“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico”. Questo bel verso di Giovanni Pascoli (L’aquilone) è un’ottima introduzione al tema del rinnovato interesse a livello mondiale per una scelta pedagogica che si afferma non solo come moderna, ma anche capace di aiutare a sviluppare quelle qualità e specificità del mondo femminile di cui la società italiana ha così bisogno e che sembra invece in qualche modo non valorizzare a sufficienza.
Non è un caso che tra le sostenitrici di questa modalità di fare scuola ci sia ad esempio Hillary Clinton, insieme ad un nutrito numero di sostenitrici e attiviste del movimento di riconoscimento della donna, e da scuole strutturate secondo questi criteri siano usciti personaggi famosi ed importanti quali Margaret Albright e Condoleeza Rice, per restare nel mondo della politica, Gwyneth Paltrow Sigourney Weaver e Reese Witherspoon per parlare di cinema, e Marlisa Mayer, famosa per essere stata il primo ingegnere donna assunta da Google e la prima CEO incinta assunta da Yahoo questa estate.
Ma di quali scuole stiamo parlando? Di quelle omogenee o single sex per dirla all’americana, le quali lungi dall’essere un retaggio di un passato che non vuole svanire, costituiscono una frontiera d’avanguardia, se è vero che il loro numero è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni specie nei paesi anglosassoni e oggi sono decine i milioni di studenti che le frequentano con risultati sorprendenti: basti sapere che tra le prime 10 scuole nella graduatoria di merito del Regno Unito 9 sono omogenee (sono 85 quelle omogenee tra le prime 100).
L’approccio pedagogico è ben fondato e intrigante e si basa sulla ben nota differenza di sviluppo tra maschi e femmine in una età che va dai 7 ai 16 anni grossomodo. Oltre che l’esperienza comune anche la psicopedagogia dà ragione di questa diversità di maturazione dovuta proprio alle differenze della femminilità e della maschilità: le ragazze maturano prima la capacità di concentrarsi, di riflettere, di lavorare, mentre i maschi hanno bisogno di spazi e giochi anche energicamente dispendiosi per bilanciare l’eccesso di energie.
Ne consegue che la separazione tra i sessi a scuola, a esclusivo scopo didattico (del resto è ciò che accade nel mondo dello sport che in questo modo può valorizzare le specificità di entrambi), produce risultati importanti perché permette a bambine e bambini di crescere ed apprendere secondo i propri ritmi, a mettersi in gioco senza soffrire per la presenza di elementi di sesso opposto nella preadolescenza quando il giudizio può avere il peso di un macigno, e di valorizzare la formazione di legami con coetanei del proprio sesso per essere più pronti e capaci di affrontare quelli di sesso opposto. Cosa che oggi per fortuna non è più una complessità come poteva essere negli anni Sessanta. Anche in questo caso la psicopedagogia conferma: Mariolina Migliarese, autrice tra l’altro di alcuni libri di fama come La coppia imperfetta e La famiglia imperfetta, in un recente intervento (cliccando qui sopra trovate l’audio del suo intervento) ad un convegno organizzato dal centro scolastico Monforte ha chiarito come durante la pre-adolescenza, età che oggi si estende dai 9-10 anni fino ai 14-15, la possibilità di studiare in un ambiente omogeneo facilita la formazione della personalità e aumenta l’auto-stima e la fiducia in se stessi.
In Italia esiste solo una associazione che ha compito questa scelta, fin dagli anni Settanta: si tratta dell’Associazione Faes al cui metodo pedagogico si ispirano scuole di quattro città in Italia: oltre a Milano, le altre città in cui sono presenti simili scuole sono Verona, Bologna e Roma (maggiori informazioni sono reperibili a questo indirizzo web http://faesbookmilano.blogspot.it/p/chi-siamo.html)
Il liceo classico Monforte di Milano ha ottenuto la scorsa primavera un riconoscimento ufficiale importante essendo stato insignito dalla Fondazione Agnelli del titolo di miglior liceo classico milanese grazie ai risultati ottenuti dalle sue ragazze nei primi anni di università. Le loro storie insieme a quelle di altre ex alunne possono essere lette in questa pagina web che raccoglie foto ed interviste (http://www.scribd.com/doc/95032588/Interviste-Monforte).
Ciò che emerge dalle loro vicende così come dalle storie di chi ha frequentato questa scuola è la capacità di affrontare la vita con coraggio e a testa alta che caratterizza tutte le “monfortine”. Sembra di poter affermare che questa scelta pedagogica ha contribuito allo sviluppo di personalità forti e sane, così da permettere a queste ragazze di perseguire con caparbietà e coraggio i propri obiettivi, quali che fossero: la famiglia, l’occupazione professionale, lo sport.
Le scuole Faes si rifanno ad un modello educativo omogeneo particolare, ispirato all’opera del pedagogista Victor Garcia Hoz, come circa un altro migliaio di scuole in tutto il mondo, scuole che accolgono oltre un milione di studenti di tutti e cinque i continenti.
La scarsa diffusione di scuole omogenee in Italia sembra dunque più dovuta a pregiudizi che non a fondamenti scientifici, dato che nel mondo intero così come in Italia, chi ha frequentato questo tipo di scuole non solo non si mai trovato in difficoltà rispetto ai compagni che hanno fatto un’altra scelta, ma anzi –a far parlare i risultati e i testimonial famosi come la Clinton- speso hanno avuto dei vantaggi. Sarebbe ora di mettere da parte le prevenzioni ed esaminare questa possibilità di educazione per i risultati che produce, per prendere poi ovviamente la scelta che si ritiene migliore per i propri figli.
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