La storia delle Repubbliche Marinare che hanno inventato il capitalismo e la globalizzazione

Quella delle Repubbliche Marinare è una storia di coraggio, capacità e fantasia, una storia italiana. In una penisola dominata dal feudalesimo e da un’economia chiusa, Amalfi, Venezia, Genova e Pisa rappresentavano il ponte commerciale più diretto tra il Continente e il Mediterraneo arabo/bizantino.


Le Repubbliche Marinare sono state una variante delle forme istituzionali della civiltà comunale, nella quale l’elemento caratterizzante verte più sul ruolo economico che non sulla tipologia degli istituti di governo.

La loro storia si intreccia sia con l’avvio dell’espansione europea verso Oriente, che si realizzò attraverso il controllo delle rotte mediterranee strappando ai musulmani la supremazia navale, sia con le origini del moderno capitalismo, inteso come sistema mercantile e finanziario.

mercanti delle repubbliche marinare italiane istituirono le prime forme economiche del capitalismo: utilizzarono monete coniate in oro, in disuso da secoli, misero a punto nuove operazioni di cambio e di contabilità e incentivarono i progressi tecnologici nella navigazione, supporto fondamentale per la crescita della ricchezza mercantile.

Tra le città marinare la prima in ordine cronologico a conseguire una considerevole forza economica fu Amalfi: i mercanti amalfitani riuscirono a sottrarre agli arabi il monopolio dei commerci mediterranei, fondando già dal X secolo basi mercantili in diversi punti dell’Italia meridionale e del Medio Oriente. Agli amalfitani è attribuito, con qualche riserva, il primo codice di diritto marittimo (Tavole amalfitane).

Amalfi fu la più antica delle repubbliche marinare. Essa aveva fatto parte del dominio bizantino, ma verso la metà del secolo IX, quando, a causa dei continui attacchi dei Musulmani, dovette provvedere con mezzi propri alla sua difesa, ed acquistò piena autonomia politica.

A capo dello Stato era il Duca, eletto dai cittadini nel pubblico parlamento o arengo. Amalfi combatté ripetutamente contro i Musulmani. Si deve ricordare al riguardo, la famosa vittoria di Osti (849), quando una potente flotta di Musulmani, che minacciava Roma, fu quasi distrutta. Nel complesso, tuttavia, Amalfi cercò di vivere in pace con i turchi per i suoi traffici commerciali. Aveva colonie fiorentissime a Costantinopoli, in Siria, in Egitto, sulle coste dell’Africa, e poiché queste colonie erano già in decadenza all’epoca delle Crociate, non poté, come le altre repubbliche marinare, prendere parte attiva alle stesse e trarne vantaggio. Amalfi è inoltre famosa per le sue Tavole Amalfitane del sec. XII, una specie di codice mercantile e marittimo, che rimase in vigore per secoli in quasi tutto il Mediterraneo.
Tuttavia la potenza di Amalfi durò poco: oppressa dai Normanni (1076), vinta e saccheggiata dalla rivale Pisa (1135), cessò praticamente di esistere nei primi anni del secolo XI.

Pisa, posta alle foci del fiume Arno, che era allora navigabile fin sotto le porte della città, aveva fatto parte del Regno italico, e, più tardi, del marchesato di Toscana; ma verso la fine del secolo X, quando dovette difendersi da sola per le continue scorrerie dei Musulmani, divenne completamente autonoma. A capo dello Stato erano i Consoli, magistrati eletti dal popolo, con attribuzioni ancora poco chiare.
A differenza di Amalfi, Pisa dovette combattere a lungo contro i Musulmani, che, dalle vicine isole della Sardegna e della Corsica, operavano frequenti scorrerie sulle coste del Tirreno, e in questa lotta ebbe alleata Genova, anch’essa minacciata nella sua sicurezza.

Nel corso del secolo XI, con una serie di imprese militari che precedettero le Crociate, le due città alleate costrinsero i Musulmani ad abbandonare le isole. E proseguendo la guerra fin sulle coste dell’Africa e della Sicilia, nei primi anni del secolo XII occuparono anche le Baleari.

Pisa seppe notevolmente avvantaggiarsi delle Crociate, insediandosi nel Levante e nel Tirreno con importanti aziende commerciali. La sua potenza però non durò molto: entrata in conflitto con la sua ex-alleata per il possesso della Sardegna, della Corsica e delle Baleari, condusse una guerra che durò due secoli, e che terminò con la famosa sconfitta navale della Meloria nel 1284, da cui non seppe più risollevarsi.

Anche Genova, come Pisa, aveva fatto parte del Regno italico, sotto il governo dei marchesi Obertenghi; ma verso la fine del secolo X acquistò autonomia politica. A capo dello Stato fu dapprima il vescovo, poi i Consoli, ed infine il Doge, eletto a vita (primo doge fu Simon Boccanegra, 1339); ma il protagonista del governo fu sempre la Compagna, una grande associazione di mercanti e di marinai, che amministrava i beni del Comune e promuoveva ogni genere di iniziativa. Genova si alleò con Pisa contro i Musulmani, ma, entrata in conflitto con la sua ex-alleata, rimase unica padrona del Tirreno e del Mediterraneo occidentale.

Anch’essa si avvantaggiò notevolmente dalle Crociate; e nella seconda metà del secolo XIII, in contrasto con la potenza veneziana in Oriente, ottenne importanti privilegi in Asia Minore e il libero commercio nel mar Nero. Tuttavia la rivalità con Venezia segnò la fine della potenza genovese: le due repubbliche si combatterono aspramente per quasi due secoli in parecchie battaglie navali, tra cui più notevole, sulla fine del Duecento, quella presso l’isola di Curzola (1298), in cui l’ammiraglio genovese Lambi Doria riuscì a distruggere l’armata veneziana di Andrea Dandolo e a fare un gran numero di prigionieri, tra i quali il famoso viaggiatore Marco Polo. Ma nel Trecento, in seguito alla famosa guerra di Chioggia, Genova, esaurita dal lungo sforzo, fu costretta a riconoscere la supremazia veneziana.

Venezia fu la più importante e la più longeva tra le repubbliche marinare. Le sue origini risalgono ai secoli V e VI, quando, per sfuggire alle invasioni dei barbari (Goti, Unni, Ostrogoti, Longobardi), gli abitanti romani di Aquilia, e di altre città del Veneto, cercarono rifugio nelle isole della laguna (Grado, Caorle, Torcello, Malamocco, Chioggia, Rivalto). Essa fu dapprima soggetta al dominio bizantino, ma verso la fine del secolo VIII, venuta meno l’autorità bizantina sulla laguna per l’invasione longobarda, divenne autonoma.
A capo dello Stato era il Doge, eletto a vita (primo doge fu, secondo la tradizione, Paoluccio Analesto, 697); ma, per impedire che il suo potere si trasformasse in assoluto, i più alti affari dello Stato venivano deliberati dall’assemblea del popolo, detta arengo o concione.

Più tardi l’aristocrazia veneziana (che, a differenza dell’aristocrazia feudale, era formata dalle famiglie maggiormente arricchite con i traffici) riuscì ad assumere il potere politico, dando origine a un governo oligarchico. Nel 1172 l’arengo fu sostituito dal Maggior Consiglio, composto di 480 consiglieri; più tardi si introdusse il Minor Consiglio o Senato, composto da pregàdi, cosiddetti perché pregati dal Doge di dare il loro parere. Nel 1297 ebbe luogo la famosa Serrata del Maggior Consiglio, con cui si limitava il diritto di far parte del Maggior Consiglio solo a quelle famiglie che ne avevano fatto parte negli ultimi quattro anni.

In tal modo l’aristocrazia veneziana, già preponderante nel governo, assicurava a sé e ai suoi successori la somma dei poteri, trasformando la repubblica in una oligarchia.
Naturalmente ciò non poté avvenire senza provocare forti reazioni da parte degli esclusi (congiura di Baiamonte Tiepolo del 1310; congiura del doge Marin Faliero del 1355). Tuttavia queste congiure andarono fallite, e fornirono l’occasione per istituire il famoso Consiglio dei Dieci, coi relativi tre Inquisitori, che dovevano ricercare i colpevoli di delitti contro lo Stato (1310.

Venezia, per la sua posizione sull’Adriatico, che la rendeva tappa naturale del commercio fra l’oriente e l’Occidente, fu dapprima contesa tra i Franchi e i Bizantini; in seguito, resi vani tutti i tentativi a causa degli ostacoli naturali della laguna, iniziò autonomamente la sua espansione nell’Adriatico.

Verso la fine del secolo X, con il doge Pietro Orseolo II, Venezia si impadronì delle coste dell’Istria e della Dalmazia, abbandonate dai Bizantini. E verso la metà del secolo XI, alleata con gli stessi Bizantini, combatté contro i Normanni di Roberto il Guiscardo, che si erano insediati nel basso Adriatico minacciando la penisola balcanica, e pur senza ottenere una vittoria decisiva, ricevette la città di Durazzo e privilegi nel porto di Costantinopoli.

Lo sviluppo della potenza veneziana venne favorito anche dalle Crociate
, particolarmente dalla quarta (1204), che si concluse con la conquista dell’Impero bizantino e la fondazione dell’Impero latino d’Oriente.
In quella occasione Venezia si impadronì anche delle isole e dei porti dell’Egeo e dello ionio, ottenne per le sue merci l’esenzione dai dazi in tutti i paesi dell’Impero, e il suo doge prese il titolo di Signore di un quarto dell’Impero romano. La quarta Crociata rese in tal modo Venezia padrona di tutto il Mediterraneo orientale, consolidando la sua supremazia commerciale in oriente e la sua grandezza politica ed economica fino a tutto il secolo XVI.

Nella seconda metà del secolo XIII, avendo i Genovesi, recato aiuto ai Bizantini per la conquista dell’Impero latino d’Oriente, e ottenuto in compenso importanti privilegi in Asia Minore e nel mar Nero, si trovarono di fronte la rivale Venezia. Come detto le due repubbliche si combatterono aspramente per quasi due secoli in parecchie battaglie navali, tra cui nel 1298, quella presso l’isola di Curzola, in cui l’armata veneziana di Andrea Dandolo fu distrutta da quella genovese di Lamba Doria. Tuttavia nel Trecento, in seguito alla guerra di Chioggia, Venezia riuscì a far riconoscere a Genova la propria supremazia.

Con la vittoria su Genova, Venezia assume il ruolo di centro del commercio mondiale (per Braudel è la città-mondo del XIV sec.) e assieme a Genova è il più importante mercato europeo degli schiavi. La caduta di Costantinopoli (1453), la conseguente chiusura delle vie commerciali verso oriente, la scoperta dell’America ne segnano la decadenza.

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