Eni ha scoperto giacimenti in Egitto, Venezuela e Mozambico grazie ai Big Data

Il Gruppo Eni è costantemente a caccia di nuove riserve di idrocarburi e sta utilizzando Big Data e super computer in modo massiccio. Sta cercando nelle acque egiziane intorno al giacimento super-giant di gas Zohr, scoperto nell’agosto del 2015. E poi in Alaska, in Messico, in Marocco, nel Golfo di Guinea, in Angola, Costa d’avorio, Indonesia e al largo dell’Oman.

Perché se è vero che la decarbonizzazione è l’obiettivo del futuro attraverso lo sviluppo delle fonti rinnovabili, dopo gli accordi sul Clima di Parigi, è anche vero che l’agenzia internazionale dell’energia prevede da qui al 2040 una crescita della domanda di energia del 30% che sarà soddisfatta in parte ancora dalle fonti tradizionali: il consumo di gas naturale aumenterà, secondo le stime, del 45%.

Dal 2008 c’è stata un’evoluzione, anche tecnologica, nell’esplorazione. Da allora il gruppo guidato da Claudio Descalzi ha scoperto una piattaforma del giacimento di Zohr, davanti all’Egitto: il più grande giacimento di gas nel Mediterraneo miliardi di barili di risorse, un risultato che posiziona il gruppo controllato al 30% dal Tesoro davanti alle altre oil company nell’esplorazione.

Negli ultimi anni Eni ha individuato tre campi giant e supergiant a gas in Venezuela (Perla), Mozambico (Mamba Coral) e in Egitto (Zohr) e ha compiuto importanti scoperte a olio in Congo, Ghana , Angola e Norvegia, cui vanno aggiunte quelle più piccole. Ma a rappresentare una svolta strategica è stata l’adozione del «dual exploration model», che prevede da un lato di aumentare le riserve di idrocarburi e dall’altro di monetizzare anticipatamente gli investimenti attraverso la vendita di quote di minoranza.

Emblema di questa strategia sono l’area4 in Mozambico, di cui lo scorso anno Eni ha ceduto il 25% a Exxon Mobil, e il super giacimento Zohr, di cui ha trasferito il 30% a Rosneft e il 10% a Bp. Tra la scoperta e l’avvio alla produzione del primo gas egiziano sono passati meno di due anni e mezzo. Un successo che è anche frutto dell’utilizzo dei Big Data, che hanno permesso di ridurre il margine di errore nell’esplorazione. Le operazioni di ricerca iniziano con la prospezione geofisica, che serve a individuare le cosiddette trappole, cioè i serbatoi di rocce che consentono la formazione e l’accumulo di idrocarburi. Ora anche grazie al nuovo supercalcolatore Hpc4 sarà più facile ridurre il rischio di errore. La digitalizzazione permette di interpretare meglio i dati anche dei giacimenti che si trovano sotto stratificazioni complesse come nell’off-shore. Eni non è l’unica compagnia a servirsi di un calcolatore, è una tecnologia che usa anche Total, benché la sua sia meno potente. E poiché «aprire un pozzo è un impegno di decine di milioni di euro», come ha spiegato Descalzi, l’uso dei big data risulta fondamentale.

Il riflesso dei risultati nell’esplorazione è rappresentato dalla produzione, che ha registrato lo scorso anno numeri record. Il 2017 è stato archiviato dall’Eni con «risultati eccellenti», prendendo in prestito le parole di Descalzi, che il 16 febbraio presenterà a Londra la nuova strategia del gruppo petrolifero basata sul «dual exploration model».

L’attività di esplorazione presenta delle criticità legate non solo alla conformazione del sottosuolo ma anche al contesto geopolitico delle aree in cui i potenziali giacimenti si trovano. In dicembre Descalzi ha spiegato che non ha intenzione di abbandonare le attività in Venezuela nonostante la situazione di crisi che sta vivendo il Paese.

E più di recente ha dovuto gestire l’emergenza nelle acque di Cipro. La scorsa settimana Eni ha fatto rientrare la nave Saipem 12000 che aveva affittato per l’esplorazione nelle acque al largo di Cipro. Era stata bloccata per alcuni giorni da cinque navi militari turche e Descalzi aveva anticipato che se la situazione non si fosse sbloccata avrebbe rinviato l’esplorazione spostando la Saipem 12000 verso altre destinazioni. Alla fine la nave è stata costretta a rientrare. Gli sforzi diplomatici di Cipro e della Ue non sono riusciti a rompere lo stallo con Ankara.

Informazioni su Marco Blaset 150 Articoli
Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.

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