Le sorprese della rivoluzione elettrica: quelle cose che non ti aspetti in un mondo sempre più liquido

Negli ultimi anni l’attenzione di aziende del settore energetico, governi, investitori e media si è concentrata, e non a torto, sull’enorme sconvolgimento provocato dall’avvento delle nuove tecnologie che hanno reso lo sfruttamento dello shale gas e dello shale oil fattibile dal punto di vista tecnico e lucrativo da quello economico.

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Queste innovazioni hanno stravolto i mercati energetici e gli assetti geopolitici tradizionali. In particolare, gli Stati Uniti sono diventati non solo autosufficienti in termini energetici, ma anche uno dei principali esportatori di idrocarburi. Non è dunque un’esagerazione definire rivoluzionari i cambiamenti verificatisi nell’industria petrolifera e del gas. Tuttavia, ciò ha finito col distogliere l’attenzione da un’altra rivoluzione che, a sua volta, stava cambiando il mondo: la rivoluzione elettrica.

Un mondo in continua trasformazione

Il modo di generare, trasmettere, conservare, distribuire e prezzare l’elettricità è in piena trasformazione. Nuovi modelli di business, strumenti finanziari e tecnologie, Intelligenza Artificiale (AI), cambiamenti radicali nel comportamento dei consumatori e regolamentazioni più rigide volte a contenere il riscaldamento climatico sono solo alcuni dei fattori che stanno cambiando il volto del settore.

Ma in che modo esattamente? Ecco alcuni esempi che illustrano la profonda riconfigurazione in atto nell’industria elettrica: auto elettriche e sistemi di accumulo su vasta scala, consumatori che possono essere al contempo produttori; parchi eolici e solari grazie ai quali le rinnovabili rappresenteranno il 35 percento del totale della generazione di energia elettrica entro il 2035 e un boom della domanda di elettricità che ne porterà al raddoppio entro il 2050. Quanto a quest’ultimo punto, è tuttavia opportuno notare che si tratta di un boom asimmetrico: la domanda di elettricità è in calo nei mercati sviluppati, mentre è in rapida crescita in quelli emergenti.

Persino i maggiori esperti descrivono questa trasformazione con un senso di meraviglia. “L’industria elettrica è cambiata più negli ultimi dieci anni che nei cento anni precedenti. Le innovazioni tecnologiche hanno introdotto, e continueranno a farlo, significativi cambiamenti di cui beneficiano tutti: cittadini, imprese e società”, afferma Leonardo Moreno, Head of Strategy presso AES Corporation, una delle aziende di energia elettrica più grandi al mondo. Tra la miriade di forze che alimentano questa trasformazione, ne spiccano cinque:

Veicoli elettrici. Il mercato globale dei veicoli elettrici non ha ancora raggiunto dimensioni significative, ma è destinato a crescere in maniera molto rapida, il che porterà all’incremento del consumo di elettricità. L’autonomia dei veicoli è aumentata, attestandosi a 300 miglia (circa 483 chilometri) per carica, mentre i costi delle batterie sono scesi da 1000 dollari a meno di 300 dollari per chilowattora. A gennaio 2019 nel mondo c’erano sette milioni di veicoli elettrici in circolazione. Un numero significativo, che tuttavia impallidisce al confronto di quanto previsto dalla maggior parte degli analisti. Un recente rapporto di Bloomberg, ad esempio, stima che lo stock di auto elettriche raggiungerà i 548 milioni di unità entro il 2040, rappresentando circa il 32 percento dei veicoli passeggeri a livello globale. Sebbene l’industria dei veicoli elettrici abbia ancora ostacoli di non poco conto da sormontare (regolamentazioni, sicurezza, infrastrutture, ecc.), appare lecito supporre che nel lungo termine l’energia rinnovabile immagazzinata nelle batterie soppianterà i combustibili fossili come fonte primaria di energia nel settore dei trasporti.

Una crescita esplosiva dello stoccaggio di elettricità. L’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, IRENA, stima che l’accumulo stazionario crescerà a livello mondiale, passando dagli attuali 2 gigawatt a circa 175 gigawatt entro il 2030, grazie alla riduzione dei costi delle batterie di circa il 60 percento entro tale anno. Questo salto sostanziale permetterebbe all’accumulo di energia con batterie di competere con lo stoccaggio idroelettrico. Tale crescita consente di utilizzare elettricità off-grid 24 ore su 24 nel settore residenziale e commerciale, fornendo accesso a sistemi di alimentazione autonomi a migliaia di consumatori precedentemente isolati.

Un impegno civico e aziendale in aumento per un ambiente energetico low carbon. Secondo la rivista americana Forbes, oltre 100 città in tutto il mondo producono ormai almeno il 70 percento della propria energia da rinnovabili, mentre più di 40 città sono alimentate da energia elettrica al 100 percento rinnovabile. Ma questa spinta verso un’energia più pulita riguarda anche le imprese. Tramite la coalizione “We Mean Business”, quasi 900 aziende internazionali operanti in tutti i settori, con sede in 45 paesi e una capitalizzazione di mercato aggregata pari al 20 percento del prodotto interno lordo (PIL) mondiale, hanno deciso di prendere misure drastiche in materia di clima. “80E100” è invece un’associazione globale che unisce entità commerciali impegnate a raggiungere il 100 percento di energia elettrica da fonti rinnovabili e conta quasi 200 multinazionali che si sono prefissate di centrare tale obiettivo entro il 2050. Un’iniziativa significativa, dal momento che le aziende del settore industriale e commerciale rappresentano quasi il 70 percento dei consumi di elettricità a livello mondiale. Anche gli investitori hanno assunto un ruolo determinante e senza precedenti. Alcuni giganteschi investitori istituzionali come il fondo pensionistico californiano CalPERS o il norvegese Norges (il fondo sovrano più grande al mondo) hanno deciso di ridurre gli investimenti in aziende le cui attività dipendono dalla combustione di combustibili fossili.

Il calo dei costi delle fonti rinnovabili. Negli ultimi 5 anni i costi dell’energia solare ed eolica sono diminuiti dell’80 percento e ora tendono a essere equivalenti a quelli dell’elettricità generata da combustibili fossili, se non addirittura inferiori in alcuni mercati. In Cile, Brasile e in diversi paesi del Medio Oriente, ad esempio, l’energia prodotta da rinnovabili è ora più economica di quella generata da fonti convenzionali e il basso livello dei prezzi non dipende dai sussidi governativi come avveniva solo qualche anno fa. Inoltre, ai costi in calo si affianca il rapido miglioramento della tecnologia di stoccaggio, il che consente di fornire elettricità a prezzi contenuti anche in quelle zone in cui la disponibilità di solare ed eolico è bassa o volatile. Pertanto, si sta delineando una netta tendenza: la progressiva sostituzione dei grandi impianti elettrici centralizzati con impianti modulari situati più vicino ai consumatori. Le micro-reti, ad esempio, sono reti elettriche locali capaci di operare in maniera autonoma o collegate a una più ampia rete tradizionale. In questo modo, garantiscono indipendenza energetica, efficienza e protezione in caso di emergenza.

Elettricità digitale. Le tecnologie digitali (analisi predittiva, digital twins, smart grid, intelligenza artificiale, ecc.), stanno trasformando tutti gli aspetti della generazione, trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica. L’applicazione delle capacità di apprendimento automatico dell’Intelligenza Artificiale (AI) ad altre tecnologie digitali sta portando a miglioramenti operativi senza precedenti, mentre quella della tecnologia Blockchain a dispositivi e sensori connessi dovrebbe a sua volta stravolgere i sistemi di energia elettrica.

A trainare la transizione in atto sono le cosiddette “tre D”: decarbonizzazione, la riduzione del carbonio nella generazione dell’elettricità per via dell’aumento del ricorso alle rinnovabili; decentralizzazione, per mezzo della diminuzione del numero di grandi impianti elettrici centralizzati; digitalizzazione, resa possibile dalla crescita esponenziale delle tecnologie digitali.

I dati dell’IRENA mostrano i principali progressi in termini di decarbonizzazione dovuti alla rivoluzione elettrica. Entro il 2050 l’elettricità diventerà il principale vettore energetico, passando dall’attuale 20 percento dei consumi finali al 50 percento. L’85 percento di questa domanda verrebbe soddisfatto da fonti più pulite e rinnovabili. Un tale sviluppo consentirebbe una riduzione delle emissioni di diossido di carbonio pari a circa il 60 percento di quanto necessario per centrare gli obiettivi climatici fissati dall’Accordo di Parigi. Per decentralizzazione s’intende la generazione di elettricità più vicino al consumatore (e non più in grandi impianti centralizzati remoti) grazie a turbine eoliche e pannelli solari.

Di conseguenza, i minori costi di trasmissione e distribuzione riducono il costo dell’energia. Inoltre, grazie agli accumulatori in grado di appianare gli alti e bassi della domanda e di ridurre le perdite di trasmissione, la penetrazione delle rinnovabili, intermittenti per natura, è destinata ad aumentare in modo ancora più significativo. Al contempo, il maggiore ricorso alle tecnologie digitali – come smart meter, nuovi sensori IoT, reti di sistemi a controllo remoto e piattaforme digitali – consente di fornire dati più accurati in maniera più rapida sia per i clienti sia per la gestione della rete e le operazioni.

La lotta per il pianeta

Il boom delle innovazioni tecnologiche nel settore elettrico è diventato un importante alleato nella lotta ai cambiamenti climatici. Tuttavia, questi sforzi non sono supportati dal sostanziale impegno politico necessario per accelerare l’indispensabile transizione. In alcuni paesi di primo piano le politiche energetiche continuano a rallentare i tentativi di tutela dell’ambiente. La Cina, ad esempio, continua a dipendere eccessivamente dalla generazione di energia elettrica da carbone e a esportare questa tecnologia altamente inquinante, mentre negli Stati Uniti le agende poco lungimiranti e dominate dagli interessi politici stanno avendo un impatto negativo sulle politiche ambientali.

L’Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC, ha definito nel suo Fifth Assessment Report (AR5) un “budget di carbonio”, ovvero la quantità di carbonio che può essere emessa a livello mondiale prima di superare il tetto dei 2 gradi concordato a Parigi. Secondo il rapporto, a meno che non vengano prese misure radicali per ridurre al minimo il tasso attuale di emissioni, questo bilancio verrà esaurito entro il 2045. È evidente che il settore elettrico è stato e continua a essere un importante fattore alla base della pericolosa traiettoria climatica percorsa dall’umanità.

Occorrono cambiamenti più audaci, rapidi e numerosi e lo stesso comparto elettrico ha bisogno di riforme più profonde. Resta da vedere se i cambiamenti positivi qui illustrati prevarranno sugli ancora enormi ostacoli politici che rallentano i progressi. Quel che è certo è che la rivoluzione elettrica in atto è emersa, dapprima silenziosamente, poi in maniera dirompente, come la grande speranza “green” in questa lotta cruciale per un ambiente più pulito. Agire è imperativo, ne va della nostra sopravvivenza.

Nicolo Sartori
Informazioni su Nicolo Sartori 58 Articoli
Nicolò Sartori è senior fellow e responsabile del Programma Energia dello IAI (Istituto Affari Internazionali), dove coordina progetti sui temi della sicurezza energetica, con particolare attenzione sulla dimensione esterna della politica energetica italiana ed europea.. La sua attività si concentra in particolare sull’evoluzione delle tecnologie nel settore energetico. Ha lavorato inoltre come Consulente di Facoltà al NATO Defense College di Roma, dove ha svolto ricerche sul ruolo dell’Alleanza Atlantica nelle questioni di sicurezza energetica.

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