Enrico Piaggio, l’uomo che inventò la Vespa, la “moto non-moto” che ha conquistato il mondo

Il padre biologico (non tecnico) della Vespa, lo scooter più famoso del mondo, si chiamava Enrico Piaggio, erede dell’omonima dinastia che allora produceva aerei. Una persona normale, riservata ma dotata di grandissima intelligenza pratica. Studi di economia e poi in azienda.

L’evento più notevole della sua vita, prima dello scooter, accade il 25 settembre del 1943 nella hall dell’hotel Excelsior di Firenze. Poiché non è svelto a alzarsi in piedi mentre alla radio parla il generale Graziani, un ufficiale della Repubblica sociale di Salò gli spara un colpo di pistola. Ricoverato in ospedale, lo salvano, ma gli devono asportare un rene. Poi torna in azienda.

La Piaggio nasce per fare aerei. Sono le circostanze a spingerla verso gli scooter. Subito dopo la guerra in  azienda si attraversa un momento delicato: gli impianti per fare aerei sono stati danneggiati dalla guerra. E quindi bisogna inventarsi qualcosa. Sono giorni in cui girano pochi soldi e anche poca benzina. Però la gente ha voglia di muoversi. La strada giusta è quella di dare agli italiani una specie di moto. Enrico Piaggio in realtà non sa bene che cosa vuole. Sa solo che vuole una cosa che non c’è e che nessuno ha mai visto.

Per ottenere questa cosa misteriosa, ha però un’idea importante: si rivolge all’uomo giusto, cioè all’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio, che sarà il padre “tecnico” della Vespa, e che ha progettato il primo elicottero italiano.

L’ingegnere detesta le moto, proprio non gli piacciono. In particolare, non gli va che si debba scavalcare la moto per salirci sopra.

La sua grande invenzione è appunto questa: grazie alla sua abilità come progettista di aerei, disegna la prima “moto” a scocca portante, che quindi non ha bisogno di un tunnel centrale con il motore e tutto il resto. Sempre perché detesta le moto normali, porta il cambio sul manubrio. Per il motore non ci sono problemi: D’Ascanio prende un motorino di avviamento da aereo e con quello fa correre il suo scooter. E’ nata la Vespa, il 23 aprile del 1946.

Il nome sembra che sia stato merito di Enrico Piaggio: alla vista del primo esemplare avrebbe appunto esclamato “sembra una Vespa”. Lo scooter, molto apprezzato anche per il suo straordinario design, gode subito di grande fortuna e di molte imitazioni. Piace molto, fra gli altri, anche ai registi: tutti ricordano Gregory Peck e Audrey Hepburn a spasso per Roma su una Vespa.

Grande successo, quindi, anche commerciale. Ma poi comincia la parte complicata della vita dello scooter.

Nel 1964 la parte motociclistica viene scorporata dal resto della Piaggio che fa aerei e per un po’ rimane sotto il controllo della famiglia. Poi passa agli Agnelli, per matrimonio. E questa è una storia curiosa e intricata. Enrico Piaggio aveva spostato la contessa Paola Antonelli (grande casato fiorentino). La contessa, però, era stata sposata già una volta con il colonnello Alberto Bechi Luserna. Da questa unione era nata una figlia, Antonella. Enrico Piaggio, quando sposa la contessa Paola, ne adotta anche ufficialmente la figlia, che infatti si chiamerà Antonella Bechi Piaggio. La ragazza, di grande bellezza e classe, sposa Umberto Agnelli, il numero due della famiglia torinese dell’auto. E hanno un figlio, Giovanni Alberto Agnelli, che si porta dietro la Piaggio, di cui diventa presidente. Successivamente Umberto si separerà da Antonella e sposerà Allegra Caracciolo di Castagneto, cugina della moglie dell’Avvocato.

Anche la fine di Enrico Piaggio è abbastanza strana. Si sente male in ufficio mentre è in corso uno sciopero molto duro degli operai Piaggio, a Pontedera. La folla degli scioperanti è talmente fitta che l’ambulanza fa fatica a raggiungere, fra due ali di folla ostile, la palazzina con Enrico sofferente. Alla fine riescono a fendere la folla e a portare il paziente in ospedale. Morirà dieci giorni dopo. Alla notizia della sua scomparsa cessano di colpo tutte le agitazioni e c’è solo silenzio. Al suo funerale partecipa in pratica tutta Pontedera, migliaia di persone: nessuno, nel momento della scomparsa, dimentica quello che Enrico ha fatto per la città.

Ma torniamo alla storia della Vespa.

Giovanni Alberto, molto posato e attento, è sempre stato  considerato dai due fratelli Agnelli come il vero erede dell’impero torinese. E più volte è stato indicato come tale, anche in occasioni pubbliche. Ma Giovannino, come era chiamato confidenzialmente per distinguerlo dallo zio Gianni, a poco più di trent’anni viene colpito da una forma rarissima di cancro allo stomaco. Fa lunghi soggiorni in America alla ricerca di una cura, ma a pochi giorni dal Natale del 1997 si spegne.

La tragedia provoca il disinteresse degli Agnelli verso la Piaggio, che era sempre stata considerata “di Giovannino”. Alla fine viene ceduta a Roberto Colaninno (quello della scalata Telecom), che ne farà  la capogruppo di un polo motociclistico, fra cui Laverda, Aprilia e Moto Guzzi.

E qui comincia una specie di seconda vita della Vespa. Colaninno ha molta esperienza di mercati esteri e intuisce che il futuro della Vespa sta soprattutto in Asia, dove moltissima gente ha voglia di spostarsi, ma ha pochi soldi. Insomma, dopo più di settant’anni la Vespa corre ancora.

Giuseppe Turani
Informazioni su Giuseppe Turani 56 Articoli
Giornalista economico e Direttore di "Uomini & Business". E' stato vice direttore de L'Espresso e di Affari e Finanza, supplemento economico de La Repubblica. Dal 1990 al 1992 è editorialista del Corriere della Sera, del mensile Capital e dei settimanali L'Europeo e Il Mondo. Ha scritto 32 libri.

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