Secondo l’Eia, l’Algeria sarebbe il terzo Paese al mondo in termini di riserve stimate di shale gas (21 trilioni di metri cubi, tcm) alle spalle soltanto di Cina e Argentina. Un patrimonio di risorse ancora poco esplorato che potrebbe garantire al Paese nordafricano maggiori introiti grazie ad un potenziamento del mercato in Asia.
Gennaio è stato un mese di forti tensioni in Algeria. Da inizio anno, infatti, sono aumentate le pressioni nei confronti del regime di Bouteflika, per via delle attività di trivellazione effettuate dalla compagnia energetica nazionale Sonatrach nel sud del Paese, nei pressi della città di In Salah. Le manifestazioni, che hanno coinvolto numerose altre città nella parte meridionale dell’Algeria, si sono svolte per lo più in modo pacifico e hanno portato in piazza migliaia di persone contro la scelta del governo di aprire all’ingresso di grandi multinazionali energetiche interessate alle (a quanto pare abbondanti) risorse di shale gas localizzate nell’area. Tra le maggiori preoccupazioni dei manifestanti, i possibili danni ambientali e i rischi per la salute delle popolazioni locali determinati dalle attività esplorative, nonché la totale assenza di un dibattito pubblico sulla questione.
Nel tentativo di rassicurare i cittadini e calmare le proteste, il primo ministro Abdel Malek Sellal ha immediatamente annunciato che l’estrazione di shale gas non è nelle priorità dell’agenda governativa, e che per ora lo sviluppo di risorse convenzionali rimane il pilastro della politica energetica algerina. Una posizione che, tuttavia, potrebbe cambiare radicalmente nel caso in cui il mercato europeo del gas dovesse uscire dalla crisi della domanda che attualmente lo caratterizza, o in virtù di un forte re-indirizzamento delle strategie nazionali di esportazione verso il mercato Gnl.
Partnership energetica tra Algeria e Paesi europei
L’Algeria è il decimo Paese al mondo in termini di riserve di gas naturale, secondo in Africa dopo la Nigeria. Nono produttore globale, il Paese nordafricano è inoltre un partner energetico fondamentale per l’Italia e l’Europa intera. Il gas algerino contribuisce a soddisfare 13% delle importazioni italiane e il 10% di quelle europee, grazie soprattutto a una serie di infrastrutture che – sebbene ad oggi sottoutilizzate – legano in modo quasi inscindibile le due sponde del Mediterraneo: il gasdotto Transmed verso l’Italia (27 bcm), il Medgaz (8 bcm) e la Maghreb–Europe Gas Pipeline (12 bcm) verso la Spagna.
Nonostante la sostanziale contrazione delle esportazioni verso l’Italia (-45%) e l’Europa (-18%) – dovuta principalmente a questioni contrattuali e al calo della domanda europea di gas, alla luce degli ultimi avvenimenti geopolitici, l’Algeria è destinata a giocare un ruolo chiave per la sicurezza del vecchio continente. Da un lato, infatti, il destino del gas russo appare incerto a causa dei continui combattimenti in Ucraina orientale, e dell’incapacità (o non volontà) di Bruxelles, Mosca e Kiev di trovare una soluzione di compromesso alle ostilità. Dall’altro, la drammatica situazione in cui è sprofondata la Libia rappresenta un elemento di incertezza per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas provenienti da Tripoli. Alla luce di questi elementi, e nel caso la crisi economica europea dovesse attenuarsi e i consumi energetici riprendere in modo sostanziale, la situazione per l’Europa potrebbe divenire particolarmente critica e l’Algeria sarebbe chiamata a contribuire in moto determinante alla sua sicurezza energetica.
La strategia di diversificazione delle esportazioni
Nel frattempo, tuttavia, l’Algeria non può rimanere a guardare. Le rendite provenienti dal settore del petrolio e del gas naturale, infatti, sono un elemento fondamentale per la stabilità del regime del presidente Bouteflika. Esse rappresentano circa un terzo del prodotto interno lordo del Paese, il 70% delle entrate del governo e oltre il 90% delle esportazioni algerine. Nel 2013, a causa della contrazione delle esportazioni di gas verso l’Europa, gli introiti del settore petrolifero si sono attestati attorno ai 64 miliardi di dollari nel 2013, in discesa dell’8,5% rispetto ai 70 miliardi totalizzati del 2012. Nel 2014 questa situazione potrebbe ulteriormente peggiorare, anche in virtù del crollo dei prezzi del greggio, al quale sono indicizzati anche gli stessi i contratti per la vendita di gas naturale.
Alla luce dello stallo nei suoi mercati di riferimento (Spagna, Italia e Francia assorbono circa tre quarti delle esportazioni di gas algerino), il governo e la compagnia energetica nazionale Sonatrach stanno cercando di rafforzare la loro strategia di diversificazione delle esportazioni, puntando in maniera decisa sul gas naturale liquefatto (Gnl). In realtà, l’Algeria è stato il primo Paese al mondo a entrare nel settore del Gnl, quando nel lontano 1964 sono iniziate le attività del terminal di Arzew. Nonostante la lungimiranza di questa iniziativa, oggi l’Algeria è ancora un player minore nel mercato del gas naturale liquefatto. Infatti, la capacità di liquefazione totale dei due terminal di Arzew e Skikda, che si aggira attorno ai 33 bcm annui, è largamente sottoutilizzata: nel 2013 le esportazioni algerine si sono attestate a 15 bcm, circa il 4,5% del commercio globale di Gnl, ben lontano dal Qatar, leader global dell’export con 105 bcm annui.
In quest’ottica, Sonatrach è più che mai decisa a rafforzare la sua presenza in un mercato in forte espansione qual è quello asiatico, dove la crescita della domanda di gas e il livello dei prezzi sono ben più alti rispetto a quelli europei. L’espansione della capacità del terminal di Arzew di ulteriori 6 bcm annui è l’emblema del rinnovato interesse algerino verso il settore del gas naturale liquefatto.
Lo sviluppo di risorse non convenzionali
Sulla base dei dati forniti dall’Energy Information Administration (Eia) americana, l’Algeria sarebbe il terzo Paese al mondo in termini di riserve stimate di shale gas (21 trilioni di metri cubi) alle spalle soltanto di Cina e Argentina e davanti persino agli Stati Uniti, leader globale del settore. Secondo l’Eia, sarebbero proprio le aree limitrofe alla città di In Salah a ospitare gran parte delle risorse algerine.
Di fronte alle crescenti proteste popolari e per evitare ulteriori strumentalizzazioni politiche, il governo di Algeri ha immediatamente chiarito come le perforazioni effettuate nell’area di In Salah fossero semplicemente dei test per valutare le risorse non convenzionali in loco, e non i primi passi verso l’avvio delle attività di esplorazione e produzione nella regione. Nonostante le rassicurazioni fornite alla cittadinanza, il presidente Bouteflika non ha comunque escluso che in futuro, per garantire la sicurezza energetica (e non soltanto) del Paese, l’Algeria potrà prendere in considerazione lo sviluppo di tali risorse. Questo, ha assicurato il presidente, avverrà dopo aver avviato un serio dibattito scientifico e socio-economico sull’impatto delle potenziali scoperte, e ovviamente rispettando l’ambiente e la salute delle popolazioni locali.
Resta però da vedere quanto il futuro prospettato da Bouteflika sia vicino. Lo sfruttamento delle risorse non convenzionali nel sud del Paese, infatti, potrebbe proprio rispondere all’esigenza di guadagnare fette di mercato Gnl al di fuori del contesto europeo. E per un Paese fortemente colpito dal crollo delle rendite energetiche internazionali, questo momento potrebbe arrivare ben prima di quanto previsto, o quantomeno pubblicamente annunciato (Fonte: ABO).
Commenta per primo