Se ci si ferma a pensare ai settori del vino e della moda e a come sono evoluti nel corso degli anni nel nostro paese, si può dire che hanno da sempre rappresentato le punte di diamante del Made in Italy nel mondo, due realtà affini, con diversi elementi di contatto nelle dinamiche di mercato, che hanno saputo attraversare momenti di crisi come di crescita dell’economia scendendo in campo con armi e strategie convergenti, intercettando e anticipando i trend e le esigenze emergenti.
Il 2020 non ha fatto eccezione: il rinvio di sfilate e grandi eventi ed un impatto negativo sui consumi causati dalla pandemia hanno segnato una forte contrazione delle vendite arginata solo per le aziende vitivinicole dal canale online con relativo contenimento delle perdite.
Questo non ha ridimensionato le aspettative per il futuro. Oggi, ancora una volta, il binomio vincente del nostro export è pronto a lanciare la sfida per i prossimi dieci anni sia in termini di modello di business che di tendenze di mercato individuando nella sostenibilità la chiave di volta per la crescita e il successo.
La pandemia, anticipando psicologicamente altri possibili scenari futuri relativi all’ambiente e alla vivibilità del pianeta, ha dimostrato come una società ed un’economia impreparate ad un’emergenza in parte immaginabile può reagire in modo non sempre efficace. In altri termini oggi più di ieri siamo consapevoli che senza una strategia adeguata ed attentamente pianificata, capace di far fronte in maniera organizzata a mutazioni repentine, un’impresa e la stessa comunità in cui essa opera rischiano di non riuscire a sopravvivere.
E poiché il mondo vitivinicolo come quello della moda sanno farsi interpreti delle istanze di cambiamento, producono nel solco della tradizione ma con lo sguardo rivolto ai trend futuri, oggi sono perfettamente consapevoli che la novità è la grande tensione e attenzione dei consumatori verso la sopravvivenza del pianeta.
Dopo aver viaggiato in tandem su temi come l’iconicità prima e la democratizzazione del lusso poi (con la creazione delle seconde e terze linee per gli abiti come per il vino) dopo aver vissuto il boom di Relais & Chateaux, della ristorazione e della ricettività di eccellenza per diversificare e allargare le aree di business, moda e vino chiamano fashion addicted e winelover ad incontrarsi anche su questo terreno che catalizza ormai l’attenzione e orienta le preferenze.
Riduzione dell’impatto ambientale, responsabilità sociale, filiera controllata sono le parole d’ordine nel ripensare le proprie attività e nel comunicare il proprio approccio ai pubblici di riferimento rispondendo alle richieste che arrivano direttamente dai consumatori.
Se si parla di moda infatti, secondo un recente studio di Trustpilot e London Research, quattro clienti su cinque rinuncerebbero all’acquisto di prodotti di abbigliamento di un’azienda che non aderisce a standard etici mentre il 67% degli intervistati sarebbe più propenso ad acquistare un articolo realizzato con materiali ecologici.
Tra i consumatori di vino invece cresce l’interesse per i prodotti sostenibili e secondo un’indagine condotta da Wine Monitor sarebbero i millennials quelli più propensi alla loro selezione ed acquisto, processo ad oggi ancora ostacolato da una comunicazione sul tema, anche in etichetta, non sempre completa ed efficace.
Le aziende del mondo della moda guardano al tema della sostenibilità con la consapevolezza che l’impatto in termini ambientali non è circoscritto alla sola produzione ma interessa tutte le fasi della catena del valore a partire dalla scelta delle materie prime che devono essere sempre più eco friendly; allo stesso modo le aziende vitivinicole per lo svolgimento delle proprie attività sono chiamate ad orientare la scelta verso prodotti biocompatibili, l’adozione di tecniche di conduzione integrata e biologica e di sistemi a basso dispendio energetico oltre ad un approccio alla viticoltura che tuteli la biodiversità.
Ed ecco che su questo cammino comune nascono anche progetti in cui i percorsi dei due mondi si incontrano e potenziano l’uno la sostenibilità dell’altro: è il caso della recente tendenza di scarpe, borse e capi d’abbigliamento realizzati in pelle d’uva, un materiale riciclabile al 100%, frutto della ricerca di una start-up italiana, ricavato da bucce e semi scartati nella lavorazione del vino.
Dopo la spremitura, una volta separate, le vinacce vengono abitualmente gettate via in una quantità che ogni anno si stima essere pari a 13 milioni di tonnellate con il rischio che, se non smaltite correttamente, possano raggiungere le falde acquifere attraverso il terreno. La realizzazione di pelle d’uva consente di recuperare questi scarti e trasformarli in una nuova materia. Le vinacce vengono essiccate in modo da evitare la biodegradazione e mantenere inalterate le loro proprietà in modo tale che la materia prima risulti sempre disponibile all’utilizzo e pronta per essere trasformata.
Il risultato finale in termini qualitativi? Un prodotto di gran lunga superiore alle ecopelli tra l’altro derivate da sostanze altamente inquinanti.
Un mondo viene così in soccorso dell’altro, uno per garantire la sostenibilità del processo produttivo, l’altro per garantire l’accesso a materie prime ecocompatibili e dunque un prodotto finale sostenibile.
Vino e moda insegnano anche questo: nella mutualità tra sforzi di aziende di diversi settori, dall’impegno della ricerca e delle istituzioni si può realmente dare il via ad un processo evolutivo improntato alla protezione del bene più prezioso che abbiamo, la nostra terra.