Il vino italiano protagonista nel 2020. Riconquistata la leadership mondiale di esportazioni a volume

La notizia buona che circola negli ultimi giorni sui mercati e accarezza il mondo del Made in Italy è il risultato del 2020 per l’export dei vini nostrani che non solo reggono l’urto della pandemia, confermando una flessione di soli 2,3 punti percentuali rispetto al 2019 (per un corrispettivo di 6,285 miliardi di euro), ma lo fanno meglio dei competitor diretti.

La Francia si trova infatti a dover far fronte ad una flessione del 10,8% (8,7 miliardi di euro) mentre la Spagna perde il 3,2%, restituendo all’Italia la leadership mondiale di esportazioni a volume (oltre 20,8 milioni di ettolitri).

I dati ISTAT che ISMEA (Istituto per i Servizi del Mercato Agroalimentare) ha rielaborato insieme all’Unione Italiana Vini raccontano un’Italia del vino che riduce le perdite recuperando nell’ultimo trimestre e sembrano restituire speranze ad un comparto produttivo che si trova come tanti altri a fronteggiare un’emergenza sanitaria non ancora rientrata, anzi appena interessata dalla tanto temuta terza ondata.

E su quel “sembrano” arrivano le notizie meno incoraggianti, legate alla lettura in senso più ampio di un dato che, al di là dell’orgoglio per il primato del nostro paese, non lascia spazio a grandi rassicurazioni per molte aziende del settore.

L’andamento dell’export di vini italiani nel 2020

Se è vero che nel 2020 le esportazioni di vini italiani cedono solo il 2,3 % rispetto ad una contrazione complessiva delle esportazioni del Made in Italy pari al 9,7%, va detto che questo risultato è influenzato da una serie di fattori di cui bisogna tenere conto, specie per eventuali proiezioni sul prossimo futuro.

Nel calderone finiscono infatti i primi due mesi del 2020 in cui l’emergenza sanitaria non era ancora esplosa nel mondo, eccezion fatta per la Cina che ne era già ampiamente interessata.

Sono poi da considerare le accelerazioni nelle importazioni da parte di due paesi, gli Stati Uniti, dove l’Italia oggi detiene una quota di mercato che si avvicina al 35%, con le minacce doganali sulle importazioni europee di vino che hanno avuto evidentemente un effetto propulsivo, e il Regno Unito dove le pressioni in tal senso sono state favorite dall’incombenza della Brexit.

Questi eventi potrebbero avere determinato una realizzazione di scorte superiore rispetto al reale fabbisogno, condizione della quale si avrà modo di avere contezza nei prossimi mesi: scopriremo se i vini sono ancora negli stock degli importatori o sono stati già commercializzati.

Se da un lato non si può comunque negare che l’export abbia retto, anche rispetto agli altri paesi UE, nonostante la crisi e le restrizioni determinate dal Covid19, non si può evitare di allargare il raggio della riflessione all’intero comparto dell’imprenditoria vitivinicola italiana per cercare ci comprendere come questo risultato si sia tradotto in termini di performance a tutti i livelli.

Chi ha beneficiato del trend dell’export nel 2020

Non tutte le aziende vitivinicole italiane hanno beneficiato di questo risultato pur lusinghiero per il nostro paese: le piccole e medie aziende con una produzione di qualità ed una distribuzione legata prevalentemente al canale HO.RE.CA, cioè al mondo della ristorazione, delle enoteche e dei winebar, restano ancora penalizzate per come è evoluta e sta evolvendo la pandemia. 

In altri termini quel -2,3% non è altro che una media tra due facce della stessa medaglia, quella del mondo dell’imprenditoria vitivinicola che ha puntato sull’On Trade, cioè sul canale HO.RE.CA che ha visto grandi perdite, e quello che ha puntato sull’OFF Trade, cioè sulla GDO e il retail, che ha beneficiato di valori molto positivi.

A ciò si aggiunge che se è vero che l’estero ha continuato ad acquistare vini italiani va precisato che la scelta è caduta soprattutto su brand affermati a scapito di quelli meno noti che ovviamente hanno sofferto di più pur producendo vini di alta qualità, e parliamo di una fetta molto ampia di produttori.

Le aziende vitivinicole che hanno potuto puntare sulla notorietà del marchio e strutturate su più canali distributivi hanno avuto modo di far leva su più fattori, in particolare la multicanalità, per affrontare e gestire la crisi determinata dalla pandemia.

Primi per volumi, ma i prezzi?

La leva rapporto qualità-prezzo pare abbia funzionato per garantire i risultati dell’export di vino italiano nel 2020.

La crisi ha spinto su una revisione dei margini che ha portato il prezzo medio all’export degli sparkling a scendere di oltre il 9%, mentre i fermi hanno perso intorno al 2%.

Se è vero quindi che l’Italia ha riconquistato il primato per le esportazioni in termini di volumi, guardando al valore medio siamo molto lontani dai cugini d’oltralpe che si attestano su cifre cinque volte superiori alle nostre.

E anche su questo bisognerà lavorare per riconquistare quanto perso sul campo. Diversamente verrebbero vanificati gli sforzi messi in campo in questi anni per un miglior posizionamento, con effetti a catena su tutte le imprese e denominazioni.

Informazioni su Angela Petroccione 20 Articoli
Giornalista, esperta di comunicazione, muove i primi passi nel settore assicurativo per passare a quello politico istituzionale e al farmaceutico. La sua passione negli anni la porta a dedicarsi alla consulenza di marketing nel settore vinicolo. Racconta dei suoi viaggi e degustazioni in giro per l’Italia nel suo blog Visvino.