Lo sport vive un momento di grande crisi. L’emergenza Covid-19 ha infatti fermato tutte le discipline. Il prolungamento delle restrizioni necessarie a contenere il contagio ha convinto tantissime federazioni a rinunciare alla speranza di portare a termine le stagioni agonistiche, chiudendole in anticipo.
Lo hanno già fatto ad esempio i vertici di sport come pallamano, basket, rugby e volley, mentre altri stanno attendendo ancora, prima di arrivare a una decisione definitiva.
Il calcio professionistico, ad esempio, che muove moltissimi interessi economici, sia a livello europeo che italiano, insiste per la ripartenza e ipotizza una ripresa in estate per concludere la stagione. Nel frattempo in Italia è polemica tra le società di Serie A e le emittenti titolari dei diritti televisivi, che chiedono un sensibile sconto per via della mancata trasmissione delle partite mancanti.
Ma lontano dal calcio professionistico, che ragiona sull’ordine dei milioni, c’è un mondo sportivo molto più ampio che rischia di subire una batosta senza precedenti. Parliamo dello sport dilettantistico, quello costellato da società e associazioni sportive che vivono con pochi contributi derivanti in gran parte dalle attività e dalla gestione di impianti al momento chiusi. Società e associazioni che, oltre ad avere una incidenza economica (secondo il CONI, lo sport vale 30 miliardi di euro, circa l’1’7% del Pil), svolgono anche una importantissima funzione sociale, consentendo a tantissimi italiani di praticare sport, trovare una valvola di sfogo e migliorare il proprio stato di salute, elemento questo non secondario, visto che produce un effetto positivo sulla spesa sanitaria. Insomma, se il Paese vuole ripartire deve farlo anche dallo sport.
Ecco perché c’è grande preoccupazione, soprattutto nell’ambito dilettantistico, oggi in grave difficoltà. La chiusura degli impianti, come detto, crea una perdita considerevole a chi con gli introiti delle attività copre le spese di gestione, a partire dalla manutenzione e dalle retribuzioni o dai rimborsi spese per i collaboratori, gli atleti e i tecnici. Le piscine e le palestre, in particolare, sono le tipologie di impianti più colpite, in quanto si tratta di luoghi nei quali non è semplice garantire le distanze di sicurezza a meno di una riduzione dell’accessibilità, che comporterebbe comunque meno introiti e, dunque, non permetterebbe ai gestori di rientrare con le spese.
Per gli sport di squadra, poi, la situazione è ancora più complessa, proprio per via della difficoltà di fare allenamenti collettivi in totale sicurezza. La pallanuoto, ad esempio, sport oggi riconosciuto come dilettantistico, nonostante la gloriosa tradizione fatta di medaglie olimpiche e mondiali, al momento si trova bloccata tra l’esigenza degli atleti di riprendere gli allenamenti in acqua, la volontà degli stessi di terminare la stagione e quella opposta di molte società che chiedono di concludere i campionati. Le ragioni delle società non sono solo di tipo sanitario ma anche economico, perché nel mondo dilettantistico proprio la non disponibilità degli impianti (che però non cancella i canoni di affitto e il pagamento delle utenze né ferma le necessarie attività di manutenzione) determina una perdita di denaro che ha già portato molte società a risolvere gli accordi con alcuni giocatori.
A ciò si aggiungano le difficoltà, per uno sport che non vive di sponsorizzazioni milionarie, di affrontare i costi di una eventuale ripresa (trasferte, logistica, ecc.). Come la pallanuoto, anche altri sport e discipline vivono la stessa condizione, compreso il calcio, che a livello dilettantistico è molto lontano dai fasti e dai soldi del professionismo e vive situazioni molto complicate ed equilibri finanziari molto fragili.
La FIN (Federazione Italiana Nuoto) ha prodotto in queste ore un documento redatto con il contributo di esperti e tecnici che assicura la possibilità di far ripartire gli impianti per le attività natatorie senza rischi per la salute, così da salvare anche molte società dalla chiusura delle proprie attività. (leggi qui il comunicato)
Il governo, dal canto suo, ha provveduto a sostenere anche le società e associazioni dilettantistiche, ad esempio riconoscendo le misure a sostegno dei lavoratori, sia dipendenti che autonomi o collaboratori, compresi quelli che in una prima fase erano stati esclusi, e prevedendo la sospensione dei canoni di affitto per i gestori di impianti pubblici, oltre a interventi di sospensione di contributi previdenziali e assicurativi, che però dovranno poi essere versati ugualmente a fine giugno, seppur senza interessi e more. Ma può bastare? Evidentemente no, se è vero che alcune federazioni stanno stanziando contributi aggiuntivi, mentre tutto il mondo dilettantistico chiede al governo di intervenire ulteriormente per evitare che associazioni e società sportive scompaiano, determinando un danno enorme, non solo economico, ma anche sociale.
Per tale ragione, il ministro dello Sport, Spadafora, ha assicurato ulteriori interventi in merito. Perché, mentre in grande maggioranza si dibatte sul calcio professionistico e sulla querelle per il taglio di stipendi milionari, è nello sport dilettantistico che si svolge la quotidiana attività della gran parte degli sportivi italiani. Un settore che soffre e che non deve restare indietro, perché è qui che, anche simbolicamente, si dovrà celebrare la rinascita del Paese da questo incubo chiamato Coronavirus.