Ferrari si conferma il brand più potente del mondo. Anatomia di un successo infinito

Per il secondo anno consecutivo il marchio Ferrari si conferma il brand più potente al mondo con un punteggio di 94.1 (su un massimo di 100) secondo la classifica 2020 stilata da Brand Finance, società indipendente leader mondiale nella valutazione economica dei brand.

Ferrari

Tradotto in moneta, il marchio del Cavallino vede aumentare del 9 per cento il suo valore rispetto allo scorso anno, raggiungendo quota 9,1 miliardi di dollari. Alle sue spalle Disney e WeChat.

Nel 2019 la società numero uno al mondo nei veicoli sportivi di lusso ha annunciato il lancio di 5 nuovi modelli, inclusa la SF90 Stradale e la Ferrari Roma, entrambe rivolte a nuovi segmenti di mercato. Il gruppo di Maranello ha inoltre stretto un accordo di tipo industriale con il gruppo Giorgio Armani per sostenere le collezioni Ferrari spostandole verso un target premium. Un brand così importante è una risorsa da maneggiare con cura. Proprio al fine di tutelare l’esclusività del brand, la società ha in programma di ridurre della metà le attuali licenze e di eliminare il 30 per cento delle categorie di prodotto che oggi vengono commercializzare con il logo Ferrari.

Anatomia di un successo

Il Cavallino rampante è dunque sempre più famoso. Oggi sfreccia su ogni vettura Ferrari ma c’è stato un tempo in cui faceva bella mostra di sé sulla fusoliera di un aereo da combattimento

Tutta la vicenda ruota attorno all’asso dell’aviazione italiana Francesco Baracca. Come si legge sul sito del Ministero della Difesa, nel 1910 «Francesco Baracca frequenta la scuola di cavalleria presso il 2° Reggimento “Piemonte Reale” fondato nel 1692 dal Duca di Savoia col motto “Venustus et Audax”, ovvero uno dei più prestigiosi reparti dell’Esercito italiano. Tale reparto possiede come stemma araldico un cavallino rampante argenteo, su sfondo rosso, orientato a sinistra e con la coda abbassata».

Usanza vuole che ogni pilota applichi sul lato destro della fusoliera le proprie insegne personali. Francesco Baracca sceglie di adottare, con qualche variante, lo stesso stemma del “Piemonte Cavalleria” come emblema personale per rivendicare le personali origini militari e l’amore per i cavalli, decidendo però di modificare il colore da argenteo in nero in modo che si notasse di più rispetto al colore della fusoliera.

Enzo Ferrari nutre una grande ammirazione per Baracca e le sue imprese nei cieli. I due si incontrano a Bologna e poi Ferrari conosce anche il padre, il conte Enrico Baracca e la madre di Francesco, la contessa Paolina Biancoli. È lo stesso Ferrari che, il 3 luglio 1985, lo racconta in una lettera allo storico lughese Giovanni Manzoni. “Fu ella a dirmi un giorno” – scrive il costruttore di Maranello -: “Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna” (…) “Conservo ancora la fotografia di Baracca, con la dedica dei genitori con cui mi affidano l’emblema” – conclude Ferrari – “Il cavallino era ed è rimasto nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che è il colore di Modena”.

Circola però anche un’altra versione sull’origine del logo Ferrari. L’usanza del tempo voleva infatti che al quinto aereo nemico abbattuto il pilota potesse fregiarsi del titolo di asso dei cieli e potesse impossessarsi dell’insegna del nemico. Si dice infatti che Baracca abbia adottato il cavallino come emblema del suo aeroplano dopo aver abbattuto sul cielo di Tolmezzo il suo quinto aereo nemico, probabilmente facente parte di una squadriglia di Stoccarda, città che ha come simbolo quello di un cavallo rampante nero su sfondo giallo.  
 
Non è casuale che sia proprio un cavallino rampante il simbolo di un’altra casa automobilista che realizza vetture di lusso, la Porsche, che ha il proprio quartier generale a Stoccarda. 

Giuseppe Turani
Informazioni su Giuseppe Turani 56 Articoli
Giornalista economico e Direttore di "Uomini & Business". E' stato vice direttore de L'Espresso e di Affari e Finanza, supplemento economico de La Repubblica. Dal 1990 al 1992 è editorialista del Corriere della Sera, del mensile Capital e dei settimanali L'Europeo e Il Mondo. Ha scritto 32 libri.

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