Sembrerebbe un controsenso, per innovare occorre radunare gli esperti di uno specifico tema e far generare loro idee. Spesso però l’esperienza inibisce l’innovazione più profonda, perché la presunzione di conoscenza su una specifica tecnologia, su un determinato processo o legata ad uno specifico settore o ambito potrebbe far arrestare il processo di innovazione alle prime idee emerse, bloccando di fatto, la possibilità di esplorazione di nuove possibilità o nuove applicazioni in ambiti o ambienti attigui o anche lontani dal proprio campo di expertise.
L’innovazione è spesso ostacolata da un un fenomeno che è stato definitoafantasia da Francis Galton nel 1880, una difficoltà a sviluppare immagini mentali e ad utilizzare capacità di tipo immaginative.
Questo fenomeno spiegherebbe almeno in parte, la ragione per cui molte scoperte non sono state sfruttate dai loro “inventori”, ma da altre persone che le hanno utilizzate commercialmente.
Il fenomeno dell’afantasia è rimasto poco esplorato per tanti anni fino a che uno studio del professor Adam Zeman, dell’Università di Exeter lo ha recentemente ripreso.
Oggi l’innovazione in azienda è raramente il risultato di un processo isolato, viene solitamente portata avanti da team multidisciplinari e viene “energizzata” nelle imprese più innovative da facilitatori in grado di aiutare il team di lavoro a sviluppare “immaginari futuri” e “scenari” in cui l’innovazione, viene inserita, attraverso racconti e visualizzazioni. Lo scopo è quello di comprenderne le ricadute e gli impatti su larga scala.
L’immaginazione è una delle capacità umane di cui si sono occupati nei secoli filosofi e studiosi di diverse discipline, non arrivando a darne una definizione esaustiva.E’ oggi un fattore critico di successo in un periodo di profonde trasformazioni.
Come per l’intelligenza, esistono diverse forme di immaginazione, che permettono di pensare a ciò che non è percepito dai nostri sensi, che non si è ancora verificato o che si trova al di fuori del nostro perimetro di conoscenza.
Gli anglosassoni, pragmaticamente parlano di “applied imagination” riferendosi al set di strumenti che permettono di allenare e rafforzare le nostre capacità immaginative, ma anche di anticipare nella mente le conseguenze di un’azione o di una strategia, creando possibili scenari alternativi, al fine di sviluppare una migliore capacità di resilienza ed una migliore gestione di possibili eventi avversi o imprevisti.
Applied imagination è anche il titolo del libro scritto nel 1953 da Alex Osborn, in cui sono stati introdotti modelli creativi e tecniche come ilbrainstorming e che ha dato vita al pensiero creativo moderno.
Immaginare significa anche “sospendere” le proprie credenze, basate sull’esperienza, prendendo in considerazione, appunto, ipotesi alternative, allargando ciò che i fisici hanno definito, l’adiacente possibile. In momenti di profonda trasformazione, come quelli che stiamo vivendo, l’innovazione determina “cambi di paradigma” e ha estremamente bisogno di mettere da parte l’esperienza di ciò che è conosciuto per abbracciare l’inesplorato.
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