Finti sold out ai concerti: chi controlla il mercato della “percezione” del successo

Negli ultimi giorni si moltiplicano le polemiche sui presunti sold out dei concerti musicali costruiti con biglietti regalati o venduti a prezzi simbolici. Il dibattito ha scatenato la reazione di artisti, addetti ai lavori e pubblico.


In un post pubblicato su Facebook Federico Zampaglione, frontman dei Tiromancino, ha spiegato che questo meccanismo è collegato alla distribuzione di biglietti scontati e gratuiti: i costi dei finti sold out, scrive Zampaglione, vengono pagati dagli artisti, che finiscono per indebitarsi con gli organizzatori pur di non ammettere il fallimento. Il musicista spiega che il discorso non è riferito a nessuno in particolare, ma a un meccanismo che “da anni sta distruggendo il meccanismo dei concerti e molte carriere“.

Il cuore della questione è che i concerti sono diventati la principale fonte di entrate per la maggior parte dei cantanti e delle band, visti i bassi guadagni dello streaming. Ma specialmente dopo la pandemia, nel settore della musica dal vivo si è consolidata una serie di storture che costringono o comunque spingono chi organizza concerti a farne sempre di più, e sempre più grandi, promuovendoli in modo sempre più altisonante e muscolare.

Per via di questa tendenza, capita più di frequente che le popstar organizzino troppi concerti e in posti troppo grandi per il loro pubblico, ottenendo vendite di biglietti sotto le aspettative. Questo dipende anche dal fatto che, dopo la grande espansione della musica dal vivo dopo la pandemia, ora l’aria sta cambiando e le cose nel settore vanno decisamente meno bene: ci sono troppi eventi, i biglietti sono troppo cari, e la gente non è più motivata come lo era due o tre anni fa. In tutto questo, riempire i palazzetti e gli stadi, e farlo per più sere consecutive, è diventato uno status molto desiderato ed esibito tra le popstar, fino al punto che in certi casi poter sbandierare di aver organizzato dei concerti di grande successo è diventato più importante di organizzarli per davvero, dal punto di vista comunicativo.

Sono però pochi quelli capaci di riempirli per davvero, ed è evidente che chi organizza i concerti non vuole che il musicista di turno si esibisca davanti a spalti visibilmente vuoti. Quindi, qualche settimana prima del concerto, capita che le agenzie mettano in vendita centinaia di biglietti a prezzi molto bassi tramite link riservati a promoter, sponsor, aziende, banche e associazioni di categoria. Costano pochissimo perché l’aspettativa è di venderne molti, e in blocco, in maniera tale da poter riempire le aree ancora vuote.

La blogger Selvaggia Lucarelli ha fatto da detonatore alla polemica e si è concentrata soprattutto sul caso della cantante italiana Elodie, per il cui concerto allo stadio Maradona di Napoli erano disponibili biglietti a soli 10 euro tramite link non pubblici. Nelle scorse settimane questi link erano circolati online, plausibilmente condivisi da chi ne era venuto in possesso: tra questi anche Lucarelli, che ne aveva uno e ne ha documentato l’esistenza pubblicando alcune schermate.

I link conducevano a una versione “riservata” del sito TicketOne, dove gli stessi biglietti che normalmente costavano tra i 50 e i 65 euro venivano proposti per l’appunto a 10. Ma Lucarelli ha menzionato anche altri casi, come quello del rapper Luchè, il cui concerto sempre allo stadio Maradona risultava a pochi giorni dall’evento ancora ben lontano dal riempimento. Anche in quel caso erano comparsi online, tramite link affiliati, biglietti venduti a 10 euro in settori che normalmente ne costavano almeno 30. Lo stesso meccanismo era stato utilizzato per altri artisti, da Gazzelle ai Duran Duran, con sconti anche più consistenti. In tutti i casi i concerti erano organizzati da Vivo Concerti o da agenzie che fanno parte dello stesso gruppo.

La ricostruzione di Lucarelli «non è così lontana dalla realtà», racconta un promoter che ha preferito restare anonimo per poter parlare liberamente della questione senza eventuali ripercussioni sul suo lavoro. I sold out finti sono «una di quelle cose che sanno tutti gli addetti ai lavori, ma che al di fuori della bolla arriva poco», e «i biglietti che vengono praticamente regalati a banche, assicurazioni e altri sponsor sono un segreto di Pulcinella», dice.

Secondo il promoter, queste pratiche cominciarono a essere sdoganate già una decina d’anni fa, quando le modalità con cui valutare il successo di un musicista furono stravolte dai servizi di streaming. «Gli ottimi numeri che un musicista raggiunge sulle piattaforme servono soltanto per costruire un’immagine di successo o essere inseriti in una playlist, ma spesso non corrispondono a un pubblico reale: essere disposti a pagare un biglietto per andare a un concerto è un’altra cosa». Per questo motivo, non è raro che le grandi agenzie «organizzino concerti in location molto capienti per musicisti con un buon seguito online, che però poi non riescono a riempire».

Oltre a questo scollamento tra successo percepito e seguito reale, un’altra ragione citata dal promoter è il ruolo sempre più centrale assunto da due grandi gruppi internazionali: Live Nation–Ticketmaster e CTS Eventim–TicketOne (che controlla anche Vivo Concerti). Questo duopolio, attivo in tutto il mondo e replicato anche in Italia, si è consolidato nell’ultimo decennio e ha centralizzato ogni aspetto del mercato dei concerti, dall’organizzazione dei live alla distribuzione dei biglietti, fino a esercitare «un ampio controllo sulla carriera degli artisti», dice il promoter.

Quando un musicista firma con un’agenzia, riceve spesso un anticipo in denaro: una somma da utilizzare subito, prima ancora di iniziare a esibirsi. Non si tratta però di un contributo a fondo perduto: è un investimento che l’agenzia si aspetta di recuperare con la vendita dei biglietti. Finché quell’anticipo non viene pareggiato, il musicista non guadagna nulla dalla sua attività dal vivo. «Gli anticipi che Live Nation–Ticketmaster e CTS Eventim–TicketOne possono permettersi sono fuori dalla portata dei promoter indipendenti: è così che riescono ad attrarre la maggior parte dei musicisti, che raramente possono rifiutare offerte così alte», spiega il promoter.

Un altro punto da sottolineare, evidenziato anche negli approfondimenti di Lucarelli, è che la pandemia ha paradossalmente rafforzato la posizione di questi grandi gruppi. Molti concerti erano stati annullati o rinviati, ma invece di essere rimborsati in denaro, i biglietti venivano spesso convertiti in voucher: buoni di pari valore da usare per eventi futuri. Questo ha consentito alle agenzie di trattenere grandi somme di denaro, mantenendo una liquidità immediata in un momento in cui il resto del settore era fermo. La congiuntura favorevole «ha reso la loro posizione, già dominante, praticamente incontestabile, permettendo loro di esercitare un controllo ancora maggiore sul mercato, a scapito degli operatori più piccoli e indipendenti».

Grazie a questa nuova forza contrattuale, molte agenzie hanno cominciato a offrire anticipi molto consistenti anche a musicisti e gruppi non necessariamente di grande richiamo, che in passato difficilmente avrebbero avuto accesso a cifre simili. Il promoter parla di «musicisti giovani e con anticipi fino a quel momento modestissimi che si sono trovati a firmare contratti da centinaia di migliaia di euro».

Per come funzionano questi contratti, l’entità degli anticipi si trasforma spesso in un vincolo: «pareggiare delle somme del genere non è semplice, se non hai un seguito così grande: significa dover fare tantissimi concerti ed essere legato a queste agenzie per diversi anni, dato che fino a quando la somma non viene incassata non si può firmare per altri». Quando gli incassi dei concerti non bastano a coprire l’anticipo ricevuto, l’agenzia rischia di non rientrare del proprio investimento. Ed è in questi casi che entrano in gioco i finti sold out: vendendo all’ultimo momento i biglietti rimasti a prezzi fortemente scontati, si cerca di riempire gli spalti e di salvare almeno l’apparenza.

Lo scopo non è aumentare i profitti, ma difendere l’immagine del musicista e giustificare l’investimento iniziale. «Poter dichiarare il tutto esaurito, anche solo formalmente, serve a mantenere alta la sua reputazione sul mercato: un concerto pieno “fa curriculum”, aiuta ad attirare sponsor, ottiene visibilità sui media e rende più facile vendere nuovi tour. È una strategia che non genera guadagni diretti, ma produce valore in termini di percezione, relazioni e opportunità future», dice il promoter.

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