Donald, nessuno e centomila

Con quella faccia un po’ enigmatica, con un’altezza oltre il metro e novanta, Donald Sutherland è stato un attore eclettico, intenso, capace di trasfigurarsi nonostante o, forse, grazie ai lineamenti particolari. Non era un “bello” e nel vecchio stile di Hollywood sarebbe stato un villain, un cattivo con i suoi occhi inquietanti, perfetti per diventare feroci.


Ci ha lasciati da qualche giorno fa Donald Sutherland a 88 anni, un camaleonte del cinema che recitava senza strafare ma con grande talento. Si sono chiusi quei grandissimi occhi azzurri, a volte severi o ambigui, che sullo schermo diventavano ancora più grandi e sembrava volessero uscire dalle orbite. Arrivò al successo per caso, in Quella sporca dozzina dove fu ingaggiato per una sola battuta, poi si impose una sostituzione e qualcuno della produzione MGM gli disse: «Ehi tu con le orecchie grosse, vieni avanti, la parte è tua».

Ha recitato in quasi 200 film ma non ha mai avuto una nomination all’Oscar e quando nel 2017 gli hanno dato l’Oscar alla carriera, ha commentato: «Non mi sentivo in scadenza, ma a 82 anni il tempo cominciava a scarseggiare». La notizia della sua morte avvenuta a Miami è stata data dal figlio Kiefer sui social: “Con il cuore pesante, vi dico che mio padre, Donald Sutherland, è morto. Personalmente lo ritengo uno degli attori più importanti della storia del cinema. Mai scoraggiato da un ruolo, buono, cattivo o brutto. Amava ciò che faceva e faceva ciò che amava, e non si può mai chiedere di più. Una vita ben vissuta”.

Ottenne i suoi primi ruoli da attore già negli anni Sessanta, mostrando fin da subito una straordinaria capacità di passare da ruoli comici a quelli di antieroi e personaggi più seri, persino malvagi, come quello nella saga di Hunger Games. Nel 1964, recitò nel film italiano Il castello dei morti viventi e durante gli anni ’70, si costruì una solida reputazione con le interpretazioni in film cult come Quella sporca dozzina, MASHKlute . La sua versatilità lo ha portato a interpretare una vasta gamma di ruoli, spesso nei panni di personaggi complessi e potenti.

Sutherland, canadese di origine, ha lavorato con alcuni dei più grandi registi italiani, tra cui Bernardo Bertolucci nel suo film culto Novecento del 1976, dove ha interpretato Attila, il sadico e pluriomicida gerarca fascista. Successivamente dichiarò di essersi pentito della scelta e aggiunse di non essere riuscito a rivedere il film per anni.

Nello stesso anno incarna Giacomo Casanova nel Casanova di Federico Fellini. Più che il personaggio dell’eterno seduttore Sutherland era stato attratto dall’opportunità di lavorare con il grande maestro italiano. “Sul set mi diceva sempre: ‘cerca di accettare la realtà ma anche l’irrealtà’ – raccontava – Per me era piuttosto difficile perché allora ero un tipo piuttosto razionale. Ma le cinque settimane con lui, passate ad ascoltarlo, è stata una delle esperienze più belle della mia vita. E mi ha cambiato. Quando, poi, Federico mi ha chiamato a Roma per farmi vedere il film montato è stato un momento molto commovente: ha preso la mia mano e mi ha detto questo è il mio lavoro migliore. Per me è stato un grande onore farne parte”.

Invidiabile anche la carriera in tv, grazie alla quale Sutherland ha vinto un Golden Globe per Path to War e un Emmy Award per Citizen X. I suoi ultimi ruoli sono stati quelli nella serie The Undoing – Le verità non dette del 2021 poi nel film del 2023 Miranda’s Victim e nella miniserie Lawmen.

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