BitCoin: chi li usa, quali sono i rischi e dove ci porteranno

Lo spettacolare rialzo delle quotazioni del BitCoin degli ultimi mesi ha costretto anche gli osservatori più scettici a confrontarsi con il fenomeno delle criptovalute. Come sostiene Alessandro Fugnoli di Kairos Partners, più che un confronto tra estimatori e detrattori è un confronto tra futuristi e passatisti.

Per  descrivere il fenomeno seguiremo l’analisi di Fugnoli che ha il pregio di inquadrare la questione con degli esempi comprensibili a tutti, anche ai non addetti ai lavori.

Il caso somalo. Oggi di Somalie ce ne sono tre e tutte crescono a ritmi elevati e godono di buona salute economica grazie agli investimenti cinesi e arabi. Dal 1991 al 2012, tuttavia, gran parte dell’area coperta oggi dalle tre Somalie fu devastata dalla guerra civile e dall’islamismo radicale. Le strutture statuali collassarono e la banca centrale fu bombardata e cessò di funzionare.

Per più di due decenni, per le transazioni commerciali, si continuarono a usare i vecchi scellini somali, emessi da una banca che non c’era più e garantiti da uno stato che non c’era più. Le banconote, sempre più logore, erano in quantità finita e poiché l’economia di guerra era a suo modo florida, lo scellino fantasma continuava ad apprezzarsi contro dollaro. Vista la forte domanda di moneta, a qualche falsario venne in mente di emettere altri scellini, perfettamente riconoscibili come falsi. Questi scellini falsi furono accettati dal pubblico e cambiati alla pari con quelli veri. Poi, a ondate, arrivarono altri falsi. Anche questi furono accettati, ma a sconto.

Morale. Una buona moneta non deve per forza essere emessa da uno stato (la storia è piena di monete battute da privati) ma per essere accettata deve essere in giro in una quantità tale da non creare troppa inflazione, da una parte, e da non strozzare crescita, scambi e debitori dall’altra.

Blu cobalto. Kobalt, in tedesco, significa folletto. Nelle miniere d’oro imperiali, quando i minatori del Medio Evo trovavano il vile cobalto invece dell’ambìto oro, si raccontava che erano stati i cattivi folletti a sostituire l’uno con l’altro.

Passa però qualche secolo e succede che l’oro viene relegato in una nicchia confortevole ma modesta, mentre il cobalto, ampiamente utilizzato insieme al litio e al manganese nelle batterie, appare il metallo del futuro (ma anche del presente, visto che il suo prezzo da inizio 2017 è già raddoppiato).

Morale. Nulla è per sempre. Molte cose che appaiono intrinsecamente dotate di valore sono in realtà storicamente e culturalmente determinate. A consolazione degli appassionati dell’oro si può dire che le monete di cobalto sarebbero altrettanto belle e luminose, ma sarebbero anche radioattive, cancerogene e tossiche.

Passato e futuro. Fare la faccia scettica e disgustata al solo sentire parlare di bitcoin ci regala una forte aura di serietà, maturità e severità. È gravitas.

Assumere invece un’espressione eccitata e affascinata ci regala un’aura di modernità e ci fa apparire al passo con i tempi che cambiano a una velocità che ancora facciamo fatica a comprendere, ma almeno c’è chi ci prova.

Morale. Il bitcoin è venuto sulla terra per dividere i padri dai figli, i seri dai brillanti, i cinici dai paurosi. È qui per confondere gli uomini e per generare in loro forti passioni. È per questo che Cme e Cboe lanceranno futures e opzioni a partire da domenica sera alle 17, ora di Chicago. Hanno bisogno di long e di short, di futuristi e di passatisti, di visionari e di scettici, e ne troveranno in abbondanza, degli uni e degli altri. Ed è per questo che sul sito del Cme Group è pubblicata in due puntate l’analisi più obiettiva, chiara e concisa dei meriti e dei limiti delle criptovalute che ci sia finora capitato di leggere. Devono attrarre sia i fautori sia i detrattori e ci riescono benissimo con entrambi. Che i giochi abbiano inizio.

Inflazionistico o deflazionistico. L’offerta di moneta globale è di una settantina di trilioni di dollari. L’oro ne aggiunge altri due. Le criptovalute, tutte e mille quelle che circolano, sfiorano il mezzo trilione.

L’importo è ancora limitato, ma quel mezzo trilione, venuto fuori dal nulla, potrebbe apparire inflazionistico. Attenzione, però, i bitcoin non sono regalati e lanciati dall’elicottero, ma comprati e venduti. L’effetto quindi è lo stesso di un rialzo di borsa e con le borse globali passate dai 34 trilioni del 2008 ai più di 80 di oggi l’insieme delle criptovalute equivale a un rialzo azionario (del quale nessuno si lamenterebbe particolarmente) dello 0.4 per cento.

Se però i bitcoin estendessero la loro area di accettazione e diventassero per ipotesi la valuta più usata, il loro effetto sarebbe potentemente deflazionistico.

Per costruzione i bitcoin sono, a tendere, in un numero finito. Saranno cioè 21 milioni nel 2140. Se la quantità di una moneta è fissa, alla crescita del Pil si deve accompagnare una discesa dei prezzi. Una condizione monetaria così feroce non esisteva nemmeno ai tempi dell’oro. Le miniere infatti ne estraevano ogni anno tra l’uno e il due per cento della quantità già circolante e questo bastava generalmente ad accomodare la crescita del Pil senza fare salire o scendere i prezzi.

Per questa sua caratteristica il bitcoin non verrà mai usato per contrarre debiti. In compenso, continuerà ad essere amato da chi vuole un deposito di valore non soggetto all’arbitrio di un creatore di moneta sovrano.

Il fiat money di oggi, con il suo lento svalutarsi dell’uno-due per cento l’anno, è amato dai debitori senza pesare in modo confiscatorio sui creditori. La funzione sociale positiva del bitcoin (e dell’oro) è di offrire comunque un’alternativa alla moneta degli stati, moderandone la voglia di abusare del signoraggio stampando troppa moneta per comprare consenso. Un’alternativa privata al monopolio statale sulla moneta è una forma di biodiversità che può essere interessante preservare.

Valuta criminale. Che cosa usavano le mafie prima delle criptovalute? Le banconote da 500 euro e, prima ancora, quelle da 500 e 1000 marchi, più diffuse in Kossovo che in Germania. Tutti lo sapevano e la Bundesbank per prima si oppose sempre strenuamente all’adozione di tagli più piccoli.

E che cosa studiano oggi le banche centrali per abolire il contante il giorno in cui, alla prossima recessione, cercheranno di applicare sui depositi tassi negativi del 4-5 per cento? Studiano il blockchain.

Impatto ambientale. È vero, il processo di validazione delle transazioni in bitcoin è il più sicuro che esista ma consuma una quantità enorme di energia, pari a quella consumata dall’intera Danimarca, e riscalda il pianeta. Per come è disegnato il meccanismo del bitcoin, tuttavia, l’energia necessaria non aumenterà oltre i livelli attuali in caso di aumento delle transazioni e anzi diminuirà gradualmente.

Attenzione poi a non fare gli ambientalisti a senso unico. Il cobalto per le auto elettriche che tanto ci scaldano i cuori richiederà l’apertura di molte nuove miniere nel cuore della foresta pluviale del Congo e destabilizzerà ulteriormente un paese che, proprio per le sue ricchezze, è da decenni percorso da conflitti civili di ogni genere che hanno provocato milioni di vittime e di profughi e un danno ambientale ben più rilevante di quello provocato dal bitcoin.

I rischi. La più grande minaccia per le criptovalute viene dall’interno. Il primo problema è la governance. Stiamo già vedendo come l’elegante semplicità del bitcoin cominci a essere pasticciata con l’emissione di serie speciali parallele che frammentano e confondono il mercato e rendono più facili gli abusi degli intermediari.

Poi c’è la proliferazione indiscriminata di nuove valute. Certo, la selezione naturale ne farà sopravvivere solo una parte, ma molti investitori resteranno vittime di iniziative improvvisate o fraudolente.

Prima o poi, d’altra parte, a qualcuno verrà in mente di ingegnerizzare ulteriormente le criptovalute creando derivati di volatilità, Etf a leva di derivati di volatilità e altri simpatici strumenti a forte rischio di implosione o esplosione. Gli incidenti potranno coinvolgere le stanze di compensazione e quindi, potenzialmente, chiunque tratti derivati di qualsiasi tipo.

I regolatori, che in questo momento osservano gli eventi con un atteggiamento da scienziati (lo stesso animo con cui osservarono nel 2007 il proliferare di nuove tecnologie finanziarie), potrebbero a un certo punto reagire e infilare fra gli ingranaggi bastoni di ogni tipo. Il fisco, in questa fase ancora sonnecchiante e tecnologicamente in affanno, potrebbe risvegliarsi ed esigere la sua parte.

Teoricamente, le criptovalute potrebbero essere semplicemente costrette alla clandestinità. Certo, più si aspetta a regolarle e più diventa imbarazzante, difficile e rischioso intervenire su un mercato sempre più ampio. Ma non dimentichiamo che Roosevelt, nel 1934, non esitò a mettere fuori legge niente meno che l’oro (che a quei tempi era ben più importante di quanto non siano oggi le criptovalute) perché faceva concorrenza ai suoi dollari svalutati.

Le criptovalute (e soprattutto il blockchain come meccanismo di validazione di contratti di qualsiasi tipo) hanno potenzialità tecnologiche tali da assicurare loro sopravvivenza e sviluppo nei prossimi decenni. Questo però non esclude (e anzi rende più probabili) incidenti di percorso seguiti da rinascite e nuovi incidenti. Delle società della tecnologia degli anni Novanta ben poche sono ancora in circolazione.

Informazioni su Marco Blaset 150 Articoli
Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.

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