Il Var funziona oppure no? Croce e delizia dei tifosi di calcio

L’uso in campo del Var (video assistant referee) è stato agognato da tutti: giocatori, allenatori, presidenti dei club, tifosi e giornalisti compresi. Ma non passa incontro di calcio che non salti fuori una polemica contro l’impiego sbagliato di questa tecnologia, ormai croce e delizia di ogni appassionato del “gioco più bello del mondo“.

Nell’ultima sfida tra brasiliani e argentini valevole per la finale della Coppa Libertadores (la Champions del Sudamerica), proprio l’uso del Var (video assistant referee) ha scatenato il putiferio in campo, con tanto di intervento della polizia in tenuta antisommossa per difendere l’arbitro, l’uruguaiano Andres Cunha, dal linciaggio dei tifosi brasiliani. Colpa di un rigore concesso negli ultimi minuti di gara in favore della squadra argentina del River Plate che ha, così, eliminato dalla finale i brasiliani del Gremio. All’andata il River aveva perso in casa 0-1. Al ritorno, il Gremio era in vantaggio di un gol alla fine del primo tempo. Prima una rete degli argentini all’82esimo con un presunto tocco di mano (non visto dal Var) e poi un rigore concesso sul finale (dal Var), sempre in favore degli argentini, hanno invece qualificato il River Plate ed eliminato Il Gremio. L’allenatore del Gremio, Renato Portaluppi, non l’ha presa per niente bene parlando di “furto” subito dalla sua squadra: “Chi si stava occupando del Var? C’era Stevie Wonder?” si è sfogato.

Ma, si sa, il calcio è così. E’ bello perché appassiona e divide. E l’uso del Var, che doveva risolvere ogni controversia, ha reso solo le cose più complicate. Ma cerchiamo di capire, intanto, come funziona questa nuova tecnologia. Premetto che il sistema è talmente complesso che è quasi impossibile non commettere errori.  Intanto si dice Var (al maschile) perché si riferisce al nome dell’arbitro addetto al video (video assistant referee). Il Var si trova nel Vor (proprio cosi), che sta per video operation room. La sala è una sorta di regia video e può trovarsi direttamente nello stadio o all’esterno. La regia monitora l’azione di gioco su una serie di schermi e avvisa l’arbitro via radio se si accorge di una decisione sbagliata.

Il Var può correggere le decisioni sbagliate dell’arbitro su gol, rigori, espulsioni, ammonizioni od espulsioni sbagliate e non può intervenire su richiesta dei giocatori. Insieme al Var (l’arbitro addetto al video) c’è un Avar, che è l’assistente al Var. Sono presenti, inoltre, alcuni tecnici video. Il Var ha due schermi a disposizione: uno superiore dove segue la partita e uno inferiore dove le immagini vanno in onda con tre secondi di ritardo e sono riprese da quattro telecamere con la visuale migliore. Il Var può chiedere al tecnico video di fornire un replay dell’azione oppure di zoomare su un particolare. I tecnici video hanno, a loro volta, degli schermi personalizzati dove possono seguire i dettagli dell’incontro e alcuni software per ingrandire dettagli e tracciare linee virtuali per chiarire la posizione dei giocatori e della palla di gioco. Le telecamere a cui possono accedere sono minimo 12, comprese quelle delle tv che seguono la partita.

Il regolamento prevede che il Var possa correggere la decisione dell’arbitro in campo in caso sia stato accertato l’errore. A quel punto può premere un “pulsante rosso” e comunicare la decisione all’arbitro in gara. L’arbitro sospende il gioco e può sia correggere la decisione oppure verificare l’errore alla postazione video presente sul campo chiamata “Rra” (referee review area). La decisione del Var appare all’arbitro sul campo attraverso alcune clip video. Il direttore di gara può chiedere di avere altre clip per chiarirsi ulteriormente le idee prima di decidere in via ufficiale. Ma non è finita qui, perché la regia video deve poter contare su un perfetto gioco di squadra anche al suo interno. Infatti, dopo che il Var si accorge di un errore e si attiva per la fase di verifica, l’assistente Avar (che ha pure lui due schermi a disposizione) si sostituisce al Var nel seguire la partita. E se la sfiga vuole che si verifichi un secondo errore dell’arbitro in campo, anche l’Avar dovrà segnalare al direttore di gara l’errore, questa volta premendo un “pulsante bianco“.

Detta così, più che un sistema tecnologico d’avanguardia, ci viene da pensare alla celebre scena di Lino Banfi, alle prese con pulsanti e manopole, nel film dell’1982 “Vieni avanti cretino“. “La sua soddisfazione è il nostro miglior premio“, diceva il Dottor Tomas a Lino Banfi in evidente stato confusionale.

Eppure il Var è adottato in una dozzina di nazioni, anche se si tratta di una fase sperimentale. Nel nel 2019, la Fifa dovrà decidere se renderlo ufficiale. L’efficacia e l’affidabilità del Var è anche allo studio dell’Università di Leuven, in Belgio. Chi è assolutamente d’accordo nel suo utilizzo è l’ex presidente FIGC, Tavecchio“L’uomo per sua natura sbaglia ma il VAR lo corregge – ha detto – a questo punto tutte le opinioni sono rispettabili, ma un futuro senza la tecnologia in campo è irrinunciabile”. D’accordo anche il presidente dell’Associazione italiana arbitri, Marcello Nicchi, secondo cui “questo strumento ha portato grande giustizia e affidabilità nello svolgimento di una partita di calcio. Poi, la perfezione non è di questo mondo, ma ci siamo abbastanza vicini“. Mentre la pensa diversamente lo staff del Torino che ha lamentato da inizio anno un trattamento di sfavore nei confronti della squadra proprio con l’utilizzo del Var. Il patron della società ha lanciato addirittura la proposta di un Var a chiamata: non più chiamata dell’allenatore, ma del capitano che è in campo e vicino all’azione. Chi non è per niente d’accordo, invece, è l’ex presidente della Uefa, Michel Platini per cui il Var “è fatto per i paesi ricchi, quelli che si possono permettere trenta telecamere in campo. E sono sei o sette paesi in tutto il mondo. Non voglio fare populismo, ma i soldi che vengono spesi per la VAR sarebbero spesi molto meglio per far sì che i bambini possano giocare a calcio“. E chissà che Platini non abbia tutti i torti.

Informazioni su Roberto Zarriello 13 Articoli
Giornalista, saggista e docente di Comunicazione digitale e Social Media all’Università Telematica “Pegaso”, dirige il Master in "Editoria e Giornalismo digitale" della Ninja Academy. Ha collaborato con le Cattedre di Organizzazione e Comunicazione degli Uffici Stampa - URP e di Pianificazione Media e Comunicazione dello Sport della Facoltà di Scienze della Comunicazione all’Università “La Sapienza” di Roma. Scrive di comunicazione, internet e nuove tecnologie per l'Huffington Post, coordina l'area Glocal news di Tiscali.it. Collabora dal 2003 con il gruppo Espresso, con cui ha creato il progetto Città 2.0 su Repubblica.it. È fondatore e direttore responsabile del magazine di cultura e innovazione RestoalSud.ite dirige la RestoalSud Academy. Ha pubblicato il volume Penne Digitali 2.0 - Fare informazione online nell’era dei blog e del giornalismo diffuso, edito dal Centro di Documentazione Giornalistica, e Social Media Marketing - Strumenti per i nuovi Comunicatori Digitali, edito da Franco Angeli. Ha ricevuto nel 2015 il Premio Giornalistico Nazionale “Maria Grazia Cutuli” per la categoria “web, editoria digitale”.

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