Peugeot-Opel, quel matrimonio che sta scatenando il risiko a quattro ruote

Dopo una trattativa durata tre settimane, arriva il via libera al matrimonio dell’anno tra PSA (Peugeot-Citroen-DS) e Opel (controllata da Gm). Nascerà un gigante delle quattro ruote da 4,3 milioni di veicoli l’anno, di cui 3 milioni in Europa, e 72 miliardi di fatturato che sarà il secondo maggiore gruppo automobilistico del Vecchio Continente con una quota di mercato del 17 per cento, alle spalle di Volkswagen (24 per cento). Festeggiano gli azionisti con il titolo PSA che in Borsa a Parigi segna un balzo di oltre il 5 per cento.

ACCORDO DA 2,2 MILIARDI – «Siamo fiduciosi che la svolta di Opel potrà accelerare in maniera significativa con il nostro supporto», ha dichiarato oggi il numero uno di PSA, il portoghese Carlos Tavares (nella foto), nella conferenza stampa a Parigi, presso il quartier generale del gruppo automobilistico francese. Si tratta di un’operazione dal valore complessivo di 2,2 miliardi di euro. Oltre agli 1,3 miliardi di euro per l’acquisto di Opel e della filiale britannica Vauxhall, PSA metterà sul piatto anche 900 milioni per rilevare anche la finanziaria di GM Europe.

LA RIMONTA DI PSA – Dopo aver evitato la bancarotta nel 2014 vendendo una quota del capitale allo stato francese e aprendo le porte ai nuovi soci cinesi, PSA ha messo il turbo e con questa operazione ha anche surclassato l’altra Casa automobilistica francese, la Renault. Per PSA il 2016 è stato il terzo esercizio in utile e con margini in crescita. Il margine operativo dovrebbe superare il 4,5 per cento nel triennio 2016-2018 rispetto al 4 per cento del precedente periodo. Una solidità finanziaria che ha convinto i soci del gruppo automobilistico, tra cui lo Stato francese oltre alla famiglia Peugeot e i cinesi di Donfeng, a portare a termine l’operazione di acquisizione. Il 2016 è stato invece il 16esimo bilancio in rosso consecutivo per Opel che dal 2000 ha accumulato perdite per 15 miliardi di euro. L’anno scorso il gruppo ha perso 257 milioni a fronte di 1,1 milioni di auto vendute.

OBIETTIVI E VANTAGGI – Nei piani di PSA, il 2020 dovrebbe segnare il ritorno all’utile di Opel/Vauxhall, con un margine operativo del 2 per cento entro quella data e del 6 per cento entro il 2016. Con questa acquisizione, PSA aumenterà la produzione di oltre un milione di veicoli l’anno, passando da 3 a oltre 4 milioni di vetture prodotte. Come ha rilevato qualche tempo fa lo stesso Tavares, in alcuni paesi c’è un certo timore ad acquistare un’auto a marchio francese, un ostacolo che verrà superato con l’arrivo di Opel, che non subirà alcun riposizionamento del marchio. Non sono previsti contraccolpi sul piano occupazionale. Nessuno stabilimento Opel verrà chiuso, ha assicurato il numero uno di PSA. Dovrebbero quindi essere salvaguardati tutti i 38.000 dipendenti di Opel operativi in Europa che si aggiungeranno ai 184.000 del gruppo francese. Gli analisti hanno una prospettive un po’ diversa e sono convinti che, con il mercato dell’auto europeo vicino ai massimi, forse due o tre stabilimenti dovranno essere sacrificati.

RISIKO A QUATTRO RUOTE – Il matrimonio tra PSA e Opel riaccende il risiko nel settore automotive, che sicuramente terrà banco all’ormai prossimo Salone dell’auto di Ginevra (9-19 marzo). In particolare, riporta in auge un’eventuale alleanza tra Gm e Fca, un’ipotesi cara a Marchionne ma che il numero uno del gruppo americano, Mary Barra, ha finora respinto. Eppure la logica porterebbe in quella direzione. Con la cessione di Opel, Gm si è liberata di un business in perdita ma, allo stesso tempo, è anche uscita dal mercato europeo. A questo punto, quindi, un’alleanza con Fca consentirebbe di rimanere in Europa evitando però inutili sovrapposizioni sul mercato dell’auto del Vecchio Continente. Un mercato in forte espansione, come testimoniano i numeri delle immatricolazioni dell’ultimo periodo, da cui è impensabile che Gm possa rimanere fuori a lungo.

Giuseppe Turani
Informazioni su Giuseppe Turani 56 Articoli
Giornalista economico e Direttore di "Uomini & Business". E' stato vice direttore de L'Espresso e di Affari e Finanza, supplemento economico de La Repubblica. Dal 1990 al 1992 è editorialista del Corriere della Sera, del mensile Capital e dei settimanali L'Europeo e Il Mondo. Ha scritto 32 libri.

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