In Spagna vincono i socialisti di Sanchez e muore il bipartitismo

“Camina lento, no te apresures, que al único lugar a donde tienes que llegar es a ti mismo”, diceva il celebre filosofo spagnolo Ortega y Gasset (“Cammina lentamente, non correre, l’unico posto dove devi andare è te stesso”). E forse è la stessa cosa che si sta dicendo Pedro Sanchez, il leader indiscusso di queste ultime elezioni in Spagna.

Il risultato ottenuto – 2 milioni di voti in più rispetto al 2016 – rafforza il partito ma soprattutto la leadership di Sanchez, anche alla luce delle negoziazioni che ci saranno in queste settimane. E di fatto, proprio perché forte di questo successo, il premier ha fatto capire che non ha fretta di scendere a patti con altri partiti e che, soprattutto, nulla sarà deciso prima delle elezioni sia locali che europee del 26 maggio.

Certezze e incertezze

Partiamo da quello che è emerso con chiarezza in queste elezioni. Intanto chi ha vinto: il Psoe, come abbiamo detto, che ha ottenuto il 28,7% e un totale di 123 seggi. L’altro partito che può festeggiare è Vox, la formazione di estrema destra capitanata da Santiago Abascal, che in meno di quattro anni è passata dallo 0,2% al 10,3% e che ora entra in Parlamento con 24 seggi. Dall’altra chi ha perso: il Partido Popular ha avuto una vera e propria débâcle. Il partito di Pablo Casado ha registrato tre milioni e mezzo di voti in meno rispetto al 2016, andati soprattutto a Ciudadanos e Vox.

Buoni i risultati per Ciudadanos (15,9%) e Podemos (14,3%) e per la sinistra indipendentista catalana. Questi risultati attestano un’altra certezza: in Spagna è finito il bipartitismo. Ora si va verso le coalizioni, gli accordi tra partiti, le formazioni composite. Si apre dunque la partita per la composizione di un nuovo governo – per la maggioranza assoluta servono 176 seggi, e il Psoe ne ha “solo” 123 – ma, appunto, Sanchez non sembra avere fretta. E qui arrivano le incertezze: non è ancora chiaro se, come qualcuno ipotizza nel partito socialista, il premier vorrà governare da solo con un governo di minoranza, oppure se cercherà una maggioranza, stringendo un’alleanza – necessaria e inevitabile – con Podemos e con gli indipendentisti.

Un affluenza record

Gli spagnoli avevano voglia di aria nuova. Lo dimostrano due elementi: l’affluenza e il sostegno a partiti anti-sistema. Il voto di domenica ha segnato, infatti, un record negli ultimi vent’anni, con una partecipazione che si è attestata al 75,8%. Un dato che colpisce visto che gli spagnoli domenica scorsa votavano per la terza volta in quattro anni. Il fatto che dalle urne, poi, siano emerse nuove forze politiche, come Vox o come gli indipendentisti catalani, evidenzia che gli spagnoli non si sentivano più rappresentati dai partiti storici.

Redazione
Informazioni su Redazione 271 Articoli
Redazione Outsider News.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*