Salvatore, referente nazionale della Rete delle Professioni Tecniche nel Progetto europeo Soil4Life per la gestione sostenibile del suolo e Consigliere della Fondazione Geometri Italiani.

I dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) sul consumo di suolo in Italia evidenziano una situazione molto preoccupante. In cinque anni, il suolo destinato all’urbanizzazione nel nostro Paese è aumentato di 2.117 ettari l’anno, come 2.640 campi di calcio. Secondo il rapporto 2018 dell’Ispra, dal 2012 al 2017, in Italia il consumo di suolo per uso urbano è aumentato dello 0,64%. Il consumo di suolo per uso naturale è aumentato dello 0,12%, mentre quello per uso agricolo è diminuito dello 0,17%.

Di qui l’importanza del progetto Soil4Life. Ce ne parla?

È un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea nel programma LIFE 2014-2020, che si sviluppa in circa tre anni, fino a marzo 2022, con partner italiani, francesi e croati per promuovere l’uso sostenibile del suolo quale risorsa strategica, limitata e non rinnovabile, attraverso azioni e politiche concrete, supportate da analisi e dati che permettano di monitorarne lo stato ecologico. Capofila è Legambiente Onlus con diversi partner e il supporto di INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e RPT (Rete delle Professioni Tecniche). In linea con l’impegno sottoscritto dai Paesi Europei al tavolo delle Nazioni Unite, aderendo agli obiettivi globali di sostenibilità (Sustainable Development Goals – SDG), Soil4Life vuole favorire e massimizzare l’erogazione di servizi ecosistemici (inclusi quelli produttivi) senza peggiorare (e dove necessario, migliorando) la matrice suolo nelle proprietà chimiche, fisiche e biologiche. In definitiva, il progetto persegue l’applicazione delle Linee Guida Volontarie per la Gestione Sostenibile del Suolo promosse dalla FAO.

In che modo si cercherà di raggiungere gli obiettivi?

Tra le fasi in cui si articola il progetto, è prevista una “Campagna di sensibilizzazione per tecnici/professionisti”, coordinata dal gruppo di lavoro del Politecnico di Milano con ISPRA e Legambiente, rivolta ad alcune figure professionali (ingegneri, architetti, agronomi e forestali, geologi, geometri), che nel loro lavoro (dipendente o liberi professionisti) possono contribuire concretamente alla riduzione del consumo di suolo favorendone un uso sostenibile con l’adozione di idonee pratiche/tecniche. Il percorso partecipato porterà alla predisposizione di “Linee Guida Volontarie per la Tutela del Suolo destinate a tecnici e professionisti”, anche con riferimento ai Criteri ambientali minimi (CAM) dell’edilizia che disciplinano l’utilizzo dei materiali edili e il loro trattamento.

In sostanza, si tende a coinvolgere il maggior numero di professionisti dell’area tecnica?

Il progetto Soil4life prevede la realizzazione di un ciclo di iniziative formative (moduli didattici, seminari, convegni, workshop) interdisciplinari con gli Ordini/Collegi professionali. Tre i moduli tematici principali: tutela del suolo e degli habitat naturali; quadri normativi sulla tutela e valori del suolo; specifiche tecniche per la limitazione, mitigazione e compensazione delle trasformazioni d’uso del suolo. Ogni modulo sarà anticipato dalla presentazione delle “Linee Guida per la Tutela del Suolo” che saranno poi condivise e sottoscritte dai partecipanti ai corsi.

Insomma, è sempre più evidente che la transizione energetica e l’economia circolare passano attraverso il mondo dell’edilizia e delle professioni tecniche?

La riqualificazione del patrimonio edilizio non solo consente di individuare, attraverso competenti e formate figure tecniche professionali, le soluzioni più adatte per realizzare quel mix di qualità della vita, sicurezza dell’abitare, minori spese di gestione e agevolazioni fiscali, ma è anche uno dei pochi driver, se non il principale, per far uscire dalla crisi economica il Paese. Quello che occorre è un cambio di mentalità e approccio. Non più realizzazione di nuovi fabbricati su un territorio sempre più ampio, ma riqualificazione e rigenerazione del patrimonio edilizio nell’abitato esistente. Anche mediante demolizione, se necessaria a migliorare i centri urbani. Edifici, strade, piazze, parchi sono tutti elementi che compongono l’habitat antropizzato. Ovviamente i processi necessari a una rigenerazione urbana sostenibile (Ri.u.so) hanno come obiettivo finale il miglioramento della qualità dell’abitare, partendo dalla salubrità degli ambienti dove si vive: dalle abitazioni alle scuole, dai luoghi di lavoro a quelli di svago e di socializzazione. Il confort abitativo corrisponde a una condizione di benessere rappresentata da quattro parametri: temperatura, qualità dell’aria, acustica e luminosità.

Un processo che avrà anche importanti ricadute occupazionali?

La realizzazione degli interventi, necessari a ottenere i risultati attesi e coerenti con uno sviluppo sostenibile, ha sicuramente una ricaduta occupazionale in tutti gli ambiti lavorativi e anche maggiore rispetto alle “semplici” realizzazioni ex novo: dalle industrie produttrici di materiali per l’edilizia, alle imprese che eseguono le opere, dal mondo della ricerca universitaria, a quello professionale dei tecnici che progettano e dirigono i lavori. I profili necessari sono i più svariati, dai meno qualificati, ma indispensabili in tutte le fasi produttive, a quelli più specializzati, in grado di utilizzare tecniche e attrezzature altamente tecnologiche, con enormi ricadute sui giovani, più adusi alle innovazioni.

Non si guarda però al singolo professionista, ma in linea con l’Europa, a una rete delle professioni tecniche?

Le tematiche ambientali, per la loro complessità, vanno affrontate in modo interdisciplinare. Occorre coniugare saperi e competenze su materie diverse per dare risposte complete alla committenza e ottenere il miglior risultato in termini di benefici sulla qualità della vita. Il professionista tecnico deve adeguare il modo di svolgere la propria attività e interagire con altri soggetti lavorando in sinergia per costituire le reti professionali. È, quindi, indispensabile una legislazione snella e adeguata alle esigenze di una moderna società, che stimoli e sostenga le nuove forme di aggregazione e la diffusione di modelli innovativi. Purtroppo, l’attuale modo di legiferare in Italia non è orientato a tali principi e spesso le norme sono difficilmente applicabili; la tanto auspicata semplificazione resta solo un’enunciazione di principio o un buon proposito.

Tra le figure da formare i professionisti dell’energia: l’energy manager

L’energy manager è il professionista che interviene in determinati contesti, abbastanza complessi e previsti da una normativa specifica. Per uno sviluppo sostenibile, rispettoso dell’ambiente, è necessario formare e aggiornare tutti i professionisti dell’area tecnica: dal pubblico al privato, a servizio dei cittadini. Il patrimonio immobiliare privato è quello che incide di più nei consumi di energia. Gli edifici definiti “energivori” costituiscono la maggioranza del costruito per cui è indispensabile intervenire su tutti gli stabili, dai più piccoli, monofamiliari, ai fabbricati in condominio. Un cambio di mentalità non semplice; i professionisti dell’area tecnica hanno un importante e delicato ruolo di informazione finalizzato a rendere fruibili a tutti concetti e notizie spesso complessi, inerenti campi diversi (fiscale, economico, tecnico) che incidono sulla sfera organizzativa della vita di ciascun cittadino.

Nicolo Sartori
Informazioni su Nicolo Sartori 58 Articoli
Nicolò Sartori è senior fellow e responsabile del Programma Energia dello IAI (Istituto Affari Internazionali), dove coordina progetti sui temi della sicurezza energetica, con particolare attenzione sulla dimensione esterna della politica energetica italiana ed europea.. La sua attività si concentra in particolare sull’evoluzione delle tecnologie nel settore energetico. Ha lavorato inoltre come Consulente di Facoltà al NATO Defense College di Roma, dove ha svolto ricerche sul ruolo dell’Alleanza Atlantica nelle questioni di sicurezza energetica.

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