La scomparsa di Percy Fawcett alla ricerca di El Dorado. Un mistero lungo 100 anni

El Dorado è stata per secoli un vero e proprio mito. La leggenda narra che questa città è ricoperta d’oro e ricca di pietre preziose, ma soprattutto contiene numerose conoscenze esoteriche e magiche. Nel 1925 l’esploratore britannico Percy Fawcett, ufficiale di artiglieria, cartografo e archeologo, partì per la giungla amazzonica alla ricerca di una misteriosa città perduta, che egli battezzò “Z“. Se qualcuno era in grado di sopravvivere ad un’avventura così pericolosa, quello era Fawcett. Aveva servito l’esercito britannico in Sri Lanka, era stato in Nord Africa come agente dei servizi segreti, e poi combattuto nella prima guerra mondiale.


Prima di andare al fronte, Fawcett era già stato in Amazzonia una mezza dozzina di volte, e in Sudamerica numerose altre volte per eseguire delle mappature della giungla al confine tra Brasile ed Argentina, per conto della Royal Geographical Society. Durante le sue spedizioni, entrò spesso in contatto con diverse tribù di nativi, tra le quali riusciva a muoversi grazie a regali e ad un comportamento paziente e gentile. Sir Arthur Conan Doyle, di cui l’esploratore era amico, si basò, per il libro Il mondo perduto, sulle avventure amazzoniche di Fawcett.

Già nel 1914, basandosi su alcune ricerche documentali, ed anche su racconti della popolazione locale, Fawcett si convinse che le città descritte dai primi conquistadores dovevano ancora essere scoperte. Per trovarle, intraprese due viaggi che non andarono bene, già nella fase iniziale.

Fawcett però non accettava facilmente la sconfitta, così organizzò una terza spedizione, a cui avrebbe voluto partecipare anche il suo “collega” avventuriero Thomas Edward Lawrence, passato alla storia come Lawrence d’Arabia. L’esploratore invece preferì portare con sé il figlio ventunenne Jack e il suo migliore amico Rimmell, perché pensava che viaggiare leggeri – solo con poco bagaglio a mano – e con due ragazzi giovani e sani, avrebbe consentito loro di essere meno visibili nella giungla, dove le tribù ostili, alcune delle quali non avevano mai avuto contatti con l’uomo bianco, rappresentavano un grave pericolo.

Fawcett pensava che la città perduta di Z fosse nascosta nella fitta giungla del Mato Grosso, in Brasile. Il trio iniziò la spedizione partendo da Cuiabà nell’aprile del 1925, con due guide brasiliane. Il clima soffocante della foresta pluviale, i fiumi infestati dai piranha, e le tribù ostili non costituivano il pericolo maggiore, rappresentato invece dagli insetti: le zanzare succhia-sangue rendevano difficile sia il viaggio che il riposo, e a Rimmel si gonfiò enormemente un piede per le punture delle zecche.

Nonostante questo, Fawcett volle mantenere la sua tabella di marcia di 15/20 chilometri al giorno. Il 29 maggio il gruppo raggiunse “Dead Horse Camp”, l’ultimo luogo da cui diedero notizie. Fawcett rimandò le due guide a Cuiabà, consegnando gli ultimi dispacci della spedizione, fra cui una lettera alla moglie, in cui la avvisava che stava per entrare in un territorio inesplorato, solo con i due ragazzi.

Fawcett aveva dichiarato che la spedizione sarebbe potuta andare incontro ad un oscuro destino, una volta entrata in un territorio sconosciuto, e si era raccomandato di non organizzare missioni di ricerca, proprio per l’estrema pericolosità della giungla amazzonica.

Molte supposizioni sono state fatte sulla fine di Fawcett, del figlio Jack, e del suo amico Raleigh Rimmel: secondo alcuni furono uccisi da indiani ostili, forse i Kalapalo, ultima tribù ad averli visti vivi, o gli Arumà o gli Xavante, che vivevano nel territorio in cui gli esploratori stavano per avventurarsi. Secondo alcune testimonianze, i due ragazzi apparivano malati e zoppicanti, e forse morirono nella giungla per cause naturali. Alcuni sostennero che Fawcett fosse tenuto prigioniero dai nativi; altri che avesse perso la memoria e fosse divenuto il capo di una tribù di cannibali.

Molte altre cause furono date come probabili: malaria, infezioni da parassiti, fame, annegamento e attacchi di animali feroci. La teoria più fantasiosa affermava che Fawcett, seguace di teorie legate al misticismo, fosse svanito di proposito per formare una comunità segreta, incentrata sul culto del figlio e sulle sue convinzioni teosofiche. Nelle carte di Fawcett c’è un riferimento all’influenza di un misterioso spirito guida femminile, non si sa se buono o cattivo, noto per attrarre gli uomini nel cuore della giungla.

Nel 1928 George Mille Dyott, della Royal Geographical Society, organizzò la prima spedizione per cercare Fawcett e i due ragazzi. Tornò dalla giungla convinto che i tre esploratori fossero morti, ma non aveva prove concrete, e non era in grado di individuare eventuali cadaveri. “Non vi è quindi ancora alcuna prova che i tre esploratori siano morti” disse Nina Fawcett ai giornalisti. La donna sperò sempre di veder tornare vivi il marito e il figlio.

Negli anni successivi alla spedizione di Dyott, il mistero che circondava la scomparsa di Fawcett attirò decine di altri aspiranti soccorritori. Si stima che ben 100 di loro siano morti nella giungla, alcuni senza lasciare traccia, proprio come i tre esploratori. Non più tardi del 1996, una squadra alla ricerca di Fawcett, guidata da un ricco uomo d’affari di nome James Lynch, fu catturata da indios amazzonici, che chiesero ed ottennero un riscatto di 30.000 dollari per liberare tutti i componenti del gruppo.

Un indizio raro emerse nel 2005, quando il giornalista David Grann ripercorse il cammino di Fawcett attraverso l’Amazzonia. Un anziano della tribù dei Kalapalo gli raccontò che nella loro storia orale si conservava la memoria di un incontro con l’esploratore: gli indiani affermavano che Fawcett aveva ignorato i loro avvertimenti e fosse entrato nel dominio di una tribù nemica, chiamata “feroci indiani”.

Il destino di Fawcett non potrà mai essere conosciuto con certezza, ma negli ultimi anni è stato dimostrato che la sua teoria sulla presenza nella giungla di una civiltà avanzata non fosse soltanto il frutto della fantasia. Come Grann sottolinea nel suo libro “La città perduta di Z” molti archeologi ritengono che l’Amazzonia fu un territorio ricco di decine di vivaci insediamenti nei secoli prima dell’arrivo degli europei.

Gli scavi hanno portato alla luce i resti di città giardino con mura di terra, reti stradali complesse e spazio sufficiente per migliaia di abitanti. Alcuni di questi siti sono immersi nel profondo dell’odierno stato del Mato Grosso, quella regione in cui Percy Fawcett sperava di trovare la sua mitica città di Z.

Informazioni su Marco Blaset 152 Articoli
Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.

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