La geografia del traffico di droga, dal Sudamerica al Medio Oriente

Uno dei fenomeni che più turbano la vita economica e civile è rappresentato dal mercato internazionale della droga. Come tutte le cifre relative a un’attività clandestina qual è l’uso di droghe, anche il numero dei consumatori, cioè dei clienti , è quanto mai incerto: sfugge in buona parte alle statistiche il numero, comunque molto elevato, dei consumatori di droghe di vario tipo nei paesi più arretrati dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina.

Si ritiene che il Pakistan detenga il triste primato del maggior numero di consumatori di eroina, mentre la cocaina prevale decisamente negli USA e tende a diffondersi anche in Europa e nel resto del mondo.

Negli USA è diffuso anche il crack (cocaina mescolata a bicarbonato di sodio o lievito di birra), che per il suo basso prezzo ha conquistato e sconvolto le periferie povere delle città nordamericane.

La maggior parte della produzione di oppiacei e di cocaina si divide fra 3 grandi aree geografiche, cui se ne possono aggiungere 2 minori:

Vicino e Medio Oriente: i paesi della regione chiamata Mezzaluna d’oro (= Iran, Afghanistan, Pakistan + India, Nepal) producono circa 1500 tonnellate annue di oppio, delle quali almeno un terzo viene trasformato in eroina. La Turchia, che era un forte produttore di oppio, ha diminuito la sua produzione per iniziativa del governo e su pressione delle organizzazioni internazionali. L’ Afghanistan, che pure resta il secondo produttore mondiale dopo la Birmania, ha visto calare la propria produzione negli anni della guerra civile, ma tende ora a recuperare il terreno perduto.

Asia sudorientale: il cosiddetto Triangolo d’oro (= regione montuosa a cavallo tra Birmania, Laos, Thailandia) produce complessivamente da 3000 a 3500 tonnellate di oppio. Da qualche anno, la coltivazione dell’oppio ha conosciuto una forte ripresa nella provincia cinese dello Yunnan, che confina con Birmania e Laos e che fu già in passato un importante centro di produzione.

America Latina: produce la quasi totalità della coca, coltivata soprattutto in Perù, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guatemala. Il Perù è di gran lunga il maggior produttore mondiale, ma la Colombia monopolizza la lavorazione della materia prima e la commercializzazione della cocaina. Negli ultimi anni, l’intervento militare americano contro le regioni controllate dai narcotrafficanti, se ha ottenuto da un lato alcuni successi, ha finito però per produrre una disseminazione e un forte aumento complessivo delle coltivazioni di coca in più paesi dell’area.

Repubbliche ex-sovietiche dell’Asia centrale + Uzbekistan + Azerbaijan.

Africa a sud del Sahara: soprattutto quella occidentale (Nigeria) e il Kenya.


Povertà e coltivazioni

In generale, la coltura delle piante da cui si ricavano droghe è figlia della povertà e del sottosviluppo: essa frutta al piccolo contadino guadagni maggiori di quelli che gli verrebbero dal caffé, dal cacao o dal tabacco di cui ha preso il posto.

La coltivazione della coca provoca una forte erosione dei suoli, e si accompagna in genere, come quella dell’oppio, alla distruzione di vaste zone forestali, alla ricerca di nuovi terreni da impiegare in questa attività.

Molti sostengono che l’industria illecita della droga sia il settore dell’economia mondiale che ha conosciuto lo sviluppo più spettacolare negli ultimi anni. In molti paesi sono gli stessi governi a gestire almeno in parte il commercio della droga o a chiudere un occhio in cambio di una fetta di guadagni. Per esempio, la produzione e il commercio di sostanze stupefacenti contribuiscono fortemente alla corruzione politica in Birmania e Perù.

Soprattutto in paesi piccoli e poveri, la produzione e il mercato della droga tendono a svolgere un ruolo economico rilevante e a dar lavoro a molte persone: difficoltà nella riconversione ad altre attività e nella lotta a questo fenomeno → Bolivia, Perù, Birmania, Colombia, Pakistan, Marocco, Afghanistan, Thailandia, Panama, Libano, Nigeria.

In molti paesi produttori di droga, quando non è lo stesso governo a gestirla, i potenti gruppi che ne organizzano la coltivazione, la lavorazione e il commercio tendono a formare uno stato nello stato, proteggendo la propria attività con milizie armate → Colombia.

In altri casi, i proventi della droga servono a finanziare movimenti secessionisti etnici o guerriglie → gruppi islamisti afghani, Kashmiri e Sikh in India, gruppi ribelli filippini e indonesiani, somali e curdi di Turchia, croati.

Spesso il traffico di droga va di pari passo con quello delle armi: è ciò che avviene nei Balcani.

A volte (es.: Birmania, Afghanistan, Colombia, Sicilia) la concorrenza per il controllo del mercato della droga dà luogo ad atti di terrorismo, massacri e vere e proprie guerre tra i diversi gruppi di narcotrafficanti.

Queste grandi organizzazioni illegali, di volta in volta alleate o sanguinosamente rivali, hanno bisogno di basi ben protette, di complicità ufficiali, di banche e istituti finanziari compiacenti, disposti ad aiutarle a riciclare il denaro sporco dei loro traffici, per investirlo in beni immobili, in titoli di stato e in azioni, in attività industriali e commerciali, o nell’acquisto di armi sofisticate con le quali seminare il terrore quando il loro potere è minacciato dai governi.

La lotta contro il grave fenomeno della droga presuppone una decisa collaborazione internazionale e una capacità di comprendere e affrontare i problemi che stanno alla base del consumo.

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