I comportamenti di consumo nel mondo del vino negli ultimi due anni sono profondamente cambiati: la ricerca di informazioni in rete è aumentata esponenzialmente, l’e-commerce ha trainato il settore nel periodo più buio della pandemia e per gli enoappassionati è cresciuto il legame con la dimensione virtuale, insieme ai vantaggi che può offrire.
Questa interazione crescente con le piattaforme del mondo del vino, con un livello di fidelizzazione e un tasso di conversione in acquisti sempre maggiore, ha generato una quantità consistente di dati.
Recensioni, quesiti, operazioni tracciate, preziosi bit da elaborare ed interpretare secondo logiche predittive, hanno accelerato il passaggio ad uno step successivo di evoluzione del settore: quello di un maggiore impiego dell’intelligenza artificiale.
Alexa il sommelier virtuale
È in questo scenario che si inserisce la novità che ha tenuto banco nelle ultime settimane, il lancio delle nuove skills di Alexa, promossa a sommelier virtuale dalla società di Jeff Bezos.
Per farsi consigliare dall’assistente vocale di Amazon nella scelta di una bottiglia, basta pronunziare solo quattro parole magiche: “Alexa apri vino perfetto”.
Da qui inizia un viaggio attraverso migliaia di etichette italiane e straniere, dove la selezione è guidata dalle preferenze del navigatore. In primo luogo l’occasione per la quale si ricerca il vino: tra le opzioni suggerite l’aperitivo con gli amici, la cena romantica o speciale, la serata film, il tramonto con falò, il pranzo della domenica, un momento di relax dopo una giornata impegnativa.
Altro elemento che restringe il campo è il prezzo, con la possibilità di scegliere un valore massimo o uno minimo o di indicare un intervallo. Infine a contare è l’abbinamento con il cibo, da qui l’opportunità di segnalare le pietanze che si intendono servire.
Date queste coordinate si arriverà ad un elenco di opzioni tra le quali poter scegliere per poi procedere all’acquisto online.
Tastry l’assaggiatore virtuale
Ma le potenzialità nella gestione ed elaborazione dei big data legati al mondo del vino sono molto ampie e tutte ancora da esplorare.
Lo dimostra il progetto di Tastry, azienda californiana di scienze sensoriali, che nasce per rivoluzionare la valutazione di cibi e bevande, andando oltre le opinioni di panel di esperti e critici, per offrire ai consumatori “dati più oggettivi”. Come? Utilizzando l’apprendimento automatico e la chimica avanzata per insegnare all’intelligenza artificiale ad “assaggiare”.
Secondo la fondatrice, Katerina Axelsson, i dati della valutazione sensoriale umana sarebbero infatti “intrinsecamente incoerenti”, dal momento che le preferenze personali e l’accuratezza dei degustatori variano a causa di numerosi fattori, e non c’è modo di controllarne la precisione, sono lontani dai gusti della popolazione generale e le loro evidenze non sono applicabili a una base di clienti target.
Entra così in gioco la tecnologia di Tastry che decodifica i profili di aroma e sapore analizzando chimicamente in laboratorio decine di migliaia di vini all’anno. Parallelamente grazie ad un’app, BottleBird, Tastry acquisisce dati relativi al palato dei consumatori, al loro gusto personale e alle preferenze olfattive.
Utilizzando i due set di informazioni Tastry riesce ad individuare prodotti corrispondenti al gusto di target specifici con una precisione superiore al 92%, che arriva al 95% se le notizie fornite sono sempre più dettagliate.
In questo modo si risponde all’esigenza di personalizzazione che nasce in un mercato in cui i prodotti sono veramente tanti, rendendo difficile orientarsi, al ristorante come tra gli scaffali di un punto vendita, ed arrivare ad un acquisto che soddisfi le preferenze e il gusto dei singoli.
Ma i vantaggi non sono solo per i clienti. Il progetto, che entro la fine del 2021 sbarcherà in Europa, vuole infatti supportare anche le aziende vinicole aiutandole a rendersi riconoscibili pur avendo budget di comunicazione contenuti, creando un ponte tre gli obiettivi dell’azienda e le esigenze del mercato.
Lo scopo è far risparmiare denaro sulla produzione, investire risorse nell’individuare prodotti adatti ai gusti dei potenziali clienti, e fornire informazioni ai team di vendita utili per migliorare le decisioni in termini di targeting e distribuzione.
La resistenza al cambiamento
In un mondo tradizionalista e poco aperto all’innovazione come quello del vino, c’è da aspettarsi una forte resistenza rispetto al dilagare di soluzioni di matrice algoritmica.
Significative le parole di Ronan Sayburn, maestro sommelier e responsabile del settore vini al 67 Pall Mall, club privato londinese dedicato agli amanti del nettare di bacco: lasciare che sia l’intelligenza artificiale ad effettuare valutazioni sulla scelta dell’etichetta giusta equivarrebbe a immaginare che un computer possa analizzare un’opera d’arte.
Sarebbero troppi gli aspetti emozionali che rimarrebbero fuori, andando ad intaccare il fascino di un mondo che è fatto di ritualità e gestualità e in cui l’intervento dell’uomo resterebbe insostituibile.
E che dire del ruolo di guide ed esperti valutatori che hanno fatto negli ultimi decenni il successo, anche in termini di vendite, di grandi brand? Il loro ruolo potrebbe mai essere ridimensionato e scavalcato dalla potenza dell’elaborazione dei grandi numeri? Intanto la rivoluzione è in atto e le accelerazioni degli ultimi mesi ne fanno uno dei trend che contribuirà a ridefinire gli equilibri del settore.
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