Nuovi obiettivi climatici per azzerare le emissioni di Co2: la Ue punta al 2050

Il Parlamento europeo voterà una risoluzione discussa prima in Commissione Plenaria con cui si chiede all’UE di fissare la neutralità climatica entro il 2050, spostando di fatto ad un limite più lungo di quello precedentemente stabilito al 2030 dall’Accordo di Parigi per azzerare le emissioni di CO2.

Obiettivi e scopo della Risoluzione

La Risoluzione che si vota al Parlamento Europeo apre ricordando la necessità di ridurre le emissioni del trasporto aereo internazionale e prosegue evidenziando la necessità che i Paesi della UE raddoppino i contributi al “Fondo verde per il clima”. D’altronde, anche il 14 marzo scorso il Parlamento europeo aveva votato una risoluzione che ricordava le raccomandazioni UE, insieme con la richiesta ai leader nazionali sottoscrittori dell’Accordo di Parigi, di alzare l’obiettivo della riduzione delle emissioni per il 2030 ed evidenziando come il Parlamento Europeo fosse favorevole alla destinazione di almeno il 35% delle spese nei piani di ricerca agli obiettivi climatici.
La nuova Risoluzione però prevede un ulteriore sostegno finanziario: i Paesi dell’UE dovrebbero almeno raddoppiare i loro contributi al Fondo internazionale per il clima. Si sottolinea che gli Stati UE sono i maggiori fornitori di finanziamenti pubblici per il clima e che il bilancio dell’UE dovrebbe rispettare pienamente i suoi impegni internazionali. Si rileva, inoltre, che gli impegni reali dei Paesi sviluppati non raggiungono ancora l’obiettivo collettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno a partire dal 2020.

La Risoluzione sottolinea come i passi compiuti nei prossimi 10 anni impatteranno sulla popolazione mondiale per circa 10mila anni; per questo la UE deve impegnarsi nell’azzeramento delle emissioni di CO2 nette entro il termine del 2050, rafforzando il raggiungimento di un primo obiettivo relativo alla riduzione delle emissioni per il 2030, come affermato in Commissione ambiente.

L’obiettivo del 2050 è stato proposto anche in vista della conferenza COP25 delle Nazioni Unite a dicembre a Madrid; la Commissione per l’ambiente ha, infatti, approvato un’ulteriore risoluzione con cui si invita la UE a presentare quanto prima una propria strategia a lungo termine per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Ciò a garanzia che la UE mantenga la propria leadership mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici.

E’ stata anche sottolineata la necessità che l’UE aumenti il ​​suo livello di “ambizione” per il 2030 per  raggiungere l’obiettivo del 2050. Per questo i deputati si aspettano che l’accordo verde europeo annunciato dal presidente Ursula Von Der Leyen includa un obiettivo di riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030. Chiedono anche il raggiungimento di due obiettivi:
– che, con urgenza, tutti i Paesi UE eliminino gradualmente i sussidi diretti e indiretti ai combustibili fossili entro il 2020;
– che la Banca Europea per gli Investimenti interrompa di dare prestiti a progetti di combustibili fossili, ad eccezione del gas, se usato in combinazione con fonti rinnovabili.
A conferma di questa presa di posizione, i firmatari della Risoluzione aggiungono che l’attuale “ambizione per l’aviazione e il trasporto marittimo non è all’altezza delle necessarie riduzioni delle emissioni” e, perciò, ritengono che tutti i Paesi dovrebbero essere incoraggiati a includere le emissioni del trasporto internazionale e dell’aviazione nei loro piani di contributi nazionali (NDC).

Che cos’è l’NDC?
Per raggiungere l’obiettivo definito dall’Accordo di Parigi, ogni 5 anni i Paesi sottoscrittori devono fissare obiettivi per i loro sforzi nell’ambito del clima aumentando nel tempo il loro livello di “ambizione”.

Questi obiettivi sono noti come NDC dall’inglese “Nationally Determined Contributions” ovvero “contributi determinati a livello nazionale”. Oggi è previsto che tutti i firmatari aggiornino gli obiettivi entro fine 2020.

Cosa s’intende per cambiamenti climatici
Le due bozze di risoluzione al vaglio e al voto del Parlamento Europeo affrontano il tema dei cambiamenti climatici; argomento che ancora per alcuni Paesi è come inesistente, anche se è continuamente motivo di concrete conseguenze e reali danni alle popolazioni e ai territori.

I cambiamenti climatici, che via via stanno diventando sempre più evidenti, vedono condizioni climatiche che vanno da una estrema siccità e ondate di caldo ad una contrapposizione di periodi con grandi piogge torrenziali intense che provocano alluvioni, frane e smottamenti.

E l’Europa purtroppo non è da meno di tante altre zone del mondo.

A queste evidenti situazioni di estrema gravità si aggiungono poi altre conseguenze, quali l’innalzamento del livello dei mari e l’aumento della acidificazione degli oceani che determina la migrazione dei pesci o la loro morte con conseguenze gravi non solo sull’economia locale, ma anche sulla stessa biodiversità, fonte di vita e benessere per la vita sul pianeta, e ulteriori conseguenze, come la diffusione della foresta pluviale e delle varietà di vegetazioni infestanti dannose per la crescita agricola dei territori e la garanzia di alimentazione per le popolazioni.

Per tentare di ridurre fino alla speranza di azzerare questa situazione di grave pericolo per l’ambiente e la popolazione mondiale, occorre ridurre il riscaldamento globale entro la soglia dell’1,5° che il Gruppo Intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) considera “sicura”.

Questo permetterebbe di tagliare il traguardo delle emissioni zero entro il 2050 che per questo è stata indicata come la soglia limite da considerare e, come abbiamo detto, prevista anche nell’Accordo di Parigi.

Dall’Accordo di Parigi del 2015 ad oggi
L’Accordo è stato sottoscritto nel dicembre 2015 da 195 Paesi, inclusa l’Unione Europea. Nella UE però, è giusto ricordarlo, tutti i Paesi sono firmatari non in modo unitario e comunitario, ma ciascuno per proprio conto pur coordinando le posizioni e fissando obiettivi comuni di riduzione delle emissioni a livello europeo.

Proprio per realizzare l’obiettivo sottoscritto nell’Accordo di Parigi, nel novembre 2018 la Commissione europea presentò una strategia a lungo termine che prevedeva 8 possibili ipotesi di lavoro. Solo 2 di queste, però, a marzo 2019 sono state discusse nel Parlamento Europeo e considerate utili per raggiungere l’obiettivo previsto dell’azzeramento delle emissioni nette di gas ad effetto serra nel 2050, producendo una risoluzione finale non vincolante approvata da 369 voti favorevoli, 116 contrari e 40 astenuti.

Il sostegno del FSUE all’Italia: oltre 277 milioni di euro per i danni climatici del 2018
Nel maggio scorso il Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea (FSUE) ha stanziato, su proposta della Commissione approvata poi dal Parlamento con 645 sì, 18 no e 30 astenuti, l’erogazione di 293,5 milioni di euro per Austria, Italia e Romania come sostegno agli interventi resi necessari dalla condizione di calamità naturale del 2018 in questi Paesi. 8,1 milioni di euro sono andati all’Austria e 8,2 milioni di euro per la regione nord-orientale della Romania. 
I restanti  277,2 milioni di euro sono andati all’Italia per i danni prodotti dalle  violente precipitazioni, dai forti venti, dalle inondazioni e frane verificatesi nell’autunno 2018.  A metà del 2018, infatti, quasi tutte le regioni italiane sono state oggetto di fenomeni meteo di estrema intensità che hanno prodotto alluvioni, frane e smottamenti, con cadute di alberi, parziale distruzione di boschi alpini e appenninici  e con una serie di morti. Queste condizioni climatiche hanno provocato danni gravi e interruzioni di strade e corsi d’acqua, allagamenti di edifici pubblici e abitazioni private, interruzione del servizio elettrico a causa della caduta delle reti elettriche e del gas con perdite gravi a livello economico anche in settori quali il turismo, nei trasporti e nella lavorazione del legno.
A questi soldi vanno aggiunti anche gli oltre 1,2 miliardi di euro destinati dal Fondi a seguito dei terremoti verificatisi nel centro Italia del 2016-2017.

I pareri dei cittadini europei
Da un sondaggio condotto quest’anno da Eurobarometro, gli europei appaiono disponibili a rafforzare gli obiettivi climatici. Il 93% dei cittadini europei considera i cambiamenti climatici un “problema grave” e il 79% lo ritiene “molto grave”. Il 92% conviene che le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero essere ridotte al minimo, compensando nel contempo le rimanenti emissioni, al fine di rendere l’economia dell’UE neutra dal punto di vista climatico entro il 2050.

Il 92% ritiene inoltre importante che il proprio governo nazionale fissi obiettivi ambiziosi per aumentare la quantità di energie rinnovabili utilizzate e l’89% ritiene che i governi debbano sostenere il miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030.

L’84% ritiene inoltre che occorrano più finanziamenti pubblici per favorire la transizione verso energie pulite, anche se ciò significa ridurre le sovvenzioni ai combustibili fossili.
Insieme con questi dati, l’indagine di Eurobarometro affronta il tema del rilancio dell’economia e dell’occupazione collegato alla lotta ai cambiamenti climatici.

L’81% concorda che promuovere la competenza europea nell’ambito delle tecnologie pulite presso i Paesi fuori dalla UE possa favorire l’economia della UE, mentre il 79% ritiene che intervenire sui cambiamenti climatici renderà le imprese europee più innovative e competitive. Il 72% concorda sul fatto che la riduzione delle importazioni di combustibili fossili dall’esterno dell’UE aumenti la sicurezza energetica e apporti benefici all’UE dal punto di vista economico.

Interessante il dato secondo cui il 93% dei partecipanti all’indagine abbia avviato almeno un’azione specifica per contrastare i cambiamenti climatici, in particolare riducendo e riciclando i rifiuti per il 75% e limitando il più possibile gli articoli “usa e getta” per il 62%. E per finire il 70% degli intervistati ha convenuto che adattarsi agli effetti negativi dei cambiamenti climatici possa avere effetti positivi per i cittadini europei.

MiriamPaola Agili
Informazioni su MiriamPaola Agili 5 Articoli
Giornalista freelance dal 1989, "professionista" dal 2002, addetto stampa e consulente per la comunicazione per diversi clienti privati e con l'associazione ANDI Pavia per 7 anni. Ha fondato AgipaPress che dirige dal 2000; ad oggi ha 4 collaboratori. Ha lavorato 13 anni con il quotidiano pavese come collaboratore esterno, da sola coordinandosi con i capiredattori della città, dell'Oltrepò e della Lomellina, avviando e mantenendo per 8 anni aggiornata l'inchiesta sulla Fibronit di Broni conclusasi con una lunga vertenza legale.

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