L’eterno ritorno di Carlos ‘Lo Sciacallo’, il terrorista più feroce degli anni 70

Dalla Strage di Bologna agli attentanti in joint-venture con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) di Arafat, balle bombe di Parigi alle azioni eversive in Germania, il nome di Ilich Ramírez Sánchez ritorna costantemente alla ribalta come mandante, esecutore o ispiratore. Uno dei personaggi più controversi del terrorismo mondiale con legami insospettabili in molti ambienti istituzionali, la storia criminale di “Carlos Lo sciacallo” inizia a Michelena in Venezuela dove nasce nel 1949. Il padre è un ricco avvocato di Caracas, amante del marxismo. Fin da piccolo, Carlos viene avviato al comunismo, la dottrina che sconvolgerà la sua vita.


Nel 1964 si unisce alla gioventù comunista venezuelana e partecipa ad attività sovversive contro il governo. Un’escalation che arriva fino al 1966, quando si trasferisce a Londra per studi. L’atmosfera della City inebria Carlos: inizia a frequentare feste e a sviluppare quello stile da playboy che lo avrebbe reso celebre negli anni successivi. La frivolezza di Carlos non va però giù al padre che lo spedisce a Mosca, a studiare alla Patrice Lumumba University. Allergico alla disciplina, nel 1970 Carlos viene espulso per aver partecipato a una manifestazione di giovani studenti arabi: sarà l’inizio del suo lungo rapporto con il Medio Oriente.

Si trasferisce in Giordania, in un campo di addestramento del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. È qui che prende lo pseudonimo di Carlos, poi ribattezzato Lo sciacallo dalla stampa per una copia del romanzo Il giorno dello sciacallo di Frederick Forsyth trovata fra le sue cose. Dopo una lunga formazione, nel 1973 Ilich firma il suo primo attentato: spara contro il direttore di un grande magazzino londinese, ma il colpo di pistola sfiora e danneggia solo la dentiera dell’uomo.

È solo l’inizio di una lunga serie di operazioni sovversive che sconvolgono l’Europa per oltre un decennio. Nel 1974 fornisce consulenza logistica all’Armata rossa giapponese, gruppo terroristico internazionale che sequestra l’ambasciatore francese all’Aia e altri 10 funzionari prima di fuggire in Yemen e Siria. L’anno dopo un altro sequestro, stavolta a Vienna. Insieme ai militanti palestinesi, prende in ostaggio la sede dell’Opec, provocando tre morti.

Teatro delle sue azioni più violente è, però, la Francia.  Nel ‘73 uccide due persone con una bomba a mano in un Drugstore Publicis (delitto per il quale è stato condannato nel marzo 2017), mentre due anni dopo massacra a sangue freddo due poliziotti e un informatore. Il suo regno del terrore arriva fino agli anni ’80 quando un attentato contro il treno Tolosa-Parigi, sul quale avrebbe dovuto trovarsi l’allora sindaco di Parigi Jacques Chirac, causa cinque morti. Al centro di una rete terroristica internazionale, Carlos entra in contatto con la Stasi, la polizia segreta della Germania est, e col gruppo estremista tedesco Revolutionäre Zellen, del quale fa parte anche Magdalena Kopp, sua compagna per 13 anni.

Un personaggio così misterioso non poteva che avere una cattura altrettanto singolare. Nel 1991 Carlos si rifugia in Sudan: le autorità del Paese lo mettono sotto protezione ma, dopo tre anni, i servizi segreti francesi e americani riescono a trovare un accordo. Dopo un intervento chirurgico, Carlos viene trasferito in una villa diversa da quella in cui si nascondeva di solito. Durante la notte, due guardie del corpo, dopo averlo narcotizzato, lo consegnano agli agenti francesi.

Il 24 dicembre 1997 viene condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Parigi. Dal banco degli imputati, Carlos alza il pugno al cielo e grida: “Viva la rivoluzione”. Durante la detenzione si converte all’Islam e si sposa con Isabelle Coutant-Peyre, il suo avvocato nei processi francesi: è la sua terza moglie, dopo Magdalena Kopp e la palestinese Lana Jarrar. Nel marzo del 2000, dal carcere parigino della Santé, Carlos parla per la prima volta con la stampa italiana del caso Moro. Secondo il terrorista, i servizi segreti italiani trattarono il rilascio del presidente della Dc con esponenti delle Brigate Rosse, in cambio della scarcerazione di alcuni estremisti: una trattativa fallita il giorno prima dell’omicidio.

Anche sulla strage di Bologna, Carlos ha una versione diversa da quella ufficiale. L’attentato non sarebbe opera «dei fascisti e ancora meno dei comunisti», ma di «yankee, sionisti e strutture della Gladio», con lo scopo di far ricadere i sospetti sul Fronte di liberazione palestinese. Carlos si è detto pronto a collaborare con la magistratura italiana per fare luce sulla strage, ma le toghe hanno ignorato le sue teorie, mai supportate da fatti significativi. Fino a questo momento, almeno.

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