Dopo la riforma intervenuta con decorrenza primo luglio duemilaventi, il fringe benefit da calcolare per la concessione dei veicoli aziendali in uso promiscuo ai dipendenti è totalmente determinato in relazione alle emissioni di CO2 dei veicoli.
Le caratteristiche essenziali.
L’assegnazione ad uso promiscuo di veicoli aziendali al personale dipendente trova sempre più applicazione ed attuazione nel mondo imprenditoriale e le norme che regolano tale tipologia di rapporto tra azienda e personale hanno avuto, con la Legge di Bilancio 2020 (articolo 1, comma 632 e 633, Legge n.160/2019), una modifica sostanziale ritenuta “articolata”.
L’uso promiscuo dei veicoli, cioè, l’utilizzo dei veicoli ad uso privato e per scopi di lavoro, determina un “beneficio”, denominato “fringe benefit“, equivalente ad un compenso in natura. La valorizzazione di tale beneficio si basa sull’adozione di un criterio forfettario derivante dall’applicazione di specifici coefficienti e di predeterminati costi chilometrici pubblicati con le tabelle nazionali dell’ACI (articolo 51, comma 4, lett. a), TUIR).
Con l’aggiornamento giunto dalla normativa citata, sono state introdotte nuove percentuali che tengono conto dei valori di emissione di anidride carbonica dei singoli veicoli.
I veicoli oggetto di tale regolamentazione sono le autovetture, gli autoveicoli per trasporto promiscuo di persone e di cose, gli autocaravan (autoveicoli indicati rispettivamente dalle lettere a), c) ed m) dell’articolo 54, comma 1 del D. lgs. n. 285/1992 – codice della strada), i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione.
Le nuove disposizioni si applicano ai veicoli di nuova immatricolazione concessi in uso promiscuo con contratti (tra azienda e personale) stipulati a partire dal 1° luglio.
Al riguardo, come data “di nuova immatricolazione” si intende (Risoluzione Agenzia delle Entrate, n.46/E del 14 agosto 2020) la data stessa dell’immatricolazione, tenendo in considerazione se effettivamente effettuata dal 01.07.2020 o antecedente, indipendentemente dall’acquisto.
Come “termine di decorrenza”, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la concessione dell’auto in uso promiscuo non è da considerare un atto unilaterale da parte del datore di lavoro, ma occorre considerare che il lavoratore ha l’obbligo di accettare la stessa concessione formalizzando il tutto con la sottoscrizione delle condizioni previste.
Pertanto, fermo restando che fino alla data del 30.06.2020 (data di immatricolazione) rimangono vigenti le precedenti norme, cioè, una percentuale unica pari al 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio e al netto dell’ammontare eventualmente trattenuto (o addebitato) al dipendente, già dal 01.07.2020 i rapporti di cui in trattazione devono seguire le seguenti regole di determinazione del benefit che modificano la precedente percentuale nel modo seguente:
- 25 per cento per i veicoli che presentano valori di emissione di anidride carbonica non superiori a 60g/Km;
- 30 per cento per i veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 60 g/km ma non a 160 g/km;
- 40 per cento per il 2020 e 50 per cento a decorrere dall’anno 2021, per i veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 160 g/km ma non a 190 g/km;
- 50 per cento per l’anno 2020 e 60 per cento a decorrere dall’anno 2021 per i veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 190 g/km
Dal lato azienda, invece, il beneficio è individuabile nelle regole di deducibilità dei costi per i veicoli che, in presenza di tale tipologia di rapporti, subiscono una modifica.
Infatti, in presenza del rispetto della primaria regola, cioè che l’assegnazione in uso promiscuo al personale debba avvenire per la maggior parte del periodo d’imposta, la deducibilità dei costi degli autoveicoli promiscui passa al 70 per cento, precisando che, ai fini del conteggio della durata dell’utilizzo promiscuo del veicolo, non è necessaria la continuità temporale e neanche che il veicolo sia utilizzato sempre da uno stesso dipendente.
Ovviamente, l’assegnazione ha anche la necessità di essere provata con la formalizzazione di idonea documentazione come, ad esempio, il riporto all’interno del contratto di lavoro, oppure una specifica lettera di assegnazione con formale accettazione (consigliabile la data certa).
Inoltre, sinteticamente, specifichiamo che l’assegnazione del fringe benefit può trovare applicazione in tre modalità:
- Busta paga – In tal caso, l’importo che giunge dall’applicazione dei criteri sopra esposti, è integrato come “compenso in natura” e soggetto alle dovute trattenute di legge;
- Fatturazione – In tal caso, il dipendente liquida al datore di lavoro un importo (un vero e proprio canone spesso equivalente al calcolo del fringe benefit) che neutralizzerà il “compenso in natura”;
- Misto – In tal caso, è applicato, sia quanto previsto al punto 1, sia quanto previsto al punto 2 e, non giungendo alla copertura totale dell’importo di fringe benefit liquidato come da punto 2 o da punto 1, al fine di rispettare la norma vigente si rende necessario procedere con il saldo di cui, appunto, al punto 2 o al punto 1.
Infine, assolutamente importante è la tracciabilità di cui ai punti 2 e 3, fermo restando l’obbligo di liquidare gli stipendi dei cedolini di cui al punto 1 e 3 con sistemi tracciabili.
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