Sono i rifiuti la vera energia nascosta dell’Africa

L’Africa ha un potenziale nascosto che le permetterebbe di produrre energia, ottenere ricavi, garantire benessere: la gestione dei rifiuti. In un continente dove la disponibilità di energia elettrica è il tallone d’Achille per molti territori, soprattutto nelle zone più remote e nei villaggi, proprio gli “scarti‘ prodotti dalle città e dalle comunità potrebbero rivelarsi un’ottima fonte di approvvigionamento energetico, minimizzando anche l’impatto ambientale del cosiddetto Municipal Solid Waste (MSW). E si tratta di tecnologie da portare sul territorio come l’incenerimento dei rifiuti e lo sfruttamento dei “landfill gas”, i gas di discarica.
Secondo lo studio “Evaluation of energy potential of Municipal Solid Waste from African urban areas‘, pubblicato sulla rivista internazionale “Renewable and Sustainable Energy Reviews‘, infatti, l’elettricità derivante dal trattamento dei rifiuti nel continente africano potrebbe passare dai 62.5 TWh registrati nel 2012 ai 122.2 TWh nel 2025, a fronte di un consumo energetico che nel 2010 in Africa era pari a 661.5 TWh. Mentre se si rimanesse ai livelli odierni di “waste management‘, si passerebbe dai 34.1 TWh del 2012, agli 83.8 TWh stimati nel 2025. Se adeguatamente sfruttato, dunque, nel 2025 il trattamento dei rifiuti potrebbe rispondere alle esigenze energetiche di oltre 40 milioni di abitazioni.

Il mercato è in mano alle Ong

L’Africa è un continente che – a fronte della sua popolazione – oggi ha anche il minor numero al mondo di impianti per il trattamento dei rifiuti. Basti pensare che nel 2010 c’erano oltre 600 impianti per ricavare energia dai rifiuti, di questi 472 in Europa, 100 in Giappone e 86 negli Stati Uniti. In Africa il numero di impianti tutt’ora è minimo e dimostra come l’occasione derivante dal “waste management‘ sia un’opportunità ancora tutta da cogliere, sia per i governi municipali e nazionali che per le aziende.

Tra gli Stati che più di tutti avrebbero bisogno di sviluppare questo tipo di tecnologie, secondo i ricercatori, la Repubblica Centraficana, il Burundi, la Guinea-Bissau, il Mali, la Sierra Leone, il Rwanda e la Somalia. Territori spesso critici anche dal punto di vista della stabilità politica e sociale.

“Il trattamento dei rifiuti – spiega Nicolae Scarlat, ricercatore scientifico alla Commissione europea, tra i coordinatori dello studio – è certamente un sistema costoso per la maggior parte delle città africane, che oggi usano il 20-50% del loro budget per il cosiddetto ”waste management’, a fronte di una forbice tra il 20 e l’80% di rifiuti poi effettivamente raccolti. Alcune aziende locali, cooperative, Ong sono coinvolte nel trattamento dei rifiuti e alcune associazioni internazionali hanno sponsorizzato il compostaggio su piccola scala‘. Ma si tratta comunque di interventi spot o limitati a pochi territori, non in grado di essere messi a sistema per generare energia in modo continuativo, a fronte di un potenziale comunque molto alto.

Le potenzialità di riconversione delle discariche

“I centri urbani – spiega ancora Scarlat – trattano i rifiuti in modo minimo il che ha come conseguenza livelli molto bassi di differenziata. Questo dipende da una mancanza di risorse in termini di uomini, tecnologie, processi e investimenti‘. La maggior parte delle città in Africa hanno un sistema di gestione dei rifiuti che rientra sotto il dipartimento sulla Salute. E gli unici finanziamenti che le città ricevono derivano dal governo centrale.  “Ci sono poi diverse attività che possono essere incrementate attraverso una gestione efficace dei rifiuti – sottolinea Scarlat – possiamo citare per esempio l’Egitto, l’Uganda, il Ghana, la Nigeria, il Sudafrica, la Tunisia, e lo Zambia che stanno riconvertendo i siti delle discariche in luoghi sanitari‘.

Tra gli esempi migliori sul fronte del waste management, infine, secondo Scarlat c’è il Sudafrica, dove la raccolta dei rifiuti cresce del 2-3% ogni anno, in parallelo a una legislazione ambientale che ricalca quelle europee. Un primo esempio di best practice che – se venisse seguito da tutto il continente e messo a sistema in modo organico – potrebbe condurre l’Africa verso un approvvigionamento sempre più “in house‘ dell’energia, trasformando un problema in opportunità di crescita.

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1 Commento

  1. LE TUE VALUTAZIONE LI HO TROVATE MOLTO INTERESSANTI
    MA COME VEDI NON TUTTI SIAMO A CONOSCENZA DI TUTTO
    GRAZIE E BUON LAVORO V.S.

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