La Borsa di una volta, quella degli agenti di cambio e dei commissionari, quando la finanza non era ancora invasa da schermi con le lettere verdi e dalle linee in fibra ottica, ha avuto certamente un eroe e l’eroe era Aldo Ravelli, uomo con il cuore inesorabilmente a sinistra, ma con un talento per i soldi che pochi altri hanno avuto.
Ravelli, l’Aldone, come lo chiamavano tutti, è scomparso da tempo, ma ancora girano gli aneddoti che lo riguardano, metà veri e metà leggende metropolitane.
A piazza Affari si presentava sempre e raccontano che, quando entrava nel salone delle grida, la Borsa tratteneva il fiato per un istante. Era l’operatore più svelto e più intelligente, e quindi tutti cercavano di spiare le sue mosse. Spesso, precederlo di qualche secondo, intuire che cosa voleva fare, significava guadagnare o perdere qualche miliardo. E così si racconta di quella volta che l’Aldone entrò in Borsa, guardò ben bene tutto il listino e poi disse, con la sua voce sonora e calma: “Vendo tutto, dalla a alla zeta“.
Panico generale, ondata di vendite, un disastro quasi biblico, con l’Aldone che osservava tutto questo con aria sempre più smarrita. Fino a quando uno gli si avvicina e gli chiede: “Ma Aldo, che cosa fai? Che cosa è successo? Sono arrivati i comunisti?“.
E L’Aldone che si gira e dice: “Macchè comunisti. Ho deciso che porto la mia signora in crociera e voglio viaggiare leggero. Quindi vendo tutto. Ci rivediamo fra quindici giorni“. E così piazza Affari, lentamente, cominciò a ricomprarsi i titoli che aveva appena venduto, e tutto rientrò nella norma. L’Aldone, poi, di suo era un ribassista. Credeva nel Sol dell’Avvenire, ma era convinto che, intanto, su questa terra le cose dovessero andare sempre peggio. E quindi era per il ribasso.
Il suo nemico giurato, se così si può dire, era il cavalier Palermo, operatore forte e temuto perché gestiva l’ufficio Borsa del Credito Italiano. Mentre alle spalle dell’Aldone c’era l’Aldone stesso, più un paio di nipoti e qualche segretaria, dietro il cavalier Palermo c’era una delle maggiori banche italiane. E il cavalier Palermo era un inguaribile rialzista, al punto che in piazza Affari nessuno lo ha mai chiamato con il suo vero nome, ma semplicemente e soltanto come “il fuochista”, colui che accende il fuoco sotto il pentolone del listino.
Un altro nemico storico dell’Aldone è stato, naturalmente, Michele Sindona. Un po’ all’Aldo dava fastidio l’attivismo del finanziere siciliano, un po’ non gli piacevano le sue operazioni. Memorabile lo scontro sulla Pacchetti. L’Aldone, al bar con gli amici o al ristorante, era solito chiudere la discussione su questo titolo, che allora (trascinato e pompato da Sindona) faceva faville in Borsa, con la frase: “La Pacchetti vale zero lire“. Ma Sindona l’aveva fatta salire da poco più di 200 lire a oltre 1200. Un boom, per l’epoca, mai visto. E un giorno si scopre che l’Aldo è al ribasso sulle Pacchetti per una quantità mostruosa di titoli, venduti allo scoperto (cioè senza averli mai avuti materialmente).
Arriva il giorno in cui bisogna regolare gli affari in sospeso, e l’Aldone, con l’aria ingenua, dice al nipote Remo: “Remo, io vado a Varese, sono stanco, vai tu alla stanza di compensazione. Con le Pacchetti siamo fuori di 40 miliardi: qui c’è l’assegno, glielo dai, e basta”. Ma Remo gli fa osservare che non è così semplice: “Aldo, lo sai bene che non si possono dare i soldi: devi dargli i titoli e non li abbiamo”. Finì che l’Aldone dovette comprare, e proprio da Sindona, le Pacchetti che gli mancavano. Ma il giorno dopo riprese serenamente a venderle allo scoperto. Alla fine, Sindona è saltato, ma l’Aldone ha perso intorno alle Pacchetti sa il cielo quanti miliardi.
Oggi, se fosse qui a vedere, sarebbe il primo a sgranare gli occhi. Nelle Sim e nelle banche, al posto del suo blocchetto di appunti, ci sono squadre di analisti, con batterie di computer che occupano intere pareti, collegamenti in tempo reale con tutte le borse del mondo e con i maggiori centri di dati. In un paio di secondi possono dirvi qualsiasi cosa su un titolo quotato alla Borsa malese o possono darvi le previsioni economiche per l’Ucraina dei prossimi tre anni. E non potrebbe nemmeno più andare nel salone di piazza Affari. Quel salone l’ho rivisto poco tempo fa: non c’è più niente, assolutamente vuoto, tranne qualche tavolo e qualche sgabello, silenzio assoluto. Ci sono invece i computer, che cominciano a muoversi alla mattina presto e che segnano il progredire delle contrattazioni, secondo per secondo, e sui cui schermi puoi leggere tutti. I prezzi, i volumi scambiati, i rapporti fra i vari titoli.
E, orrore degli orrori, quasi la stessa cosa ormai avviene in tanti tinelli e salottini d’Italia. Anziani signori e ragazzi che, davanti al loro computer, pantofole o Nike ai piedi, ignari di tutto, seguono sullo schermo del Pc domestico l’andamento della Borsa e da lì, mentre la moglie (o la mamma) serve loro la cioccolata, vendono e comprano Fiat, Generali, Tiscali, Finmatica. Fino a sera. I più fanatici hanno addirittura programmi speciali che fanno l’analisi tecnica in tempo reale, in un groviglio di linee colorate che si muovono sullo schermo, e da cui loro capiscono che è l’ora di comprare o di vendere le Telecom.
I super-fanatici di computer ne hanno addirittura due o tre perché via Internet seguono l’andamento delle altre Borse nel mondo o le indiscrezioni dei vari siti finanziari.
I tempi in cui Aldo Ravelli non sbagliava mai, perché conosceva tutti e sapeva tutto almeno un giorno prima, sono proprio finiti.
Adesso, in un certo senso, è l’ora del dilettante, che da oggi potrà continuare a giocare in Borsa, a perdere e a guadagnare soldi, anche dalle sei alle otto di sera, anche quando i bravi padri di famiglia stanno a casa con i figli.
Dedicato alla Memoria di Aldo Ravelli che quando ero un ragazzino mi ha insegnato tutto quello che so e anche quello che non so.
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