Pubblichiamo la proposta di Luigi De Falco, editore di Outsider News, per la valorizzazione del patrimonio artistico italiano.
Sono anni che viviamo nella convinzione che i settori strategici della nostra economia siano la moda, il design e la gastronomia. Nulla di più falso. Il vero Made in Italy, invece, è l’arte, quello straordinario patrimonio di opere che tutto il mondo ci invidia, ma che non siamo mai riusciti a valorizzare a dovere.
L’Italia detiene una buona parte del patrimonio artistico dell’umanità, a cui va aggiunto quello che ci è stato sottratto come bottino di guerra (vedi Napoleone o le razzie naziste) o è, comunque, riferibile a movimenti o artisti italiani.
L’arte è, quindi, l’unica vera materia prima di cui disponiamo. Una materia prima “sui generis” perchè a differenza del petrolio o del silicio non si consuma, è potenzialmente inesauribile.
Qualsiasi paese normale avrebbe investito nelle sua principale risorsa puntando a trasformarla in un asset strategico. Ma l’Italia, si sa, non è un paese normale e gli italiani, si sa, sono sempre impegnati nelle solite lotte di campanile per poter guardare avanti.
Negli ultimi 50 anni abbiamo preferito investire, ma sarebbe più corretto dire finanziare in perdita, in settori come i trasporti (vedi incentivi ad aziende decotte, Alitalia su tutte), l’alimentare (Cirio e Parmalat) o le sempreverdi e sempre incomplete infrastrutture.
E l’arte che fine ha fatto? Drammaticamente relegata al ruolo di Cenerentola d’Italia, sedotta e abbandonata da una serie di Ministri della Cultura che di cultura non capivano nulla.
Come uscire da questa impasse e trasformare l’arte nel nostro cavallo di battaglia?
Anzitutto, partendo dal basso. L’arte deve perdere quel suo carattere di elitarietà. L’arte è di tutti e non solo dei critici o dei collezionisti. Deve diventare un patrimonio comune, condiviso, a cui tutti possono accedere e che tutti possono apprezzare. Solo così ogni italiano sentirà sua un’opera d’arte, così come sente suo un vestito di Armani.
Non ti deve piacere per forza!
Proporrei di mettere un cartello all’ingresso di ogni museo con la scritta “Non ti deve piacere per forza“.
Spesso quando si visita una mostra o un museo si è travolti dalla “sindrome del critico” , ci si sforza di apprezzare qualcosa che magari non si capisce. La Gioconda è un capolavoro, ma non è detto che debba piacere a tutti. Ognuno proietta nell’arte il suo spirito.
Sconfiggere la “sindrome del critico” vuol dire aprire i nostri musei a tutti.
Il movimento dal basso genera la pressione in alto. Se ci fossero milioni di italiani che visitano musei e gallerie (e non solo pochi stranieri con le bottigline d’acqua e la colazione al sacco), la politica non potrebbe più girare la faccia dall’altra parte e dovrebbe, giocoforza, riconsiderare il valore economico dell’arte.
La pressione in alto genera compressione al centro. Se la gente visita i musei e la politica comincia (finalmente) ad adottare delle misure per valorizzare il patrimonio artistico, anche i piccoli imprenditori, che rappresentano il 90% del nostro tessuto economico, cominciamo a comprendere che esiste un mercato e potrebbero decidere di investire nell’arte, nel suo recupero, nel branding e nel marketing degli eventi artistici. Piano piano questo movimento potrebbe allargarsi attraendo in Italia turisti (di qualità) e visitatori per i nostri capolavori.
Non bastano gli investimenti (lodevoli) fatti da imprenditori come Diego Della Valle e Renzo Rosso, servono investimenti diffusi, anche piccoli per valorizzare piccole opere, e costanti. Questi micro-investimenti “a pioggia” possono farli solo le piccole e medie imprese, se trovano però un ritorno, come ad esempio un piccola partecipazione ai profitti generati dalla crescita dei visitatori o la possibilità di sfruttare l’effetto marketing dell’investimento in arte.
Sembra una follia? Si, lo è. Ma è talmente facile che non possiamo non provarci. Si tratta semplicemente di acquisire la consapevolezza dei nostri mezzi, del nostro patrimonio e di trasformalo nel nostro cavallo di troia con cui penetrare tutti i mercati del mondo.
Anche perchè nell’arte, a differenza della moda, del design o di altri settori, non abbiamo concorrenti che possano insidiarci. Sembra ancora una follia?