Ci fu un momento, negli anni Ottanta, in cui la preoccupazione generale parevano galateo e bon ton, con un gran fiorire di utili manualetti e dibattiti sulle buone maniere. Lina Sotis divenne la guru di riferimento. Era già successo anche prima, negli anni del boom, con l’indimenticabile Donna Letizia, quando il benessere appena acquisito e l’ascesa sulla scala sociale di molte famiglie necessitavano di una educazione seria alla vita sociale, dalla conversazione a come mangiar la minestra.
E oggi? Beh pare che tutta quell’utile manualistica sia stata relegata in un angolo, a prendere la polvere, o proprio gettata nel cestino. La nostra è epoca di maleducazione orgogliosa e galoppante, e non certo perché troppa gente non sa davvero come suggerla, quella minestra, o come affrontare il cono gelato (Irene Brin, altra regina del bon ton d’antan, lo trovava così inutile da sconsigliare l’approccio tout court: meglio la coppa al tavolo). Quelle sono davvero bazzecole.
È proprio il comportamento pubblico ad aver assunto toni e modi che con il bon ton hanno poco a che fare, e ancor meno con grazia, magnanimità, cavalleria. E parliamo ugualmente di uomini e donne, tutti presi a urlare, a sgomitare, a far tacere gli interlocutori con una tracotanza senza pari, o semplicemente a non usar un minimo di gentilezza. Basta accendere la TV o sfogliare le pagine dei giornali: la campagna elettorale ha toni dialettici degni di un asilo; le trasmissioni-dibattito, su qualsiasi argomento, degenerano quasi subito nell’alterco, anche se si parla di come fare una torta; nessuno che chieda permesso o per favore.
Con l’avvento di Internet, poi, persino la vecchia arte del ringraziare è andata a farsi benedire: basta un like. E dire che la buona educazione è così economica: non costa nulla, e alla lunga ricambia meglio di un titolo decennale.
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