Nella presentazione del suo libro Giovanni Tamburi viene presentato così: A Porto Santo Stefano, sull’Argentario, in una giornata d’estate di fine anni Settanta inizia la cavalcata di un giovane romano: Giovanni Tamburi. Oggi è un guru di Piazza Affari: investitore, merchant banker, consulente. Personaggio sconosciuto al largo pubblico, è uno dei registi dietro al successo di Moncler, il caso mondiale del lusso, e dell’atteso sbarco in Borsa del fenomeno Eataly di Oscar Farinetti.
Dalla Ferrari ai cacciaviti preferiti da Valentino Rossi, da Alpitour a iGuzzini, passando per gli abiti di Hugo Boss e gli yacht della Azimut-Benetti, TIP, Tamburi Investment Partners, un po’ investment bank, un po’ merchant bank, un po’ fondo di investimento, ha messo in piedi un polo del Made in Italy.
Ricco di inediti retroscena, “I Signori del Lusso. Giovanni Tamburi e l’impero del Made In Italy” ripercorre quarant’anni anni di Piazza Affari, dalla Bastogi alla Pirelli Cavi di Marco Tronchetti Provera fino alle alleanze e alle battaglie con Carlo De Benedetti. Questa non è solo la storia di Giovanni Tamburi & Alessandra Gritti, la donna più importante della finanza italiana, ma anche uno spaccato della politica economica, dei mali (tanti) e dei pregi (pochi ma ammirati) di un Paese che ogni giorno affonda nel declino, ma che svetta anche con i suoi marchi osannati in tutto il mondo.
Tamburi ha escogitato un modo originale per finanziare le aziende, senza chiedere un euro al già tartassato contribuente: ha coagulato oltre cento famiglie ricche (non ricchissime) e le ha convinte a investire, invece di portare i loro soldi in Svizzera, come hanno fatto per decenni. L’Italia produce gioielli di imprese a cui però una pericolosa ritrosia ad aprirsi e una perenne mancanza di capitali impediscono di fare quel salto a industria globale in grado di sorreggere l’intero Paese.
Tamburi e la sua TIP stanno in piccolo cercando di «fare sistema» in un Paese dove è facilissimo litigare e difficilissimo allearsi per contare di più”.
A questo c’è da aggiungere che Tamburi avrebbe potuto presentarsi a qualunque grande banca d’affari internazionale e essere assunto domani mattina. Invece, testardamente, ha scelto di fare il banchiere d’affari in proprio, trovandosi gli alleati (le cento famiglie più ricche d’Italia) uno a uno. Visitando ogni anno decine e decine di aziende (spesso alle 8 di mattina lo si trova già in autostrada che corre da qualche parte), spingendole a andare in Borsa, a trovarsi un socio, a tentare la sorte all’estero.
In questo senso rimane un personaggio unico nel panorama italiano.
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