Donne e vino: la Pink Revolution è ancora a metà

Il mondo enoico nostrano si prepara ad archiviare il 2021 con l’etichetta di anno della “Pink Revolution”, consacrazione del superamento di una fase embrionale della relazione dell’universo femminile del Belpaese con il vino, che negli ultimi dieci anni ha subito una forte accelerazione evolutiva.

Dati alla mano si può effettivamente dire che oggi in Italia, ma non solo, le donne, in particolare le più giovani, vivono il loro rapporto con il nettare di Bacco con nuova consapevolezza.

La curiosità, il desiderio di approfondimento non solo delle caratteristiche dei prodotti ma anche delle storie delle realtà in cui nascono, che le portano anche ad essere protagoniste delle visite e degli eventi in cantina, hanno incoraggiato un incremento della spesa sul mercato interno facendole attestare su una quota del 55% dei consumatori regolari, traino per il segmento dei fine wines e principali fautrici della centralità del processo di premiumisation che interessa il settore e le sue dinamiche.

Tutto questo in un periodo particolarmente complesso che le donne hanno saputo affrontare con più slancio per una innata propensione al cambiamento, una propensione ampiamente confermata anche se messa a dura prova dagli scossoni della pandemia che hanno inciso fortemente sulle abitudini di consumo oltre che sugli scenari della distribuzione.

Si sono così lette pagine di entusiasmo per un “soprasso” rispetto ai consumatori uomini che aveva avuto i suoi prodromi già in piena emergenza sanitaria. In quella fase soprattutto le giovanissime millenials avevano giocato un ruolo chiave per la ripresa, spingendo da un lato su ricerche ed acquisti on line, dall’altro sulla diversificazione e sulla moltiplicazione delle occasioni per stappare a casa, compensando il venir meno della maggior parte delle opportunità legate al mondo della ristorazione, imbrigliato da divieti e chiusure a singhiozzo.

Una tendenza non solo italiana, come confermano gli studi di Wine Intelligence che vedono soprattutto negli Stati Uniti un altro mercato in cui la Pink Revolution si è fatta sentire e continua a produrre risultati in termini qualitativi e quantitativi: oltre oceano le donne sono motore per la crescita in termini di volume e di valore.

Peccato che la centralità dell’esercito femminile, certificata ed esaltata sul fronte dei consumi, si dissolva, insieme alla rivoluzione rosa, nel momento in cui il focus si sposta sulla dimensione lavorativa, sul contributo che quotidianamente le professioniste danno ad un mondo attraversato da profondi cambiamenti di cui pure sono artefici ampiamente riconosciute.

Limitazioni nella carriera, disuguaglianza nelle retribuzioni, difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata e molestie sono solo alcuni dei nodi di una realtà in cui le donne stentano a trovare una collocazione adeguata, come emerge da un recente studio sul gender gap nel settore vitivinicolo italiano condotto dall’Università di Siena.

Qui i numeri cambiano e c’è poco da celebrare. Le professioniste, poco presenti in vigna e in cantina e attive per l’80% soprattutto nelle funzioni amministrazione, comunicazione e marketing, faticano ad accedere a ruoli di responsabilità, nonostante sostengano con il loro contributo in termini di empatia e creatività il processo di terziarizzazione che sta attraversando il settore.

Altro aspetto scoraggiante è quello degli stipendi dove la diseguaglianza emerge soprattutto ai vertici: solo il 2% delle donne guadagna più di 2.500 euro netti al mese, contro il 5% degli uomini.

Se ci si sposta sul piano del rapporto tra vita privata e lavorativa le cose si complicano: quasi otto donne su cento sono costrette a rinunciare alla propria carriera dopo essere diventate madri anche perché da un lato molte aziende non hanno una politica precisa in relazione al congedo parentale, dall’altro mancano strutture come asili nido o scuole dell’infanzia, pubbliche e private, nei pressi delle aziende.

L’ultimo dei dati riguarda le molestie: nel 6,9% delle aziende intervistate negli ultimi tre anni si sono verificati episodi di intimidazione, abuso vero e proprio e violenze contro le donne, una rilevazione probabilmente sottostimata perché in molte non denunciano, per timore di perdere il proprio posto di lavoro.

Anche nel settore vitivinicolo c’è dunque da combattere una piaga che affonda le radici nella cultura del nostro paese, ne beneficerebbe un mondo produttivo che attraversa una fase critica, con sfide importati da affrontare, e la Pink Revolution tanto esaltata è a ben vedere una rivoluzione a metà, un fenomeno che potrebbe esprimere un potenziale ben più ampio se ci si muovesse in una direzione in cui anche e soprattutto il contributo professionale delle donne fosse valorizzato e sostenuto.

Informazioni su Angela Petroccione 20 Articoli
Giornalista, esperta di comunicazione, muove i primi passi nel settore assicurativo per passare a quello politico istituzionale e al farmaceutico. La sua passione negli anni la porta a dedicarsi alla consulenza di marketing nel settore vinicolo. Racconta dei suoi viaggi e degustazioni in giro per l’Italia nel suo blog Visvino.

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