Il rischio di “sostituzione etnica” non esiste, i dati lo certificano

Ha fatto molto discutere nelle ultime settimane la dichiarazione del Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobriga che paventava il rischio di una “sostituzione etnica” come conseguenza della crescita dei flussi migratori verso l’Italia. Va detto, anzitutto, che la sostituzione etnica è una teoria complottista, sostenuta da gruppi e movimenti di suprematisti bianchi, che disegna una cospirazione internazionale per sostituire la popolazione occidentale di pelle bianca con altre etnie, soprattutto di origine africana.


Premesso che come per ogni teorema complottista non esistono prove e mandanti identificabili, il rischio di sostituzione nella popolazione italiana non esiste. A certificarlo sono gli ultimi dati dell’Istat sui residenti in Italia che al primo gennaio 2023 risulta essere scesa sotto i 59 milioni, un trend in continua decrescita che il lievissimo aumento degli stranieri non riesce minimamente compensare. A parte il fatto che la maggior parte degli stranieri residenti in Italia non sono africani nè di etnia diversa dalla nostra.

Ecco gli ultimi dati disponibili: gli stranieri residenti in Italia sono 5 milioni e 50.000 unità, in aumento di 20.000 persone ( + 3,9 per mille) sull’anno precedente. L’incidenza sulla popolazione totale è solo dell’8,6 %.

Spiega Enrico Di Pasquale, ricercatore di Fondazione Moressa (istituto di studi e ricerche specializzato nello studio delle fenomenologie e delle problematiche relative alla presenza straniera sul territorio): “Quello che noi analizziamo sono i dati relativi alla composizione della popolazione italiana. Va subito detto che di questo 8,6% di stranieri in Italia la maggioranza non è affatto di quelli che arrivano con i barconi. Sono soprattutto albanesi, rumeni, cinesi, arrivati in Italia negli ultimi 30 anni, direi a partire dalla metà degli anni Novanta, una composizione molto variegata e diversificata”.

Gli africani sono una minoranza

Se dunque con il rischio di sostituzione etnica Lollobrigida intendeva il processo che vede aumentare all’interno della popolazione italiana un’etnia diversa, i dati raccontano tutt’altra storia: “Se pensiamo all’immigrato africano siamo sulla strada sbagliata – osserva Di Pasquale – non solo non ci sono solo uomini africani ma la maggior parte degli stranieri residenti sono donne, buona parte dell’est europeo, sono le nostre badanti e assistenti familiari. In generale la fetta più grande di immigrazione è senz’altro quella europea, in arrivo da Albania, Romania, Ucraina“.

Il vero aumento con i decreti flussi

A dare una spinta all’immigrazione semmai è stata l’apertura di canali di ingresso legali, subito dopo la Bossi Fini. Spiega ancora il ricercatore della Fondazione Moressa: ” Tra il 2002 e il 2010 abbiamo registrato la maggiore spinta, dovuta ai decreti flussi assai attivi dopo l’approvazione della legge Bossi Fini. Quelli sono stati gli anni di massima espansione anche poi grazie all’allargamento della Ue con l’ingresso della Romania nel 2007. Dal 2011, invece,c’è stato un calo degli arrivi e della presenza immigrata. Per quasi un decennio abbiamo registrato una media di 30.000 presenze, di cui la metà stagionali negli ultimi due anni c’è stata un’inversione del trend con gli ultimi due decreti flussi, quello del governo Draghi con circa 70.000 posti e quest’ultimo con 82.000 quote”.

Agli sbarchi non corrispondono più residenti

Dunque i dati ci confermano che alla pressione sugli sbarchi, aumentata considerevolmente negli ultimi due anni, non ha corriposto un analogo aumento di presenza stranieri sul territorio se non in piccola parte. “Ha inciso molto relativamente – spiega Di Pasquale – la maggior parte delle persone stranieri residenti sono arrivate per lavoro o per ricongiungimento familiare con chi un lavoro in Italia l’ha trovato da 15-20 anni. È vero che la popolazione italiana sta diminuendo, il saldo tra nati e morti è negativo di oltre 300.000 unità all’anno ma la presenza immigrata non è assolutamente sufficiente per invertire il trend. Gli immigrati sono più giovani e fanno più figli, tra gli stranieri dunque ci sono più nati che vivi, ma questo non incide in alcun modo sulla tendenza complessiva. E ripeto la maggior parte non è comunque di etnia diversa dalla nostra”.

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