La pandemia ha avuto peculiari ripercussioni sul mondo degli investimenti: l’incertezza e la complessità degli scenari hanno spinto verso la loro riduzione per mancanza di fiducia nel futuro e ciò, unitamente al calo dei consumi determinati dalle fasi di chiusura e lockdown, ha portato ad una crescita della liquidità sui conti correnti, con un risparmio che, solo nel nostro paese, toccherà presto i 2.000 miliardi di euro.
Eppure, a ben vedere, non tutto è fermo. In qualche modo l’attenzione degli investitori ha trovato nuove strade, animate dall’approfondimento di interessi e passioni che una fase di sospensione dalla vita attiva ha favorito.
La nicchia dei beni di lusso ne ha tratto infatti beneficio: opere d’arte, pietre preziose, auto d’epoca, gioielli e, neanche a dirlo, vino. Sempre più protagonista delle aste, diventato negli anni un oggetto non solo di degustazione ma anche di collezione, il nettare di Bacco negli ultimi mesi ha scalato posizioni tra gli asset di matrice emozionale, i cosiddetti passion asset.
Guardando ai dati del Knight Frank Alternative Investment Report, il mondo dell’enologia è ormai secondo soltanto a quello dell’arte, conquistando appassionati che si sono riscoperti investitori del proprio oggetto di culto.
Il giro d’affari mondiale è milionario, vede aumentare la richiesta per le produzioni italiane al fianco di quelle storiche francesi che restano tra le più quotate, nonostante il divario ormai sia quasi colmato.
Ma quali sono i mercati su cui si muove chi investe in vino?
Sono due i mercati paralleli su cui possono muoversi gli investitori: le aste online, di facile accesso anche nei prezzi, e le tradizionali case d’asta che, specie in quest’ultimo anno, hanno svolto le proprie attività anche attraverso il web.
Per entrambi i canali la pandemia ha giocato un ruolo di acceleratore di una tendenza che va a consolidarsi. Lo confermano operatori del settore come Bolaffi: il 2020 sarà ricordato come un’ottima annata per la vendita di vini, la casa d’asta non ha mai avuto così tanta richiesta quanto lo scorso anno, in occasione dei quattro appuntamenti organizzati, due dei quali in pieno lockdown.
Esistono poi fondi specializzati che acquistano in tutto il mondo per grandi investitori e che si assumono tutte le responsabilità della gestione.
Il più antico è The Wine Investment Fund che punta sui migliori vini Bordeaux, mentre VintHedge Italian Wine Growth Fund, lanciato da Banque de Patrimoines Prives, punta sull’Italia. Tra gli ultimi nati Wine Source propone investimenti su terreni coltivati a vigneto. In tutti questi casi si parla di una soluzione strettamente professionale, dedicata ad operatori specializzati, che limita molto il coinvolgimento dell’appassionato collezionista.
Come si fa a scegliere il vino su cui investire?
Se non ci si vuole affidare alle case d’asta o ai fondi di investimento la strada più semplice per muoversi autonomamente è acquistare le bottiglie più pregiate e per sapere quali sono basta fare riferimento all’indice del mercato secondario dei “fine wines”, il Liv-ex, che, come i più noti indici di borsa, segnala in tempo reale ed in modo puntuale l’andamento di domanda e offerta sul mercato del vino, offrendo enormi possibilità di investimento.
Fondato a Londra nel 2000 da due broker, James Miles e Justin Gibbs, il London International Vintners Exchange conta oltre 450 membri, con sede in 36 paesi di tutto il mondo, ed è diventato punto di riferimento per il fatto che i suoi indici, accessibili online e spesso ripresi come fonte quando si parla di investimenti nel mondo del vino, si basano su transazioni commerciali reali. I membri sono infatti start-up e commercianti affermati sulla cui attività a livello globale, che rappresenta circa il 95% del fatturato dei fine wine, si basano le informative del Liv-ex.
Il Liv-Ex Fine Wine 100 è l’indice principe dell’intera piattaforma, una classifica composta dai 100 vini pregiati più scambiati, vero benchmark di riferimento dell’intero mercato, che nei primi quattro mesi del 2021 è cresciuto del 4,35%.
Consultandolo si può scoprire per esempio che oggi tra i vini italiani più significativi ci sono le annate 2014, 2015 e 2016 del Sassicaia di Tenuta San Guido, la 2015 e 2016 del Tignanello e la 2015 del Solaia di Antinori, la 2013 e la 2015 di Ornellaia e la 2014 e 2015 di Masseto della famiglia Frescobaldi, il Barolo Monfortino Riserva 2010 di Giacomo Conterno, lo Sperss 2013 di Gaja, il Barolo Villero 2013 di Brovia ed il Barolo 2014 di Bartolo Mascarello.
Conviene investire in vino?
Negli ultimi 5 anni chi avesse investito nell’universo delle migliori bottiglie classificate nell’indice Liv-ex 100 avrebbe avuto una performance vicina al 30%.
Questo perché con il passare degli anni il valore delle bottiglie tende a salire e per le etichette più blasonate non risente delle oscillazioni dei mercati finanziari, anche in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo a causa dell’emergenza sanitaria.
Ovviamente per godere di rendimenti consistenti è importante saper aspettare perché l’invecchiamento fa la differenza. Se poi si ha una buona propensione al rischio si può puntare sugli outsider che si affacciano sulle vendite internazionali spinti dalla critica di opinion leader come James Suckling, Monica Larner o Bruce Sanderson per citarne solo alcuni.
Da non sottovalutare il dato che i rendimenti da investimento in vino, a differenza di quelli da investimenti finanziari, sono esentasse.
Perché l’investimento in vino ha una marcia in più?
Pare che il successo del vino quale bene di investimento abbia un ingrediente particolare, il cui peso è direttamente proporzionale alla passione che lega l’investitore all’oggetto della sua operazione che, nella maggior parte dei casi, pare non essere esclusivamente finanziaria.
Uno dei più famosi collezionisti nel nostro paese, l’avvocato Agnelli, a chi gli chiese perché investisse in pregiate etichette rispose: “Preferisco il vino alle azioni quotate in borsa: se andasse male lo posso bere, con le azioni non ci posso fare niente!” E a lui fa eco il guru della finanza Warren Buffet che ripetutamente consiglia di investire almeno l’1% della propria ricchezza in vino aggiungendo: “Investi solo in qualcosa che saresti perfettamente felice di tenere se il mercato chiudesse per dieci anni”.
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