Libia, si avvicina il voto dopo l’intesa tra Sarraj e Haftar. I punti chiave di un momento storico

I due uomini forti della Libia – il capo del Governo di accordo nazionale (Gna) Fayez al Sarraj e il comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) Khalifa Haftar – si sono incontrati il 27 febbraio ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, dove hanno rilanciato l’impegno a favorire la convocazione di “elezioni generali” per porre fine alla crisi.

L’intesa, annunciata dalla missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), riguarda anche un percorso condiviso per “mantenere la stabilità” nel paese e “unificarne le istituzioni”.  Inizialmente i pochi dettagli emersi sull’accordo di Abu Dhabi sono stati illustrati dal portavoce di Sarraj, Mohammed al Sallak, il quale ha precisato che non è stata fissata alcuna data per le consultazioni.

In precedenza le parti si erano impegnate a tenere elezioni presidenziali e legislative entro la fine del 2019, senza tuttavia chiarire con quali regole. Allo stesso modo, non è stato posto alcun termine temporale per l’organizzazione dei due appuntamenti cruciali in vista del voto: la conferenza nazionale fortemente voluta dall’inviato speciale dell’Onu Ghassan Salamé e il referendum sulla bozza della Costituzione approvata dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk (documento che, tra le altre cose, stabilisce che il futuro presidente della Repubblica sarà anche il comandante supremo delle Forze armate).

Questioni chiave

Due i nodi di grande importanza per il futuro assetto istituzionale della Libia. Da una parte, la composizione del Consiglio presidenziale sulla quale da diversi mesi la Camera dei rappresentanti di Tobruk e l’Alto Consiglio di Stato di Tripoli cercano senza successo di trovare un’intesa. I colloqui sono incentrati sulla riduzione del numero dei membri del Consiglio presidenziale da nove a tre, ciascuno in rappresentanza di una delle tre maggiori regioni del paese (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan). Dall’altra parte, la creazione di una struttura di comando delle forze armate sulla quale gli ufficiali di Tripoli e Bengasi hanno da tempo instaurato un dialogo. Si tratta di una questione chiave per inquadrare il futuro ruolo del generale Haftar.

Intese vaghe

Secondo Sallak, nel corso dell’incontro ad Abu Dhabi il generale Haftar ha accettato che “la Libia sia governata da politici e non da militari”, convenendo inoltre con Sarraj sull’assunto che “non esiste soluzione militare alla crisi”. Il comandante dell’Lna, sempre stando al portavoce di Sarraj, avrebbe anche promesso di salvaguardare l’incolumità dei lavoratori degli impianti petroliferi del paese e di porre fine alla “guerra mediatica” in corso sull’asse Tripoli-Bengasi. I termini delle intese annunciate dopo l’incontro di Abu Dhabi appaiono tuttavia piuttosto vaghi e va registrato il silenzio assoluto sul vertice mantenuto dall’entourage di Haftar, che in simili occasioni in passato era stato invece particolarmente loquace.

Scenari in mutamento

Quello negli Emirati è stato il primo confronto tra Sarraj e Haftar dal novembre dello scorso anno, quando i due avevano partecipato alla Conferenza per la Libia organizzata dal governo italiano a Palermo. Da allora, tuttavia, lo scenario libico è mutato sensibilmente, soprattutto in ragione dell’offensiva nella regione del Fezzan, nel sud del paese, avviata dalle forze dell’Lna a partire dallo scorso gennaio. Nelle ultime settimane sono finiti sotto il controllo degli uomini di Haftar il capoluogo del Fezzan, Sebha, e i campi petroliferi di Sharara ed El Feel. È notizia della scorsa notte che l’offensiva si sia spinta fino alla città di Ghat, al confine con l’Algeria, nell’estremo ovest della Libia. Le operazioni militari dell’Lna, favorite da contingenti alleanze con forze tribali e gruppi di mercenari stranieri, hanno permesso a Haftar di prendere il controllo dei quasi tutti i territori meridionali del paese. Ed è difficile che il generale non abbia fatto valere tale realtà dei fatti al tavolo dei negoziati con Sarraj.

Occidente compatto

Gli impegni a medio-lungo periodo intrapresi dai leader libici si sono spesso scontrati in passato con l’estrema fluidità della situazione sul terreno. Stavolta, tuttavia, va registrato come l’Occidente sia stato (almeno apparentemente) compatto nell’accogliere con favore quanto avvenuto negli Emirati. La sera del primo marzo, i governi di Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti hanno diramato una dichiarazione congiunta nella quale si valuta “positivamente” l’annuncio di Unsmil. “Accogliamo con favore la leadership esercitata dalle Nazioni Unite nel convocare l’incontro tra il primo ministro Sarraj ed il comandante dell’Lna Haftar del 27 febbraio e apprezziamo gli sforzi del governo degli Emirati Arabi Uniti nel facilitare questo dialogo”, si legge. “Valutiamo positivamente l’annuncio di Unsmil che un accordo politico potrebbe essere raggiunto sull’esigenza di porre termine alla fase di transizione in Libia attraverso elezioni generali e sui modi per mantenere la stabilità nel paese ed unificare le sue istituzioni. Consapevoli che la soluzione in Libia non può essere di tipo militare – conclude la dichiarazione – invitiamo tutti i libici a lavorare costruttivamente con l’inviato speciale dell’Onu Salamé e a cogliere questa opportunità vitale per realizzare un governo stabile e unificato che possa provvedere alla sicurezza e alla prosperità di tutti i libici”.

Informazioni su Marco Blaset 150 Articoli
Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.

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