La crisi dei mercati ha gettato nello scompiglio gli investitori privati; non c’è più una guida a dettare i tempi dell’investimento e quello che fino a qualche anno fa sembrava un’opportunità, oggi viene prima di tutto vista come una fonte di rischio.
Il rischio, quindi, è il nuovo nemico numero uno dell’investitore, costretto a spiegarsi perché il gestore dei suoi risparmi ha preso posizione sull’azionario e, mediamente ha perso, ha preso posizione sull’obbligazionario e ha perso e, per ultimo ha diversificato sul dollaro e ha perso anche lì.
Solitamente i mercati finanziari sono stimolati da inflazione e tassi di interesse e sono proprio queste due variabili che, ultimamente, ne hanno condizionato negativamente alcuni assets e positivamente altri che, in rapporto causa-effetto, interagiscono continuamente tra loro attivando il meccanismo dei vasi comunicanti; per meglio dire che le risorse finanziarie vanno verso gli strumenti più redditizi e fuggono da quelli meno paganti ed è proprio questa frenetica variabilità degli umori degli investitori istituzionali, a volte inspiegabile, che determina sconquassi rendendo sempre meno sopportabile l’avversione al rischio, pur in presenza di evidenti opportunità.
Non sono pochi gli investitori che vivono a compartimenti stagni i mercati finanziari, perdendo così di vista quello che succede nel mercato delle materie prime, piuttosto che dei cambi; riteniamo, quindi, che possa essere gradita una spiegazione, senza pretese operative, che soddisfi quanti non si danno ancora una risposa sullo stato della crisi che, a nostro modo di vedere, è lungi dall’essere risolta, rimanendo passivamente in attesa dei tempi che verranno.
Dopo la manovra, conti deposito alla riscossa. Per chi in tempi di crisi non sa dove allocare i propri risparmi, quali potranno essere le forme di investimento a cui fare ricorso? I conti liquidità sono stati già eletti, da più parti, come il rifugio sicuro in un periodo di turbolenza finanziaria da cui non si riesce ad uscire. Dunque, la risposta è semplice e a portata di mano: i conti liquidità, nati per investire le disponibilità in eccesso senza incappare in grossi rischi. Vincolati o liberi che siano, offrono tassi d’interesse superiori a quelli offerti dai conti tradizionali. E’ come se lo stesso Governo avesse indicato ai risparmiatori la via da seguire visto che la manovra finanziaria ha favorito quegli strumenti che, fino a ieri, erano tassati al 27% passando adesso ad un’aliquota del 20%. Un provvedimento contenuto nel disegno di legge delega (ancora da definire) che darebbe ulteriore slancio ai conti deposito.
Un altro ingrediente che favorisce i conti deposito è l’ultimo aumento dei tassi della BCE, all’1,5%, che ha costretto le banche a rivedere al rialzo i rendimenti offerti. Sui depositi vincolati a 24 mesi, gli investitori più attenti potranno ottenere anche un rendimento del 4,04% lordo annuo, che in base a quanto apportato in termini di tassazione nazionale sui rendimenti, varrebbe un 2,9% annuo netto. Il progetto di legge delega ancora in via di definizione dovrebbe prevedere una diminuzione della tassazione al 20% di tale aliquota, questo alzerebbe il rendimento annuo netto al 3,23%, considerato di tutto rispetto: basti pensare che l’inflazione attualmente viaggia intorno al 2,7%, (secondo quanto rilevato dall’ l’Istat nel mese di giugno); dunque se la tassazione dovesse scendere al 20%, il rendimento reale netto resterebbe comunque positivo dello 0,5% su base annua.
Ora resta solo da verificare se questo, in divenire, sarà veramente possibile o se i miraggi di guadagni dureranno solo un tempo limitato visto che con il trasferimento, più che probabile di consistenti masse di liquidità sui conti deposito, le banche avranno tutto l’interesse a ridurre i rendimenti.
Franco svizzero, termometro dell’incertezza dei mercati. La caccia al franco svizzero è ormai aperta da giorni… anzi da mesi. L’allargamento del problema debito in Europa e i timori di contagio stanno facendo scappare gli investitori dagli strumenti più rischiosi, dirottandoli verso quelli considerati “più sicuri”. Sul mercato valutario è il franco svizzero ad indossare la corona di valuta rifugio, sin dalla notte dei tempi. La divisa elvetica, infatti, viene ormai considerata il miglior bene rifugio di questo periodo storico insieme all’oro.
La presentazione è breve ma efficace: la valuta confederale è la sesta moneta più trattata nel mercato internazionale dei cambi (Forex) e la quinta in termini di riserve. Tale merito se l’è guadagnato nel corso della storia, visto che la politica estera della Svizzera è improntata alla neutralità da ben cinque secoli. Lo scudo crociato è considerato molto forte grazie anche ad un governo stabile e ad un’economia tra le più prospere al mondo, con conti pubblici in perfetto ordine e un tasso di disoccupazione appena al 3%. Il surplus nel conto delle partite correnti, inoltre, sta ad indicare che il Paese non necessita di capitali esteri per finanziare il deficit commerciale.
Ogni giorno il franco svizzero registra nuovi massimi storici contro le principali divise internazionali, sintomo dell’avversione al rischio degli investitori in un momento in cui si teme per la ripresa economica mondiale. Calcolatrice alla mano possiamo evidenziare come il cambio EUR/CHF abbia perso nell’ultimo anno il 15% del proprio valore (il 6,6% da inizio 2011) mentre quello USD/CHF ha lasciato il 22% (il 12% da inizio anno).
Stando a questi ritmi di deprezzamento, gli esperti ipotizzano che il rapporto euro/franco svizzero possa arrivare addirittura alla parità mentre il rapporto con il dollaro possa scivolare sino a 0,70. Questi livelli, però, potrebbero provocare delle ripercussioni sull’export elvetico, anche se la Banca Nazionale Svizzera (BNS) non ha ancora messo in atto nessuna mossa per frenare la corsa della valuta confederale, dichiarando di non aver in mente alcuna misura di contenimento del rialzo. Lo scorso anno la Banca Centrale, alle prese con lo stesso problema, aveva deciso di effettuare acquisti massicci di euro senza però ottenere alcun risultato rilevante.
La debolezza di euro e dollaro va considerata anche rispetto allo yen, valuta alternativa al franco svizzero in quanto a stabilità. Nell’ultimo anno il biglietto verde si è deprezzato del 9% nei confronti dello yen e del 3,5% da inizio 2011. La moneta giapponese ha destato minore interesse degli investitori negli ultimi mesi, poiché il Giappone ha dovuto fare i conti con la crisi nucleare, non ancora del tutto risolta, provocata dal terribile terremoto e dal successivo tsunami dell’11 marzo scorso.
Non va più di moda il Bund-rifugio? Credit default swap (Cds) tedeschi in aumento, prezzi del Bund in discesa, balzo dei rendimenti del Bund (logica conseguenza del calo delle quotazioni): uno scenario che in termini di “Fly to quality” lascia pensare che la Germania stia gradualmente e nemmeno tanto nascostamente, perdendo il titolo di “isola felice”.
Il Bund, infatti, da sempre viene considerato il rifugio ideale per ripararsi dalla bufera dei mercati, in tempi di crisi, ed é il titolo principe in Europa per affidabilità. Tuttavia nell’ultimo periodo, in questo riacutizzarsi della crisi dell’Europa periferica, le quotazioni in aumento dei Cds sembrano testimoniare il contrario.
I credit default swap rappresentano una sorta di assicurazione su un titolo dal rischio di fallimento del soggetto che lo emette. Se il Cds sale vuol dire che il rischio default è considerato in crescita. Ora sulla grande giostra dei Cds sembra salire anche Berlino con la percezione che il Fly to quality, cioè la migrazione delle risorse finanziarie verso assets maggiormente affidabili, per quanto rigiarda la Germana, sia meno convinta che in passato.
Questo vuol dire che probabilmente nemmeno la zona più in forma del vecchio continente è immune dal contagio, dato che è l’intero sistema euro (che assume la qualità di titoli spazzatura in Grecia, Irlanda e Portogallo, paesi dichiarati insolventi, oltre all’incertezza che serpeggia in Spagna ed in Italia) che appare fortemente vulnerabile.
Pareri controversi sul trend dell’Oro, ma per ora è sempre in salita
E’ tempo di crisi e l’oro, per sua natura, continua a salire, aggiornando i massimi storici. Non è una novità, perché il metallo prezioso rappresenta il bene rifugio per eccellenza, assieme ad altri assets che storicamente hanno mostrato una buona copertura dal rischio.
L’ascesa dell’oro è iniziata da ormai diversi anni, acutizzandosi durante la recessione del 2008 e del 2009, perché l’impasse dell’economia è stata causata a una vasta e profonda crisi finanziaria, che aveva prodotto un ampliamento del rischio negli investimenti più tradizionali. Ed ora c’è la crisi europea, in atto ormai da oltre un anno, che ha provocato una destabilizzazione dell’Area Euro, mettendo in discussione la gestione frammentata della politica economica comunitaria.
Se non fosse ancora abbastanza, gli Stati Uniti rischiano il default, proprio come Atene, se non si approverà al più presto un valido piano di tagli alla spesa e l’innalzamento del tetto del debito.
C’è n’è a sufficienza di legna sul fuoco per far salire l’oro, che dopo aver superato il traguardo dei mille dollari nel 2009, ha spazzato via di volta in volta tutte le resistenze, arrivando oltre i 1600 dollari l’oncia. Inoltre, la corsa del prezioso non sembra finita qui, perché sono in molti ad ipotizzare nuovi targets di prezzi da 1700 a 2000 dollari.
Ad aggravare la situazione c’è la percezione che l’oro sarà quest’anno una delle poche commodities ad evidenziare un deficit, perché la produzione è stata condizionata da un aumento dei costi, mentre il riciclaggio, stando ai dati della GFMS, è sceso lo scorso anno del 3%. Le banche centrali e le più grandi Istituzioni finanziarie, inoltre, si tengono ben strette le loro riserve in oro, che contano il 16,5% del totale.
Se a questo si aggiunge il grande successo degli ETF, che hanno reso più accessibile l’oro sui mercati finanziari, si può comprendere il motivo di questi movimenti di prezzo. E non mancano le soluzioni più originali per accaparrarsi il prezioso metallo, anche fisicamente, come i cosiddetti bancomat dell’oro, macchinette in grado di sputare lingotti e monetine dietro denaro o accredito su carte di credito e pagamento.
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