Terre rare, energia e risorse infinite. La corsa allo Spazio è la nuova corsa all’Oro

Negli ultimi mesi è in corso nuova accelerazione nella corsa allo spazio. Sicuramente meno spettacolare (e poetica) di precedenti missioni spaziali, ma importante perché aggiunge e conferma un nuovo tassello nella più ampia competizione geopolitica e soprattutto economica della corsa allo spazio.


Le prospettive della New Space Economy

Le ragioni di questo nuovo attivismo del settore privato possono essere ben comprese. Recenti stime di Morgan Stanley prevedono che, con l’aumento delle tecnologie disponibili, la ricchezza generata dalle attività di space economy possa passare dagli attuali 350 miliardi di dollari su scala globale a circa 1.000/1.100 miliardi nel 2040.

10 sono i drivers di questa accelerazione: lancio di satelliti, telecomunicazioni spaziali, esplorazione dello spazio profondo, atterraggio sulla Luna, osservazione della Terra, sfruttamento degli asteroidi, eliminazione dei rifiuti spaziali, turismo spaziale, ricerca spaziale e produzione industriale per tutto ciò che potrà essere necessario a sostenere l’attività umana nello spazio.

Drivers che afferiscono a tre categorie fondamentali riassumibili in cambiamento climatico, sicurezza e telecomunicazioni. Ad esempio, i satelliti stanno fornendo una visione più chiara di come le industrie e le attività umane stiano intensificando il cambiamento climatico; mentre le comunicazioni, la navigazione e le questioni di sicurezza nazionale dominano i crescenti interessi dei governi  per l’esplorazione spaziale. 

Quello che sta realmente cambiando è la profittabilità delle attività spaziali. Se nel recente passato tutte le attività erano riservate al dominio pubblico, ciò era in parte dovuto anche agli enormi costi da affrontare per accedere allo spazio, alla complessità e ai rischi connessi.

Progressivamente, le cose stanno cambiando: lanci meno costosi, razzi riutilizzabili e possibilità di utilizzare nuovi carburanti aprono la strada a sempre più aziende, come dimostra il campo dei lanci satellitari. OneWeb, SpaceX, Planet, Spire e Amazon hanno lanciato il 10% del totale dei satelliti dal 2016, ma ci sono 200 aziende più piccole che collaborano con questi giganti industriali e che si preparano a lanciare 25.000 satelliti nei prossimi quattro anni. In Europa Porsche ha annunciato che investirà 75 milioni di dollari nella start-up dei lanciatori spaziali Isar Aerospace con l’obiettivo di assicurarsi l’accesso a nuove tecnologie spaziali. In particolare, Isar è una delle diverse start-up europee che tentano di rivaleggiare con SpaceX di Elon Musk e Blue Origin di Jeff Bezos con servizi di lancio di satelliti a basso costo in orbita terrestre.

E anche l’Unione Europea sembra aver compreso le potenzialità del settore. All’interno dell’aggiornamento della EU Industrial Strategy del maggio 2021, la Commissione UE ha avviato la creazione di un’alleanza industriale sui lanciatori spaziali, che dovrà unire gli Stati membri e le industrie del Vecchio continente nella creazione di campioni europei in questo specifico settore, in grado di competere con i maggiori players internazionali.

La Luna e gli asteroidi

Saranno la Luna, Marte ma anche gli asteroidi i prossimi drivers di un’ulteriore espansione dell’economia dello spazio. Diversi sono i progetti, in cui anche l’Italia è protagonista. Primo fra tutti il programma Artemis, creato nel 2017 dalla NASA, e al quale  partecipano anche l’Agenzia spaziale europea (ESA) e quella italiana (ASI).

Il programma, che porterà il prossimo uomo e la prima donna sulla Luna entro il 2024, prevede la costruzione di una base stabile e una permanenza di lungo periodo dell’uomo sul satellite della Terra, aprendo la strada a una nuova economia spaziale. Basti pensare alle necessità correlate all’alimentazione, ai sistemi vitali, all’arredamento e tutto l’indotto che include la vita e le attività dell’uomo sulla Luna. E la Cina, come ricordato, non sta a guardare. Pechino e Mosca, infatti, hanno annunciato a marzo 2021 la costruzione di una base permanente entro il 2036, con l’obiettivo di non lasciare ai Paesi occidentali l’uso esclusivo delle risorse lunari e un vantaggio strategico di assoluta importanza.

Si apre soprattutto la partita di tutte le risorse cruciali per lo sviluppo della Terra. Le esplorazioni del suolo lunare condotte fino ad ora indicano la presenza di diverse terre rare, minerali cruciali per la produzione tecnologica e la transizione energetica/digitale, tra cui spicca prevalentemente il titanio.

La loro disponibilità limitata sulla Terra, unita a una distribuzione geografica che favorisce la stessa Cina (l’85% della fornitura globale di terre rare proviene dalla Repubblica popolare), rende la prospettiva di estrazione dalla Luna particolarmente attrattiva. L’esplorazione del suolo lunare, pur portata avanti sin dalle prime missioni Apollo, ha assunto solo nel corso dell’ultimo decennio un interesse geo-economico. La crescente importanza di diversi minerali, unita alla competizione globale tra USA e Cina, ha dato il via a una vera e propria corsa alla Luna, favorita anche dal fatto che le tecnologie necessarie per estrarre minerali dal suolo lunare sono già disponibili attualmente o lo saranno a breve. In aggiunta, lo sviluppo di vettori spaziali riutilizzabili, come Space X, permetterebbe di contenere i costi di trasporto delle risorse estratte sulla Luna.

 A causa dei venti solari e della mancanza di un’atmosfera, sulla superficie lunare si accumulano inoltre grandi quantità di Elio H-3, un isotopo estremamente raro sulla Terra ma apparentemente presente sulla Luna per circa 11 milioni di tonnellate metriche (circa 25 tonnellate basterebbero a soddisfare il fabbisogno energetico degli USA per un anno). L’Elio H-3 possiede un grande potenziale energetico nucleare per i reattori a fusione, il cui studio e progettazione procedono a livello internazionale.  Non essendo radioattivo, creerebbe poi molti meno problemi di sicurezza e di gestione delle scorie.

Se realizzati, questi tipi di reattori sarebbero la soluzione finale alle necessità energetica del Pianeta e al cambiamento climatico in atto.  Tuttavia, l’estrazione dell’Elio H-3 dalla superficie lunare presenta diverse difficoltà. Se il suo elevato potenziale energetico compenserebbe comunque il dispendio energetico necessario al trasporto fra Terra e Luna, essendo disperso sulla superficie lunare, per la sua estrazione si rende necessaria la raccolta di una enorme quantità di terreno lunare, da processare per estrarre l’Elio H-3. Una prima lettera d’intenti è stata firmata lo scorso anno tra lo US Nuclear Corp e la Solar System Resource Corporation per la fornitura di questa risorsa strategica dalla Luna.

Sono tuttavia gli asteroidi i veri possibili grandi protagonisti della prossima parte della corsa allo spazio dedicata alle risorse rare. Un potenziale ancora difficilmente calcolabile, che potrebbe tuttavia generare un livello di ricchezza impensabile solo pochi anni fa. Basti pensare che la NASA, nel corso del 2020, ha individuato l’asteroide Psyche, lungo 226 km e interamente costituito da ferro, nickel e altri metalli rari. Si stima che esso possa valere fino a 10.000 quadrilioni di dollari, pari a circa 10.000 volte l’economia globale.

Le sfide giuridiche allo sfruttamento

Si pone ora il problema di stabilire le possibilità giuridiche dello sfruttamento delle risorse lunari. Il Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, largamente corrispondente al diritto consuetudinario, stabilisce che lo spazio e la Luna siano “provincia comune dell’umanità” e che «lo spazio extra-atmosferico non è soggetto ad appropriazione nazionale né rivendicandone la sovranità, né occupandolo né con ogni altro mezzo». Se ciò impedisce sicuramente rivendicazioni di sovranitàciò non esclude necessariamente che le nazioni possano possedere le risorse estratte dai corpi celesti. Sicché, di riflesso, la libertà per gli Stati di agire includerebbe la libertà di permettere al proprio settore privato di agire, finché conforme alle norme del diritto spaziale internazionale. Questo è il senso in cui l’Accordo viene ad esempio interpretato dai recenti accordi Artemis che affermano alla Sezione 10(2) che “l’estrazione di risorse spaziali non costituisce intrinsecamente appropriazione nazionale, ai sensi dell’articolo II dell’Outer Space Treaty”.

Meno rilevante il Trattato sulla Luna e sugli altri corpi celesti del 1979, che è stato ratificato da solo 18 Stati. Esso innova e introduce il concetto di “patrimonio comune dell’umanità” prevedendo, tra le altre cose, una razionale amministrazione ed espansione delle opportunità di usare le risorse lunari attraverso la costituzione di un’apposita Autorità simile all’Autorità internazionale per lo sfruttamento delle risorse dei fondi marini internazionali. Inoltre, il Trattato del 1979 prevede un’equa ripartizione fra tutti gli Stati degli utili che ne risultano, con particolare considerazione per gli interessi sia dei Paesi in via di sviluppo (Pvs) sia di quelli che hanno contribuito direttamente o indirettamente all’esplorazione della Luna.

Gli Stati Uniti si sono fermamente opposti a tale visione nell’Ordine Esecutivo n.13914 del 6 aprile 2020, in cui si afferma che gli USA “non considerano lo spazio esterno come global commons”, e si opporranno a ogni tentativo di considerare il Trattato sulla Luna come diritto consuetudinario.

Si apre una nuova frontiera per il futuro del Pianeta e per la sua economia. Un futuro pieno di opportunità, ma anche di insidie. Lo spazio sarà nei prossimi anni per la prima volta un nuovo dominio dell’attività umana. È perciò fondamentale che l’approccio cooperativo prevalga, per evitare una pericolosa militarizzazione dello spazio e dei corpi celesti, trasformando un’immensa opportunità di sviluppo in una nuova pericolosa dimensione dello scontro geopolitico tra Potenze, vecchie e nuove.

Informazioni su Marco Blaset 152 Articoli
Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.

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