La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 22.05.2019 n. 13846, è tornata ad esprimersi sulla questione riguardante la nullità dei contratti bancari di fideiussione.
Già dal 2005, la stessa Banca d’Italia aveva rilevato che le Banche, applicando il modello di fideiussione in maniera uniforme, ovvero a tutti i clienti e senza opportune modifiche per personalizzare il contratto, realizzavano una violazione della concorrenza.
Di fatto, in tal modo, tutti gli Istituti bancari hanno finito col proporre ai propri clienti le medesime condizioni di contratto, in evidente violazione all’art. 2 della c.d. Legge Antitrust (L. 287/1990).
Tuttavia, la Banca d’Italia non aveva imposto alcuna sanzione nei confronti delle Banche che, di conseguenza, hanno continuato ad utilizzare i modelli di fideiussione predisposti dall’ABI – Associazione Bancaria Italiana.
Di contro, il comportamento degli Istituti di credito è stato più volte sanzionato dalla giurisprudenza, la quale ha stabilito la nullità di tali contratti per illecita condotta anticoncorrenziale. Infatti, “qualsiasi forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma essa venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante ai fini dell’accertamento della violazione dell’art. 2 della Legge Antitrust” (Corte di Cassazione, ordinanza del 12.12.2017 n. 29810).
La Suprema Corte, dunque, ha stabilito l’automatica nullità dei contratti fideiussori redatti secondo il modello ABI, senza che vi sia alcun bisogno, da parte del giudice di primo grado, di provvedere ad una valutazione in ordine all’illegittimità delle clausole fideiussorie, posto che tale valutazione è già stata operata dalla Banca d’Italia con la sentenza sopra commentata.
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